Giovannetti: «Pavia è una città omertosa. Con quello che è saltato fuori dovrebbe succedere il finimondo, invece c’è un silenzio tombale, sia da parte delle istituzioni che della società civile»

La Lombardia è terra fertile per i «proficui rapporti» tra 'ndrangheta e uomini dello Stato. È quanto scrivono i giudici della Corte d'Appello di Milano nelle motivazioni della sentenza che conferma le condanne a quaranta imputati, arrestati il 13 luglio del 2010 durante l’operazione «Infinito », che aveva l’obiettivo di smantellare la penetrazione delle cosche nella regione.

Un Comune che ben simboleggia i «proficui rapporti» in Lombardia è Pavia, città molto pericolosa per chi ostacola i piani degli affaristi. Non a caso tra i condannati spiccano l’avvocato tributarista Giuseppe “Pino” Neri e l’ex direttore sanitario dell’Asl di Pavia Carlo Chiriaco: il primo condannato a diciotto anni di carcere con l’accusa di essere un boss della ‘ndrangheta in Lombardia, l’altro a dodici anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Entrambi sono calabresi cresciuti professionalmente a Pavia.

Ma anche nei casi in cui non compaiono affiliati alla ‘ndrangheta, la sostanza dei «proficui rapporti» a Pavia è pur sempre mafiosa: lo sostiene chi, denunciandoli, ne è rimasto vittima.

«Pavia è una città omertosa. Con quello che è saltato fuori dovrebbe succedere il finimondo, invece c’è un silenzio tombale, sia da parte delle istituzioni che della società civile», dice l’attivista e giornalista freelance Giovanni Giovannetti. Il cronista si riferisce a minacce di morte nei confronti suoi e di un collega del quotidiano la Provincia pavese, Fabrizio Merli, emerse da alcune intercettazioni telefoniche rese pubbliche due settimane fa dopo la chiusura delle indagini della procura di Pavia su «Punta Est», un cantiere sequestrato all’imprenditore Dario Maestri, finito agli arresti domiciliari nel 2013. È lui a dire «questi bisogna eliminarli fisicamente», riferendosi a Giovannetti e Merli, perché infastidito dai loro articoli che denunciavano le irregolarità su cui si fondavano i suoi cantieri, avvallate da funzionari pubblici con le mani pronte a intascare denaro.
 
Uno di questi, secondo gli inquirenti, è Ettore Filippi, ex dirigente della Polizia di Stato, vicesindaco durante l’amministrazione di centro-sinistra di Piera Capitelli, poi passato a sostenere la giunta di Alessandro Cattaneo (Fi), infine arrestato per corruzione lo scorso marzo con l’accusa di avere ricevuto da Maestri circa 130mila euro. È con lui che l’imprenditore, nella primavera del 2012, si sfoga contro i due cronisti (che si aggiungono agli oltre 2mila giornalisti minacciati in Italia negli ultimi otto anni, come rilevato dall’osservatorio Ossigeno per l’Informazione). Alle minacce di morte, Filippi dice a Maestri di «non scherzare», ma poi gli presenta un amico investigatore, Fabrizio Scabini di Voghera, per pedinare i giornalisti. Anche al telefono con Scabini, Maestri minaccia. Parla di Merli, che ha pubblicato quella mattina del 10 marzo 2012 un importante articolo: «Ormai non penso più alla querela ma gli spacco la faccia a quello lì», trascrivono gli inquirenti il 10 marzo del 2012.

Dopo l’uscita di queste intercettazioni, a Pavia c’è stato un personaggio pubblico che ha reagito con un appello alla città e ai partiti. Nessuno, finora, l’ha raccolto. Cristina Niutta, ex assessore della giunta Cattaneo, in una lettera alla Provincia pavese del 16 settembre ha denunciato che Maestri «ha finanziato negli anni campagne elettorali di candidati variamente collocati», ed ha espresso solidarietà ai giornalisti. «La Città però deve rispondere. Non deve lasciarli soli», ha continuato Niutta, parlando di «un vero attentato al corretto svolgimento di una funzione costituzionalmente garantita» e chiedendo che i «politici che in passato hanno accettato il contributo elettorale o, comunque, l’appoggio della persona sospettata di tali gravi fatti ne prendano ora pubblicamente le distanze».

A Pavia è come se nessuno avesse letto le righe dell’ex assessore. «In questa storia non è tanto importante il mio singolo caso, quanto la non reazione della città. La magistratura - dice Merli - parla di una condotta che ha in sé l'archetipo della mafiosità. Mi sarei aspettato che qualcuno affrontasse il problema, riflettendo su quanto sia facile arrivare al confine di condotte che sono sostanzialmente mafiose. Invece, Niutta a parte, Pavia dorme un sonno secolare». Secondo Giovannetti, dalle intercettazioni «emerge il sistema Pavia. Filippi è stato vicesindaco di Capitelli, perciò la vicenda imbarazza un po’ tutti: irregolarità nei piani urbanistici ci sono state anche prima della giunta di Cattaneo», dice il giornalista.

Chi non sembra imbarazzato è l’attuale sindaco del Pd, Massimo Depaoli. Perché non ha detto nulla su quanto emerso dalle intercettazioni? «Il taglio netto con il passato lo stiamo dimostrando con la trasparenza della nostra amministrazione», risponde il sindaco, che al suo partito ha imposto Angelo Gualandi come assessore all’Urbanistica, «uomo di assoluta fiducia, perché proviene dai movimenti ambientalisti come me». Depaoli spiega che «il segno della mia campagna elettorale è stata la discontinuità con il passato. Anche l’amministrazione Capitelli ha fatto scelte politiche sbagliate, improntate a un eccessivo sviluppo». Come l’area della ex Marelli, riconvertita con 112 appartamenti rimasti invenduti, o l’abbattimento di un edificio storico dell’ex Snia (in teoria posti sotto tutela) per far spazio a centri commerciali e palazzine. Inoltre, continua Depaoli, «alle vittime delle minacce avevo già espresso solidarietà a suo tempo».

Vale a dire quando nell’abitazione di Giovannetti era stato appiccato un incendio doloso, alla fine del 2012. Pochi mesi dopo i pedinamenti dell’investigatore ingaggiato da Maestri. E poche settimane in seguito all’auto in fiamme del consigliere comunale Walter Veltri e alle croci nere disegnate sulla porta dello studio dell’avvocato Franco Maurici, anche loro attivisti di Insieme per Pavia, colpevoli di presentare esposti in procura contro progetti urbanistici sospetti. Per Maestri è già stato chiesto il rinvio a giudizio come mandante delle croci a Maurici. Filippi, l’ex poliziotto che all’imprenditore consigliava di far pedinare i giornalisti, era stato il primo ad esprimere solidarietà a Giovannetti per l’incendio doloso.

Oltre agli attentati, il giornalista è stato minacciato per le sue inchieste sui periodici locali con oltre venti querele negli ultimi sette anni. Non è mai stato rinviato a giudizio. L’ultima querela è arrivata un paio di settimane fa, dal presunto boss Pino Neri: «In un volantino l’ho definito il capo della ‘ndrangheta in Lombardia. Non sono per nulla preoccupato, verrà archiviata anche questa querela. Tutto è dimostrato dalle sentenze», dice Giovannetti. Per lo stesso volantino, il giornalista era già stato querelato dall’ex sindaco Cattaneo.

Aggiornamento del 2 ottobre 2014, ore 16,11: Alessandro Cattaneo: "Estraneo alle infiltrazioni mafiose"