I minori stranieri ospitati nel centro di viale Morandi sono stati trasferiti. Il Comune cede alle pressioni di piazza. Dando ragione alle paure. E creando il 'rischio di un pericoloso effetto domino'. Mentre c'è chi denuncia 'le attuali politiche sbagliate verso i rom e i rifugiati, improntate all'emergenza, e senza sforzi per l’integrazione'

Sono bastati tre giorni di proteste. A far indietreggiare le istituzioni. Di fronte alle paure di un gruppo di abitanti. Alle aggressioni di pochi organizzati. E a un'integrazione mancata.

Ieri sera i minori stranieri ospitati dalla cooperativa "Un sorriso" in via Giorgio Morandi 153, Roma Est, se ne sono andati da Tor Sapienza. Sgomberati in fretta e furia «per volere del Comune», sottolineano dal Viminale, mentre la polizia presidiava l'ingresso del centro, separando il "noi e il loro", cercando di difendere i richiedenti asilo dal rischio di violenze.

Gli "immigrati" insomma se ne vanno. Per primi vengono portati via i minorenni. Restano per ora gli altri, gli adulti. E per strada i cocci degli scontri: prima l'aggressione al grido "Duce!", "Bruciamoli tutti", che ha devastato parte della struttura d'accoglienza. Poi le notti di picchetti e proteste da parte dei residenti contro il centro. Quindi il trasferimento degli adolescenti stranieri che vivevano qui. Gli altri rifugiati rimangono in attesa di una sistemazione. Anche per loro lontana da questo quartiere.
Il caso
Tor Sapienza, l'assalto al grido "Bruciamoli" Ma in crisi c'è anche il sistema d'accoglienza
12/11/2014

Stamattina, alcuni dei giovani (circa 14) sono rientrati a Tor Sapienza, dicendo: «Questa è la nostra casa». Seduti sui marciapiedi, dietro il cordone di polizia, guardavano la folla rimasta a chiedere il loro allontamento. Dopo poche ore, e dopo il blitz dell'eurodeputato Mario Borghezio (non nella via, ma nel quartiere, accompagnato da Simone di Stefano di Casa Pound), la situazione non ha retto. E i ragazzi ancora una volta sono stati portati via da viale Morandi.

«Gli operatori si approfittano di questi ragazzini», ha dichiarato un'abitante all'Ansa: «Infatti, noi non ce l'abbiamo con gli immigrati, ce l'abbiamo con gli operatori, perchè se li seguissero realmente, questi ragazzi non starebbero in queste condizioni. Per noi qui gli immigrati ci possono anche stare, sono gli operatori che se ne devono andare, e fino a quando rimarranno noi continueremo a lottare. Loro sono vittime come lo siamo noi, che siamo abbandonati dalle istituzioni». Ma «Se ne devono andare!», continuano a urlare i presenti.

La vittoria, sul campo, sembra quindi essere dell'odio. E a parlare di "rischio effetto domino", ora, sono gli stessi abitanti. Quelli meno televisivi, forse, meno infuriati. Ma più preoccupati. «Gli immigrati sono stati trasferiti dal centro perché c’era un problema di sicurezza, ma non è questo che risolve il problema di un quartiere pattumiera come il nostro». «Anzi ora il rischio è di un preoccupante effetto domino», «che la protesta si allarghi cioè alle altre periferie: Magliana, Pigneto, Tor Bella monaca, Tor Pignattara, Corcolle, stanno tutti come noi. Sono zone pronte a scoppiare, la politica latita e i cittadini non ce la fanno più», commenta Roberto Torre, il vicepresidente del comitato di quartiere di Tor Sapienza.
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A viale Morandi si sono aperte molte ferite. Che non riguardano solo le periferie, le istituzioni, il clima politico, e le provocazioni facili su un'insofferenza generale. Ma anche il sistema d'accoglienza. È la stessa Caritas di Roma, in un durissimo comunicato pubblicato sul sito, a parlare di «Situazioni di cui sono parimenti vittime italiani e immigrati», per la «Paura; l'incapacità delle istituzioni e della classe politica di proporre soluzioni serie e di prospettiva; la spregiudicatezza di politici che cavalcano il malcontento delle periferie attirando i gruppi più estremi e facinorosi e spingendo la popolazione a una “guerra fra poveri”; la mancanza di riferimenti culturali in una città che appare rassegnata; e un clima politico di estrema precarietà».

La nota continua: «È vergognoso che, mentre da settimane nelle nostre periferie cresce la protesta – purtroppo accompagnata da episodi di violenza – l’intera classe politica capitolina non trovi di meglio da fare che discutere per giorni di otto multe non pagate».

«La situazione di Tor Sapienza – così come Corcolle, Torre Maura, Romanina, Ponte Mammolo e altre zone – rappresenta sì il risultato di anni di abbandono», prosegue il comunicato: «ma allo stesso tempo è l’effetto di attuali politiche sbagliate verso i rom e i rifugiati, senza sforzi per l’integrazione e improntate soprattutto sull’emergenza, frutto di istituzioni che non collaborano e non dialogano (Prefettura – Comune – Municipi), di cooperative senza scrupoli che poco hanno a cuore la sorte delle persone che gli sono affidate, di territori abbandonati dalle Istituzioni».

E infine scrivono: «È difficile per chiunque impegnarsi in progetti di integrazione in contesti dove le persone si sentono sole, non vedono rispettati i propri diritti, in cui episodi di micro criminalità veri o presunti rischiano di degenerare in rappresaglie e spedizioni». Il messaggio si conclude con un appello rivolto a tutti «per far sì che il disagio di tanti si trasformi in maggiori diritti e che la protesta non sia contro l’altro ma a favore della giustizia».

Sarà ascoltato?

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