Calabria

Un'email riapre il caso della nave dei veleni

di di Angelo Mastrandrea   8 aprile 2014

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Nel 2009 una compagnia britannica fece un'offerta per ritrovare al largo delle coste calabresi il relitto della Cunski, che secondo il pentito Fonti contenteva rifiuti tossici. Ma il nostro governo preferì dare l'appalto alla Mare Oceano, che non trovò nulla. Ora un messaggio di posta elettronica dall'Inghiterra riapre il caso

Il Parlamento annuncia la desecretazione dei documenti sul caso “navi dei veleni” e Greenpeace l’anticipa.

L’associazione ambientalista tira fuori una mail consegnata alla Commissione sul ciclo dei rifiuti, che svela un retroscena sulla ricerca del relitto della Cunski, la nave che secondo il pentito Francesco Fonti sarebbe stata affondata dalla ’ndrangheta con un carico di scorie tossiche al largo della costa calabra di Cetraro. Dalla missiva si evince come nel 2009 il Ministero della Difesa britannico abbia offerto mezzi e personale qualificato per andare a caccia del relitto fantasma.

Ma il ministero dell’Ambiente preferì, inspiegabilmente, affidare la ricerca a una «piccola compagnia» italiana e a un prezzo superiore all’offerta britannica. L’appalto fu così vinto dalla nave Mare Oceano di proprietà di Diego Attanasio, armatore napoletano coinvolto nel processo Mills-Berlusconi.

Fu smentita la presenza della nave Cunski, garantendo invece che si trattava della nave passeggeri Catania, e in breve tempo il caso fu chiuso. Il latore della missiva, un inglese che aveva presentato l’offerta più vantaggiosa attraverso il governo di Londra, si chiede stupito: «Che senso ha tutto questo?». La domanda, in effetti, andrebbe girata all’allora ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo.