Proiettili, auto incendiate, agguati, pestaggi, lettere anonime. L'informazione è sotto attacco dei clan e non solo. Gli allarmanti dati dell'osservatorio Ossigeno per l'informazione

Ma quanti giornalisti nel mirino dei boss

Duemila giornalisti minacciati e intimiditi in otto anni. Proiettili, auto incendiate, agguati, pestaggi, lettere anonime. L'informazione è sotto attacco dei clan e non solo. No, non siamo nella Russia governata da Putin.

Siamo in Italia, uno dei Paesi che ha fondato la civilissima Unione Europea. Il dato è stato elaborato dall'osservatorio Ossigeno per l'informazione. Un progetto nato dall'idea di Alberto Spampinato. Suo fratello, Giovanni, è stato ucciso da Cosa nostra a Ragusa. Era il 1972. In tutto sono undici i cronisti uccisi dalla mafia dagli anni Sessanta a oggi.

Intimidazioni
Inseguita e speronata l'auto di scorta dell'inviato dell'Espresso Lirio Abbate
13/11/2014
Da Pippo Fava a Mauro Rostagno, da Beppe Alfano a Cosimo di Cristina. I loro volti sono lì a ricordarci quanto il potere sia allergico alle inchieste scrupolose dei cronisti. Sembra un eternità. Eppure poco è cambiato. Ancora oggi al Sud come al Nord un numero enorme è costretto a vivere nella paura di non arrivare al giorno dopo.

Spesso vengono aggrediti. Qualche volte le prefetture dispongono d'urgenza la scorta armata. Sono persone esposte a rischio. Bersagli mobili. Nell'ultimo anno a finire sotto protezione dello Stato sono stati tre giornalisti. Paolo Borrometi, in Sicilia, Michele Albanese, in Calabria, Federica Angeli a Roma. Insomma il peggio non è passato.

E basta scorrere i dati dell'osservatorio per convincersi che l'arroganza dei boss non è diminuita. Nel 2014 il Lazio detiene il record di colleghi minacciati, sono 78. A seguire c'è la Campania, con 48, poi la Sicilia, 43, e in quarta posizione la Lombardia. Già, la regione governata dalla Lega Nord dove la mafia non esiste, «perché è un problema dei meridionali». Il quinto posto spetta alla Basilicata, 38, poi c'è la Calabria, con 30, e l'Emilia Romagna con 25. Persino in Trentino Ossigeno ha registrato un caso. L'unica regione nel corso di quest'anno immune da episodi intimidatori è la Valle D'Aosta.

Nell'elenco degli avvertimenti ci sono le aggressioni fisiche, i danneggiamenti, le querele temerarie, gli incendi, le missive, le minacce di morte. Queste sono le categorie che registrano numeri più alti. Le vittime sono il più delle volte giovani precari, che lavorano sul territorio della provincia, e quindi molto esposti, e pagati pochi euro a pezzo.

Numeri che dovrebbero generare un indignazione collettiva e della politica, che invece spesso tace. Anzi, quando può tenta di mettere il bavaglio ai giornali. Come ha provato a fare in passato con il decreto sulle intercettazioni, e come in sordina sta provando a far passare una legge sulla diffamazione, che sì non prevede più il carcere (siamo l'unico Paese europeo dove i giornalisti rischiano il carcere per aver fatto il proprio lavoro) ma secondo molti analisti è la prova di come i partiti vogliano imbavagliare la stampa.

Pippo Fava, il cronista ucciso da Cosa nostra a Catania, ha scritto “A che serve vivere se non si ha il coraggio di lottare”. Il giornalismo in Italia è stato ridotto a questo, a una lotta per la sopravvivenza. Per questo dobbiamo fare sentire la nostra voce: di giornalisti e di cittadini liberi che non vogliono lasciare il Paese nelle mani di padrini e dei loro complici.

LEGGI ANCHE

L'E COMMUNITY

Entra nella nostra community Whatsapp

L'edicola

Un Leone contro Trump - Cosa c'è nel nuovo numero dell'Espresso

Il settimanale, da venerdì 16 maggio, è disponibile in edicola e in app