Ambientalisti e medici di base presentano un esposto in procura per denunciare l'aumento anomalo di neoplasie legate all'inquinamento nella zona industriale a valle di Avellino. L'ipotesi di reato. disastro ambientale. I dati di Arpac e Cnr sui veleni di suolo, acqua ed aria. I sanitari: "Tumori e malattie respiratorie in costante aumento". I cittadini: «Siamo in una camera a gas, abbandonati dalle istituzioni»

L'hanno ribattezzata la "valle dei tumori". Da mesi i medici di base sono in rivolta per l'aumento continuo di neoplasie e malattie dell'apparato respiratorio. Che nessuno è ancora riuscito a certificare con un accurato studio epidemiologico.  

Così i cittadini della media Valle del Sabato, che coincide con il nucleo industriale a valle di Avellino, hanno deciso di fare da soli. In una settimana hanno raccolto 3061 firme che sono state allegate a un esposto-denuncia presentato al Procuratore della Repubblica di Avellino Rosario Cantelmo. «I dati scientifici mettono in relazione le emissioni di sostanze inquinanti con il boom di patologie neoplastiche», sostengono i cittadini. Sarà compito della magistratura accertare il collegamento e valutare se ci siano le condizioni per parlare di "disastro ambientale" ed "ecosistema compromesso" in questo angolo d'Irpinia, tutt'altro che felix.  

[[ge:rep-locali:espresso:285117080]]I livelli di ozono, benzo(a)pirene, polveri sottili, toluene nell'aria, ammoniaca, ferro e  manganese nell'acqua, piombo, rame e pcb nel suolo hanno registrato valori sballati in studi condotti da Arpac e Cnr. «Non ci facciamo mancare proprio nulla, eppure non si muove foglia a tutela della salute della gente», commenta amareggiato Franco Mazza, ex consigliere della Provincia di Avellino e attivista di Ambiente e salute, l'associazione che si è occupata di raccogliere le tremila firme e predisporre la denuncia in Procura. Da anni gli ambientalisti si battono (invano) per ottenere il monitoraggio stabile di aria, suolo e falde acquifere, e la bonifica di un territorio meno conosciuto della "Terra dei fuochi" ma probabilmente altrettanto letale.

Questa conca solcata dal torbido fiume Sabato e dalla trafficata autostrada A16, dove sono raccolti una decina di centri abitati e 30mila persone, è sovrastata da una nebbiolina che ristagna perennemente. La conformazione geografica della zona già di per sé non agevola il ricambio dell'aria, ma gli alti livelli di smog riconducibili a emissioni industriali e traffico la trasformano in una sorta di "camera a gas". Ci sono un centinaio di aziende che eruttano fumi di ogni tipo e un impianto per lo smaltimento dei rifiuti che emana un tanfo insopportabile per tutta la giornata. Ma questa è anche la terra in cui amianto e diossina hanno stabilito dei tristi record con l'Isochimica di Pianodardine, stabilimento dove sono stati smaltiti illecitamente 20mila chili di amianto scoibentato dai treni, e l'Irm di Manocalzati, sito di stoccaggio di rifiuti, noto per il rogo doloso che nel 2005 ha mandato in fumo 8000 tonnellate di immondizia.
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La vicenda dell'Irm è riuscita in parte a scoperchiare la presenza di veleni nella Valle del Sabato. Da allora si sono avviati gli studi scientifici che hanno accertato le tossicità di aria, suolo e acqua. I risultati della prima indagine dell'Arpac datata 2005, e commissionata dalla Provincia di Avellino in seguito al rogo, sono stati allarmanti. Nei suoli dei 12 punti campionati nella Valle del Sabato sono stati riscontrati valori di pcb (policlorobifenili, composti organici che hanno una tossicità simile a quella della diossina), fino a 0,0048 mg/kg, quasi cinque volte oltre i limiti consentiti. Oltre le soglie imposte dal decreto legislativo 471/1999 anche rame, piombo stagno, berillio, vanadio, tallio. Sul fronte delle acque superficiali, nel fiume Sabato si è registrata la presenza di valori oltre norma di ammoniaca, fosforo e tensioattivi anionici; nei pozzi sotterranei, le analisi chimiche hanno evidenziato concentrazioni anomale di cloruri, ione ammonio, manganese, ferro e idrocarburi.

Il monitoraggio dell'aria con sei postazioni nei comuni di Atripalda, Manocalzati, Pianodardine di Avellino, Arcella di Montefredane, Pratola Serra, Prata di Principato Ultra ha registrato esiti inquietanti. C'è stato il superamento dei valori normati "a protezione della salute umana" di monossido di carbonio, ozono, polveri sottili (PM 10), valori oltre norma di toluene, ossidi di azoto, e sopratutto una quantità di benzo(a)pirene, pericoloso cancerogeno, fino a 4,8 nanogrammi per metro cubo, tre volte in più di quello che si respira nell'aria di Taranto infettata dall'Ilva, e quasi cinque volte oltre il valore normato di 1 nanongrammo per metro cubo. Le conclusioni dell'Arpac parlavano di «inquinamento diffuso» e sollecitavano ulteriori approfondimenti sull'area interessata al monitoraggio.

Su pressione di Provincia e dei comuni, l'Agenzia Regionale per l'Ambiente ripeteva il Piano di monitoraggio nel 2007 con risultati ancora peggiori dei precedenti. Nei suoli sforata la soglia di contaminazione per berillio e stagno in tutti i punti campionati, mentre la concentrazione media di pcb è risultata fino a sei volte maggiore del valore 2005 (con picchi di 0,23 mg/kg). Valori che derivavano sia dalle «emissioni in atmosfera dalle attività industriali», sia dalle sostanze immesse per «uso agricolo dei suoli». Nelle acque sotterranee (pozzi) la concentrazione di ferro aumentava da 3 a 10 volte rispetto al precedente monitoraggio; nel fiume Sabato stabili le presenze di ammoniaca, fosforo e nitrati.

Nell'aria di tre siti analizzati, le polveri sottili (PM 10) hanno raggiunto picchi di 84 microgrammi per metro cubo nell'arco della giornata (valore massimo consentito dalla legge 50 microgr/m3) e concentrazioni medie durante il periodo di monitoraggio pari a 49 microgr/m3 (limite a protezione della salute umana 40 microgr/m3). Ad Arcella di Montefredane, nel cuore del nucleo industriale, i valori di PM 10 sono risultati sballati in 7 giorni su 12 (basti pensare che in tutto l'anno si possono superare solo 35 volte).

Dopo i rilievi Arpac, un nuovo studio sul "Trasporto e Diffusione degli inquinanti emessi dal nucleo industriale di Pianodardine", frutto di una convenzione tra il Cnr di Lecce, l'associazione "Ambiente e Salute" e la Provincia di Avellino, sottolineava ulteriori criticità. A cominciare dalla «difficoltà di riciclo dell'aria sopratutto nelle prime ore della mattina» a causa delle caratteristiche orografiche del sito; la necessità di rivedere i parametri delle emissioni autorizzate per i singoli impianti industriali; l'urgenza di monitorare con continuità in particolare ossidi di azoto, PM 10, PM 2,5, ozono, e gli Ipa con particolare attenzione al benzo(a)pirene.

E' in questo contesto che si è avviata una indagine epidemiologica sulla media Valle del Sabato a cura di Provincia di Avellino, Asl di Avellino (Asl Av2), Seconda Università di Napoli i cui risultati della sola relazione semestrale del 20 giugno 2007, redatta dalla professoressa Erminia Agozzino evidenziavano per la Asl Av2 (comprendente i paesi del Sabato) una mortalità superiore a quella Campana per tumori delle ossa e del connettivo (cioè un numero di morti, per tali patologie, superiore a quanto ci si attenderebbe rispetto alla media regionale). L'Irpinia risultava essere al primo posto tra le province campane come causa di morte per leucemie e seconda solo a Caserta per mortalità da tumori maligni delle labbra, cavo orale, faringe e stomaco. I dati evidenziavano, inoltre, un’incidenza significativa di leucemie nel comune di Pratola Serra per i maschi e del tumore del colon a Montefredane per le donne.

Il report sottolineava anche la necessità di avviare un'indagine mirata per stabilire un nesso, relativamente all'area geografica della Valle del Sabato, tra inquinamento e insorgenze delle neoplasie, in particolare tumori dell'esofago, leucemie e linfomi. Pertanto l'Asl iniziava uno "studio caso-controllo" per indagare queste tipologia di malattie, ma in un comunicato del 27 giugno l'Asl frenava i toni allarmistici della relazione semestrale. «I dati emersi non sono scientificamente validati, lo studio è ancora in corso e sarà presentato non prima dell'inizio del 2008. Nessun dirigente e operatore dell'Asl Av2 è autorizzato a rilasciare informazioni sull'andamento dell'incidenza tumorale», tagliava corto l'azienda sanitaria che, dopo sei anni, non ha ancora terminato lo studio epidemiologico.

L'ultimo tentativo di scuotere il quadro drammatico dei paesi del Sabato è stato il Protocollo di Intesa stipulato nel 2010 tra l'associazione "Ambiente e Salute", i sindaci dei comuni, la Provincia di Avellino, il consorzio Asi che gestisce i servizi nell'area industriali e la società Irpiniaambiente che si occupa del sito di trito-vagliatura dei rifiuti.

L'obiettivo era sempre quello di monitorare il territorio in collaborazione con università e Cnr, e avviare il risanamento del territorio. Tutti buoni propositi che fino ad ora sono rimasti sulla carta. Disatteso anche il Protocollo, gli ambientalisti hanno giocato l'ultima carta: quella giudiziaria, rivolgendosi al Procuratore di Avellino. «E' l'ultima speranza per fare chiarezza sul reale stato di inquinamento, i possibili risvolti negativi sulla salute umana e individuare i presunti colpevoli», dice Salvatore Picariello, presidente di "Ambiente e salute".  

Di pari passo, un'altra mobilitazione la stanno conducendo i grillini della Valle del Sabato che hanno lanciato l'hashtag #stopbiocidio e una raccolta firme destinata al Prefetto di Avellino. Il Movimento Cinque Stelle chiede l'istituzioni di un registro dei tumori, il monitoraggio delle polveri sottili attraverso centraline fisse, la bonifica immediata dell'area del Sabato. Un'altra battaglia per provare a tutelare i 30mila cittadini di una valle che si sente sempre più sola e abbandonata dalle istituzioni.