Colloquio con Caterina Biscari

Padre italiano, madre spagnola, Caterina Biscari ha sempre vissuto a cavallo tra due paesi. E tra due ruoli, riuscendo a conciliare la vita professionale con quella della famiglia. «Rinunciando a qualcosa, è ovvio: al tempo libero, ai momenti per me. Ma ne valeva la pena», dice. E questo dovrebbero capire le ragazze che si apprestano a scegliere la loro strada: che fare scienza vale la pena, anche se ci vuole coraggio, determinazione. E una guida, un modello, un esempio da seguire. È questo uno degli ingredienti della ricetta che consente di riempire i laboratori di ricerca con le intelligenze femminili: potersi confrontare con figure di successo. Donne di scienza che segnano la via, mostrando un concetto semplice: se ce l'ho fatta io, ce la puoi fare anche tu.

È quello che gli americani chiamano il "role model". «L'esempio è essenziale», continua Biscari: «Vedere una donna ai vertici della carriera e potersi riconoscere è importantissimo. Oggi tocca a me dare l'esempio alle giovani che lavorano nel mio laboratorio. Ma il processo è lungo, e va affrontato da subito, sin dalla scuola primaria. Bisogna far capire alle bambine che ci sono tante donne capaci, di successo, e che si può diventare come loro. Smontando gli stereotipi televisivi, promuovendo un cambiamento profondo nella mentalità di un intero paese».

Ma non basta. «Servono anche delle azioni positive mirate, specifiche per il mondo della ricerca», continua Biscari. Quando si parla di finanziamenti, per esempio, bisognerebbe tenere conto del periodo di maternità, che spesso arriva nel momento intellettualmente più prolifico nella vita di una giovane studiosa, e che non di rado invece rappresenta uno stop nella carriera. «Bisogna ribaltare il concetto: fare figli è un servizio reso alla società, e dovrebbe essere premiato, non rappresentare uno svantaggio solo perché per un anno o due non si è riuscite a stare al passo con le pubblicazioni». Infine: la scienza è un mestiere che richiede disponibilità agli spostamenti. Non si può pensare che una ricercatrice con dei figli giri il mondo con i nonni al seguito. Dunque servizi e agevolazioni, asili nido e strutture di supporto alla famiglia. Così, forse, le giovani donne non avranno più paura della ricerca.