Matteo Armellini è morto anche perché lo «show business impone ritmi frenetici e condizioni di lavoro aberranti». Gli amici del giovane rigger schiacciato il 5 marzo scorso nel crollo del palco di Laura Pausini, due settimane dopo quell'incidente hanno preso carta e penna per scrivere alla cantante. «Lei afferma che non può fare niente per cambiare le cose; noi al contrario riteniamo che tutte le star dello spettacolo abbiano il dovere di far cambiare qualcosa». Non solo, hanno anche invitato la regina del pop italiano ad «astenersi dal dedicare a Matteo i suoi concerti e lasciare il dolore a una dimensione privata».
Nel giro di tre mesi due incidenti mortali, il primo a Trieste dove Francesco Pinna facchino di 20 anni ha perso la vita nel crollo del palco di Jovanotti, hanno scosso profondamente il mondo dei lavoratori dei concerti live. Così tecnici audio, luci, video, rigger, facchini ed elettricisti, hanno deciso di creare un'associazione di categoria e portare alla luce un mondo dove non esistono né regole, né un contratto nazionale di riferimento né, tantomeno, leggi ad hoc per la sicurezza. Una giungla nella quale si mescolano, cooperative, partite Iva e prestazioni occasionali e dove non è difficile incontrare casi di elusione contrattuale, sia nel mega concerto della star internazionale sia nella festa di paese. Senza dimenticare poi i congressi, i set televisivi, le fiere e i concorsi.
A poche settimane dal Concertone del primo maggio di piazza San Giovanni a Roma, il più grande evento musicale gratuito italiano, i professionisti del live hanno deciso di far sentire la loro voce. Chiedono di rimanere nell'anonimato per evitare possibili ripercussioni. «Il Primo Maggio ad esempio non è un evento dei sindacati, è un prodotto depositato di proprietà di una società: Cgil, Cisl e Uil sono solo dei committenti. Negli anni passati è accaduto anche lì che qualche collega non sia stato pagato correttamente» raccontano mentre manifestano fuori dal Pala Lottomatica.
Ma se esistono zone grigie nelle retribuzioni anche quando il committente sono i sindacati confederali, cosa succede per tutti gli altri show? «Nei piccoli spettacoli non ci sono regole o tariffari minimi, ogni maestranza concorda il proprio compenso con l'organizzazione. Ecco perché il sistema del live sta collassando: a mancare sono soprattutto le norme che regolano le nostre figure professionali» racconta un fonico. In materia di sicurezza ad esempio le maestranze dei live sono equiparate ai lavoratori edili, con situazioni al limite del grottesco: «I fonici, per legge, dovrebbero adoperare i tappi alle orecchie, come fanno gli operai che utilizzano il martello pneumatico, ma come possiamo fare mettere a punto l'acustica di un concerto senza sentire la musica?».
In assenza di un quadro normativo di riferimento vige la regola del massimo profitto al minimo costo. Ecco allora che diventano "normali" i turni massacranti di 15 ore e gli spostamenti «da Lecce a Venezia in meno di 48 ore per allestire due tappe consecutive della stessa tournée» di cui parla un tecnico delle luci. Viaggi che spesso impediscono di vedere un letto anche per tre giorni di fila. Colpa dei ritmi serrati: scarico del materiale alle 8 della mattina, allestimento del palco, prove, concerto; finito lo show si smonta tutto e a notte fonda si riparte per la tappa successiva del tour. Tempi veloci, da professionisti, non a caso, spiegano: «La gran parte degli incidenti coinvolge i facchini, troppo spesso manodopera non qualificata, come purtroppo è avvenuto a Trieste».
Capitolo a parte è quello delle location che ospitano i concerti. «In Italia le strutture al chiuso all'altezza di ospitare un live di media grandezza non arrivano a dieci» racconta un rigger con 15 anni di esperienza alle spalle. Uno dei suoi "incubi" è il vecchio Teatro Augusteo di Napoli, dove l'unica via di accesso al retro palco è una scalinata di 30 metri, non certo il passaggio più comodo per trasportare quintali di attrezzature. Non va meglio nelle strutture più recenti, come il Pala Isoazaki di Torino o l'Auditorium Parco della Musica di Roma. «Il primo è stato progettato per lo sport, il secondo per i concerti di classica o per il cinema, non per i live di musica leggera» rincara la dose. Succede così che entrambe le strutture risultino fuori misura per i "bilici", i tir che trasportano le attrezzature, troppo grandi per entrare nei garage che conducono ai palchi.
In assenza di spazi progettati per la musica poi, troppo spesso, l'evento live trova rifugio nei palasport. «Sia a Trieste che a Reggio Calabria le ditte che avevano realizzato i palchi sono di livello europeo, mentre le strutture sono concepite per ospitare tutt'altro tipo di eventi» puntualizzano i tecnici. E sottolineano: «Spesso a rilasciare le autorizzazioni sono commissioni di controllo che non conoscono a fondo il nostro mestiere». Proprio per questo la presenza fissa di un rappresentante di categoria all'interno delle commissioni, oggi formate da periti di Asl, ispettorato del lavoro, architetti ed ingegneri, è una delle priorità richieste dalla nascente associazione.
Un organismo di rappresentanza servirebbe anche a colmare un gap con gli altri paesi europei. In Inghilterra dal 2007 esiste la Nrc, una trade union che raccoglie i tecnici del live, mentre in diversi paesi del Nord Europa da anni è in vigore un protocollo sulla sicurezza. Spagna e Portogallo invece in questi mesi stanno mettendo mano ad una legislazione su misura per la professione.
Il 30 marzo scorso a Venezia, con la nascita di un coordinamento nazionale che riunisce lavoratori autonomi, cooperative e sindacati, ma non Assomusica, è partita la prima tappa del percorso che dovrebbe portare al riconoscimento legale dei "professionisti del live". L'obbiettivo è riuscire a presentare, entro fine maggio, un pacchetto di proposte al ministero del Lavoro, basato su tre punti fondamentali: l'aggiornamento dei mansionari dello spettacolo, la regolamentazione del mercato del lavoro attraverso un tariffario e la definizione di precise linee guida sulla sicurezza. Perché, concludono: «Il nostro obiettivo resta quello di realizzare un concerto, che per noi è un lavoro bellissimo, dietro a ogni palco c'è tanta passione».