Il taglio alle ali tanto atteso l’ha annunciato il ministro della Difesa in persona: «Sui cacciabombardieri è lecito immaginare che si può ripensare, si può ridurre e si può rivedere». È domenica sera, e l’annuncio di Roberta Pinotti via Tv segue quello del premier Matteo Renzi: «Il ministro ha ragione a dire che risparmieremo molti soldi dalla Difesa: tre miliardi di euro. Per gli F35 continuiamo con i programmi internazionali e una forte aeronautica ma quel programma sarà rivisto».
La spending review, almeno negli annunci, arriva anche in caserma, toccando una dei tasti più sensibili dell’opinione pubblica: quell’investimento da 12 miliardi di euro per i 96 caccia ordinati dall'Italia. Caccia che, singolarmente, arrivano a costare oltre 210 milioni di euro, calcolando anche le spese per la progettazione e lo sviluppo del mezzo.
Adesso però dalle parole si passa ai fatti. Il Partito democratico ha le carte in mano per cambiare rotta: nei punti chiave dell’indagine conoscitiva elaborata dal gruppo democratico della commissione Difesa della Camera, ci sono le proposte, per la prima volta nero su bianco, della road map da seguire.
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Da qui partiranno le trattative nella maggioranza di governo per effettuare i tagli alla Difesa indicati dal governo Renzi come uno degli obiettivi prioritari.
LA CHIMERA DEL LAVORO
È stato il mantra del programma internazionale Joint Strike Fighter: ricadute occupazionali per il comparto aeronautico in Italia. Una certezza finalmente messa in dubbio: «Lo schema di accordo non garantisce, dal punto di vista della qualità e del valore, ritorni industriali significativi. Non risulta contrattualmente garantita per le piccole e medie imprese nazionali l'acquisizione di commesse o sub commesse e a fronte degli investimenti impegnati per realizzare lo stabilimento di Cameri (di proprietà del colosso Finmeccanica e dove vengono assemblati gli aerei) non risulta contrattualmente definito un prezzo per l'assemblaggio delle ali che garantisca l'ammortamento del capitale investito e un ragionevole ritorno» si legge nelle considerazioni conclusive dell’indagine.
«Ancora una volta quindi le analisi eseguite all'interno della campagna “Taglia le ali alle armi” si sono rivelate confermate. Basta leggere le considerazioni fatte», spiega Francesco Vignarca della rete disarmo.
I punti chiave del programma F35 iniziato nei lontani anni novanta sono tutti messi in discussione: «L’occupazione che si genererà a Cameri non può considerarsi aggiuntiva rispetto a quella attualmente già impiegata nel settore aeronautico, ma solo parzialmente sostitutiva, e le stime del costo del programma risultano caratterizzate da un indice di variabilità che non può convivere con le esigenze della nostra finanza pubblica».
La maschera dell’investimento in cambio di posti di lavoro viene quindi gettata. Di più: tutte le stime dei costi non tengono conto di quelli aggiuntivi per l'armamento del velivolo che potrebbe abbondantemente superare i 200 milioni di euro finora stimati. Per ora l’F35 ha contribuito solo a far crescere il debito pubblico insieme alle spese milionarie e non ha creato un posto di lavoro in più.
A RISCHIO DELLA QUALITA'
C’è poi un passaggio che fa vacillare pesantemente il programma: «Le tante criticità che segnano questo programma inducono a rinviare ogni attività contrattuale, in attesa che siano chiariti i molti limiti che gli stessi organismi statunitensi non mancano di sollevare formalmente».
Rischi sulla qualità già sollevati nei mesi scorsi: «Gli ispettori del Pentagono hanno evidenziato ben 365 carenze nei controlli che dovrebbero garantire la qualità del programma», scriveva l'Espresso lo scorso ottobre, evidenziando tutti i dubbi. «La maggioranza delle critiche riguardano le componenti meccaniche dell'aereo: la fusoliera, il tettuccio che dovrebbe permettere la visione panoramica; gli apparati per l'ossigeno, gli strumenti per l'atterraggio».
Messe in fila tutti i dubbi e i punti controversi i parlamentari democratici vogliono esplorare altre soluzioni, meno impegnative dal punto di vista finanziario, per quanto riguarda il rinnovamento degli aerei.
«È una scelta rivoluzionaria che, se verrà confermata, potrebbe davvero fermare la macchina produttiva e di acquisto degli F-35, non solo in futuro ma fin da ora», conferma Vignarca, che avverte: «Attenzione però, questo documento non è sufficiente senza un voto parlamentare in commissione difesa il Governo potrebbe continuare a fare ciò che vuole. Per questo chiediamo una risoluzione vincolante».