L'edificazione illegale in Campania continua senza sosta. Mentre i tribunali riescono a demolirne solo percentuali irrisorie. E ogni volta che si parla di condoni, è un boom di nuovi cantieri non autorizzati

«Qualche breve considerazione, infine, sullo spinoso problema delle demolizioni dei manufatti abusivi. Prosegue senza sosta l'attività della sezione specializzata di questa Procura generale. Ancora si devono registrare ostruzionismi ed inerzie da parte dell'autorità amministrativa, E' sconcertante dover constatare complicità e connivenze da parte di enti ed istituzioni, a fronte del dilagare del fenomeno dell'abusivismo edilizio, vero e proprio crocevia di condotte ancora più gravi ed allarmanti. Per limitare il fenomeno criminoso non si può e non si deve blandire la gente con il miraggio di un condono».

E' il 26 gennaio 2013: cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario presso la Corte d'appello di Napoli. Il procuratore generale Vittorio Martusciello punta l'indice contro l'abusivismo edilizio, stigmatizzando senza giri di parole «le complicità e le connivenze da parte di enti ed istituzioni». I toni sono durissimi. L'ipotesi di un nuovo condono è definita tout court un "miraggio", una pericolosa blandizie.

Poche settimane dopo, il 27 marzo, uno dei più potenti esponenti del Pdl, il presidente della commissione Giustizia del Senato, Nitto Palma, presenta come primo firmatario un disegno di legge per la riapertura dei termini della sanatoria del 2003, a beneficio dei cittadini della Campania, che all'epoca ne erano rimasti esclusi a causa di una norma approvata dalla Regione, e poi cassata dalla Corte costituzionale.

Il ddl depositato da Palma consta di un solo articolo e tre commi. Prevede che il condono possa applicarsi anche ai fabbricati non residenziali. Concede il via libera persino alle richieste di sanatoria inerenti opere realizzate su aree sottoposte a vincolo ambientale o storico-artistico-architettonico, previo nulla osta delle autorità competenti. E contempla la riapertura dei termini anche per le istanze per le quali sia stato già adottato un provvedimento di diniego, o per i richiedenti che abbiano omesso o ritardato il pagamento dell'oblazione.

Nel distretto di competenza della Corte d'appello di Napoli (che non comprende Salerno) sono 15.592 i procedimenti penali arrivati a conclusione con una sentenza definitiva di abbattimento. Ma gli esperti dicono che in Campania sono più di 60 mila le abitazioni abusive su cui incombe un provvedimento di demolizione.

Per farsi un'idea della reale dimensione del fenomeno, quel numero occorre moltiplicarlo per cinque, se si considera il contenzioso ancora in corso nei primi due gradi di giudizio. E addirittura per 10 o per 20, se si prendono in esame anche le istanze di sanatoria presentate sulla scorta delle precedenti leggi sul condono (1985 e 1994), gran parte delle quali restano tutt'oggi ancora da definire in numerosissimi Comuni.

Ad esempio, nella sola San Cipriano d'Aversa, nel Casertano, il paese natale di boss come Bardellino e Iovine, le case da abbattere sarebbero ben 1.423. «Più che nell'intera Francia», sottolinea il procuratore capo di Santa Maria Capua Vetere, Corrado Lembo, nel corso di una riunione di coordinamento delle procure campane.

E il confine tra speculazione e "abusivismo di necessità" risulta quanto mai labile. Paradigmatico il caso di Orta di Atella (Caserta): una maxi-lottizzazione abusiva di 1.444 unità immobiliari, per un valore di settantacinque milioni di euro, che la procura di Santa Maria Capua Vetere ha sequestrato proprio pochi giorni fa.

In pratica, una vera e propria città fantasma in cui mancano i servizi primari e le aree verdi imposte dagli standard urbanistici, che è nata grazie a concessioni edilizie illegittime, in un'area che il piano regolatore destinava alle attività produttive. Le case sorgono a ridosso dei tralicci dell'alta tensione. Ad acquistarle, sono state per lo più da giovani coppie provenienti dal napoletano, attirate dal basso prezzo (circa 1000 euro a metro quadro). «Terzi in buona fede», li ha definiti in conferenza stampa il procuratore aggiunto Luigi Gay, che si ritrovano con le abitazioni sotto sequestro. «Ci spiace per loro ma non potevamo rimanere fermi di fronte a illeciti tanto gravi».

Secondo il presidente regionale di Legambiente, Michele Buonomo, il solo annuncio del possibile condono è destinato a dare la stura a una nuova ondata di abusi edilizi, in una regione in cui «il fenomeno produce più di 25 mila manufatti abusivi all'anno».

Numeri da brivido. Che si aggiungono a quelli 'storicizzati'. In Campania gli abusivi sono un vero e proprio esercito. E rappresentano il vero segreto – per la verità, nemmeno tanto oscuro - dei successi elettorali del Pdl, che da tre anni si è intestato ufficialmente la battaglia sulla sanatoria.

«Dal gennaio 2010», osserva Buonomo, «questo è il diciottesimo tentativo di riaprire i termini del condono edilizio del 2003, targato Pdl. Condono edilizio significa apertura di cave, movimentazione terra, fornitura di materiale da costruzione, lavorazione e trasporto di inerti, produzione di calcestruzzo. E poi speculazioni, lottizzazioni immobiliari abusive, appalti truccati, subappalti compiacenti. In Campania in questo ventennio si è costruito troppo, male e illegalmente. Le case illegali si fanno con la sabbia cavata illegalmente, con materiali scadenti, col cemento depotenziato, con il calcestruzzo prodotto negli impianti gestiti spesso dalla criminalità organizzata, i cantieri delle case illegali sono cantieri dove lavorano in nero le persone. Dietro un condono, dietro il ciclo del cemento, si nasconde un ciclo integrato di economia criminale che ha determinato e continua a determinare il saccheggio del territorio. Sulla materia cercasi posizione del Pd, da quello nazionale a quello campano».

E' appunto il "ciclo illecito del cemento", da tempo sotto la lente di magistrati di frontiera come Donato Ceglie, già pm di punta per i reati ambientali della procura di Santa Maria Capua Vetere, oggi in forza alla procura generale. Va dalle cave, ai materiali, al trasporto, ai movimenti terra, alle imprese che realizzano i manufatti. Quasi sempre alle spalle ci sono i clan. E nei cantieri prolifera il lavoro nero.

A tr emesi dalla sua denuncia pubblica, il procuratore generale Martusciello non vuole commentare direttamente i tentativi di Nitto Palma: «Noi ci limitiamo ad applicare le leggi varate dal parlamento». Ma poi aggiunge: «Di sicuro, in una materia così delicata le incertezze rischiano di provocare danni notevoli: per cui, quanto meno sarebbe opportuno fare chiarezza al più presto, in un senso o nell'altro. Nel frattempo, ovviamente noi continueremo a profondere il massimo impegno per contrastare il fenomeno. E l'auspicio è che il governo ci fornisca maggiori mezzi e risorse».

Martusciello è in carica da due anni. E sin dal primo giorno ha dato impulso all'azione di contrasto all'abusivismo edilizio, rafforzando il pool dei sostituti impegnati nella sezione dei reati ambientali, e incrementando l'attività di coordinamento, per porre fine all'inerzia di singole procure nel campo delle demolizioni.

Sotto la sua guida, nelle varie realtà territoriali, sono ripartiti gli abbattimenti che erano rimasti nel dimenticatoio per anni. E si è proceduto con fermezza anche quando sono insorti seri problemi di ordine pubblico: il caso più clamoroso è quello di Ischia (più di 700 ordinanze di demolizione incombenti, con 12.017 istanze per il condono del 1985, 8237 per quello del 1994, e altre 3200 per 2003) dove per fermare le ruspe i manifestanti fecero addirittura esplodere alcune bombe.

«Riusciamo a demolirne non più di una trentina al mese», racconta Martusciello, «un po' perché le risorse sono limitate, un po' perché il percorso tecnico-giuridico per arrivare al concreto abbattimento è particolarmente complesso ed impervio».

Poche, forse, rispetto ai numeri da capogiro di cui sopra. Ma comunque un dato importante, se si considera che mentre i magistrati combattono la loro impopolare guerra di trincea, enti ed istituzioni continuano ad assicurare all'esercito degli abusivi "complicità e connivenze".

Le amministrazioni locali, senza distinzione di colore, fanno ostruzionismo quando c'è da contrarre un mutuo con la Cassa depositi e prestiti, per anticipare i soldi per gli abbattimenti. O, in molti casi, acquisiscono al patrimonio il manufatto abusivo con il falso scopo di destinarlo ad edilizia residenziale, dichiarando un prevalente interesse pubblico, salvo poi lasciarlo invece nelle mani del proprietario-costruttore abusivo.

A livello locale, centrodestra e centrosinistra sono ormai uniti nella lotta contro le ruspe. Emblematica in tal senso l'alleanza elettorale tra Pd e Pdl alle amministrative dello scorso anno, ad Ischia, sotto il vessillo della difesa degli "abusi di necessità". Ma anche il documento sottoscritto solo un paio di giorni fa da una trentina di sindaci della provincia di Napoli, espressione di tutti gli schieramenti, riuniti a Torre del Greco dal primo cittadino di centrosinistra Gennaro Malinconico, per chiedere al governo Letta «un decreto legge che blocchi la demolizione delle case abusive disposta dal giudice dell'esecuzione, come conseguenza di una sentenza penale passata in giudicato».

E a Roma, lo si diceva all'inizio, c'è chi ritiene che la maxi-sanatoria resti l'unica soluzione possibile: come a dire che, essendo il reato connesso al fenomeno dell'abusivismo edilizio sin troppo diffuso, è inutile sforzarsi di contrastarlo.