Dopo la sentenza della Consulta, il ministro Lorenzin invoca un intervento del Parlamento per riscrivere la normativa sulla procreazione assistita, bucherellata dai giudici. Ma sul tema Pd ed Ncd la pensano in maniera opposta. Renzi farà un patto con Berlusconi anche su questo?

Non ha il soprannome in latinorum padano. Non ha un Calderoli come padrino. Eppure, dopo che oggi la Consulta ha bocciato anche la sua norma simbolo (il divieto di ricorrere all’eterologa), la legge 40 che regola la procreazione assistita pare davvero il Porcellum dei diritti civili, tanto quanto a successo tra la gente (bersagliata da ricorsi, o aggirata), tanto quanto a percorso (riformata via Corte costituzionale, in attesa che il Parlamento si risvegli).

Ma a differenza del Porcellum, sul quale i giudici hanno messo una lapide, la legge 40 non ha ancora finito di soffrire. La prossima battaglia si combatterà infatti a breve, e ha davvero il nome di una battaglia: si chiama “Parrillo contro Italia”. E’ il titolo del procedimento che sarà esaminato dalla Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo a metà giugno (poi, eventualmente, si pronuncerà la Consulta) ed è stato promosso da Adele Parrillo, vedova del regista Stefano Rolla deceduto nell'attentato di Nassiriya nel 2003: lei vorrebbe donare alla ricerca i cinque embrioni prodotti prima della morte del compagno, ma la legge 40 – in vigore dal 2004 - glielo impedisce perché vieta la ricerca sugli embrioni.

Si vedrà dunque a breve se verrà giù anche questo paletto. In dieci anni, prima della sentenza che oggi dichiara incostituzionale il divieto del ricorso a un donatore esterno (almeno nel caso di coppie infertili), la legge 40 è già stata ridotta un colabrodo dai giudici: bocciata 20 volte su 28 pronunciamenti di tribunale. Due volte l’anno, una bella media. Sono cadute, per citare le più importanti: la norma che imponeva di produrre non più di tre embrioni, quella che obbligava a impiantare tutti gli embrioni prodotti, quella che vietava il congelamento, quella che vietava di operare diagnosi preimpianto. A breve, la Consulta dovrà anche decidere sull’accesso alle tecniche di Pma di quelle coppie che non avrebbero problemi di fertilità ma sono portatrici di malattie genetiche.

Al momento, comunque, la legge 40 porge alla politica un problema piuttosto complicato. Che è poi alla fine lo stesso alla base delle difficoltà a riformare la legge elettorale del 2005. Da un lato, come dice il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, “serve un intervento del Parlamento” perché la legge 40 “è svuotata” e, in particolare, perché “l’introduzione dell’eterologa è un intervento complesso che difficilmente potrà essere attuato solo mediante decreti". Dall’altro, fa notare Nichi Vendola, intervenire per riformare la legge è difficile perché “chi volle quelle norme oscurantiste sulla fecondazione oggi è ancora al governo con Renzi”.

In effetti, a guardare gli intenti delle forze che compongono la maggioranza, si rischia lo strabismo. Il Pd gioisce per la sentenza della Consulta e dice che serve una nuova legge. Il Nuovo centrodestra grida all’orrore per la sentenza della Consulta e dice che serve una nuova legge. Due dichiarazioni a confronto, giusto a titolo d’esempio: “è necessario che il Parlamento legiferi, la legge 40 è inapplicabile e disumana”, dice l’ex ministro Barbara Pollastrini, Pd. “La sentenza apre nuovi gravi problemi che la legge 40, una legge equilibrata che aveva dato buoni risultati, aveva finora evitato: ora serve un intervento del Parlamento”, dice Eugenia Roccella, Ncd.

In sostanza, idee opposte su come bisognerebbe intervenire. E, spesso, le stesse idee di un decennio fa, all’epoca in cui la controversa legge 40 vide la luce. Con queste premesse, è difficile immaginare che il Parlamento si decida davvero a fare qualcosa. Visti i precedenti, non è nemmeno detto che sia un male.

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