In campagna elettorale non se n'è parlato, ma c'è una nuova imposta (sui rifiuti  e sulla illuminazione pubblica) che va aggiungersi a quelle attuali. Partirà a luglio e sarà un'altra mazzata, specie per chi vive al Sud o a Roma

La spazzatura drena sempre più soldi alle famiglie italiane. Anche nel 2012 il costo dei rifiuti è aumentato: quasi il 3% in più rispetto al 2012; nell'ultimo quinquennio il rincaro è stato del 17% su base nazionale. E secondo i dati appena resi noti da Cittadinanzattiva la tendenza non accenna a cambiare. I napoletani continuano a essere primi – incontrastati – nella classifica dei più vessati d'Italia con 529 euro l'anno. Non cambiano neanche le altre posizioni della top 5: seguono salernitani e siracusani con 421 e 407, poi catanesi e casertani 396 e 393 euro. Carissima anche Roma con 378 euro: è sesta nella classifica nazionale. I costi sono calcolati sulla base di una famiglia di tre persone con un reddito lordo complessivo di 44.200 euro e una casa di 100 metri quadri. Gli aumenti registrati da Cittadinanzattiva comprendono già l'addizionale provinciale – nel caso della Tia – e anche quella erariale nel caso della vecchia Tarsu.

E siamo solo all'inizio: nell'ultima campagna elettorale si è parlato quasi solo di Imu, ma un'altra tassa sta per piovere sulla testa degli italiani, nessuno escluso. È la Tares, il balzello che servirà a coprire l'intero costo della gestione dei rifiuti (sembra ovvio, ma oggi con la Tia e la Tarsu i Comuni coprono solo in parte le spese legate alla spazzatura) ma anche i cosiddetti 'servizi indivisibili': ad esempio illuminazione pubblica e sicurezza. Secondo le prime stime la nuova Tares si presenterà con un biglietto da visita difficile da dimenticare: un aumento di circa il 20% a prescindere da chi è ancora a regime Tarsu e chi a regime Tia. Il contentino? Il Governo ha fatto slittare il pagamento della prima rata da aprile a luglio 2013.

Il sud stangato. Un servizio inefficiente produce bollette più care. Dai dati dell'osservatorio prezzi e tariffe di Cittadinanzattiva emerge anche questo. Al Meridione le percentuali di raccolta differenziata (dati Ispra) sono al palo. Il cucchiaio di legno va alla Sicilia con il 9% ma anche in Calabria, Basilicata, Molise e Puglia c'è poco da scherzare: non si arriva nemmeno al 15%. Malissimo anche il Lazio che evita di portare in discarica solo il 16,5% dei rifiuti prodotti. A fronte di questo, delle dieci città con la tariffa rifiuti più alta otto sono al Sud. Uniche intruse: Venezia e Carrara con 346 euro l'anno. Aumenti da vertigine a Bari: se nel 2011 si pagavano 242 euro, nel 2012 si è arrivati a 314 euro.

Isernia e Matera mantengono - nella stortura – una certa coerenza: nei due capoluoghi di provincia i dati sulla raccolta differenziata sono disastrosi, ma almeno i cittadini pagano le tariffe più basse d'Italia: rispettivamente 122 e 135 euro l'anno.

L'eco-tassa. Il nostro paese continua a sversare in discarica la metà dei rifiuti che produce soprattutto perché conviene. Con la logica del “buco da riempire” le amministrazioni sono riuscite a mantenere i costi bassi per decenni senza preoccuparsi troppo delle direttive europee. Proprio per spezzare questo circolo virtuoso nel 1995 l'Italia ha istituito l'eco-tassa. Una gabella riscossa dalle Regioni e pagata solo da quei comuni che fanno ricorso alla discarica. “Ma è una legge vecchia che andrebbe modificata” spiega il vicepresidente di Legambiente Stefano Ciafani. “Il tetto massimo dell'eco-tassa è stato fissato a 25 euro a tonnellata. Se una regione coraggiosa decidesse di cambiare strada e imporre una maxi tassa per i comuni meno virtuosi, perché lo Stato dovrebbe impedirglielo?”.

In Parlamento giace una legge che avrebbe dovuto eliminare proprio il tetto dei 25 euro a tonnellata consentendo di investire il 50% dei proventi su differenziata e riciclaggio dei rifiuti. “Il testo è stato approvato al Senato e si è arenato alla Camera” spiega Ciafani. E le prospettive non sembrano rosee. Il senatore Pd Francesco Ferrante, il principale sponsor di questa legge, è uno dei silurati eccellenti delle politiche 2013: il segretario Pierluigi Bersani l'ha lasciato a casa escludendolo dalle liste.

Multa in arrivo. La malagestione dei rifiuti potrebbe costare molto cara allo Stato. Si è quasi concluso l'iter della procedura d'infrazione contro l'Italia per 255 discariche fuorilegge sparse su tutto il territorio. Siti nei quali si sversa il rifiuto tal quale (senza alcun trattamento per diminuirne la pericolosità) o non in regola con la gestione del biogas e del percolato. La Commissione ha chiesto una multa da 56 milioni di euro più 250.000 euro per ogni giorno successivo alla seconda sentenza della Corte. Cioè 46 milioni di euro ogni sei mesi. “Siamo alle battute finali” spiega Ciafani di Legambiente, “o l'Italia presenta un crono-programma credibile per uscire in pochi mesi dall'illegalità, o dovremo prepararci ad aprire il portafogli”.

Il ministro uscente Corrado Clini lo sa bene, per questo a fine dicembre 2012 si è affrettato a spiegare al commissario Ue all'Ambiente Janez Potocnik che “l’Italia è impegnata a promuovere il recupero di materia e di energia dai rifiuti, attraverso l’estensione a tutte le regioni dei programmi per la raccolta differenziata e la riduzione progressiva delle discariche”. Quella sulle discariche illegali non è l'unica procedura di infrazione contro l'Italia in materia di rifiuti. Il prossimo ministro dell'Ambiente troverà sul tavolo altri due dossier roventi: la sanzione in arrivo da 180 milioni l'anno per la gestione dell'immondizia campana e il “parere motivato” (il secondo step nelle procedure di infrazione) approvato dalla Commissione europea su Malagrotta. Bruxelles, infatti, sospetta che nella mega-discarica romana i rifiuti non vengano “resi innocui” prima del conferimento.