Obiezione: il dato potrebbe essere un'eccezione. Potrebbero esserci dei super-geni fra i 21mila studenti stranieri iscritti in Campania, provenienti principalmente da Romania, Perù, Marocco, Cina, Albania. Ma i valutatori reputano il risultato “statisticamente significativo”, come annotano nella relazione pubblicata pochi giorni fa. E il fatto non è poi così straordinario. Perché il divario fra stranieri (in questo caso primi) e italiani ritorna in molti altri casi. I quindicenni romeni, albanesi, marocchini, indiani e cinesi che vivono in Lombardia dalla nascita, ad esempio, hanno dimostrato di avere in media competenze pari a 200 punti in Italiano e 203 in Matematica. I loro coetanei siciliani, figli di genitori siciliani, si fermano a 189 e 186. Cioè dimostrano, almeno per gli standard elaborati dall'Istituto nazionale di valutazione, di avere meno dimestichezza con la lingua materna del nostro paese.
Non è finita. I tredicenni extracomunitari che frequentano le scuole medie in Puglia prendono di solito 208 nei questionari di matematica. I loro compagni di classe pugliesi arrivano a 192. Ovvero stanno 16 punti più giù nella classifica delle capacità. E come in quelle della Campania, lo stesso sorpasso avviene in altre scuole elementari. Dove i bambini extracomunitari o provenienti da altri paesi della Ue hanno dimostrato conoscenze migliori dei loro coetanei: succede sia in Sardegna che in Molise.
Certo non è la norma. A livello nazionale, e nel confronto interno fra classi del Centro e del Nord, i risultati degli studenti stranieri, arrivati ad essere 786mila nel 2013, ovvero quasi il 10 per cento della popolazione studentesca, sono di molto inferiori a quelli dei loro coetanei italiani: fino a 30, 40 punti di meno. Anche se il divario, profondo soprattutto per gli immigrati di prima generazione, si assottiglia per quelli di seconda (ovvero nati in Italia). «Questo è un elemento di grande speranza», spiega Stefano Molina, dirigente di ricerca a fondazione Agnelli: «perché sono proprio le "seconde generazioni" ad aumentare, come numero, nelle nostre scuole. Si tratta di giovani che di solito a casa parlano un'altra lingua, ma si sentono italiani e non vogliono vedere proiettati su di sé gli stereotipi che attribuiamo ai genitori. Vogliono fare passi avanti».

Il secondo elemento costante da Nord a Sud è che se gli alunni immigrati dimostrano difficoltà con l'italiano, ne hanno molte meno con la matematica. «I risultati Invalsi dimostrano che a mancare agli stranieri non sono la voglia, l'intelligenza, la capacità», continua Molina: «Quanto gli strumenti per superare lo scoglio linguistico. I nostri libri di testo sono spesso scritti in maniera ostica per gli stessi italiani. Ancor più per chi a casa non ha supporto o riferimenti». Ma le difficoltà con la grammatica si possono superare: «I problemi maggiori arrivano con la scrittura e l'analisi dei testi letterari», racconta il ricercatore, esperto di seconde generazioni e autore di saggi sul tema: «A Torino abbiamo organizzato in 24 scuole corsi pomeridiani specifici. E hanno avuto un successo enorme».
E sulle performance straordinarie dei bambini stranieri del Sud? Sono maggiormente integrati? Il loro successo è dovuto al fatto che sono presenti in minor percentuale? A Napoli ad esempio ne sono iscriti 3259, dieci volte meno di quanti non frequentino le scuole milanesi (32000). «Temo che quelle distanze che si ribaltano, a favore degli stranieri, in Sicilia, Puglia, Calabria, Sardegna, Campania, non siano testimonianza di un successo educativo. Al contrario: significa che gli italiani di confronto sono diversi», sostiene Molina: «insomma, questi risultati sono semplicemente una cartina da tornasole del basso livello di competenze che gli alunni raggiungono in quelle regioni».
L'esito che dovrebbe far più riflettere, secondo Molina, è quello che riguarda i ragazzi del secondo anno delle superiori. A 15 anni un extracomunitario nato da genitori stranieri e cresciuto in Lombardia, o in Emilia Romagna, riesce a dimostrare una maggiore conoscenza dell'italiano e della matematica di un suo coetaneo del Sud o delle Isole (il punteggio medio è 200 contro i 189, 186 della Sardegna ad esempio), «E le competenze raggiunte a 15 anni sono fondamentalmente quelle che i ragazzi si porteranno avanti tutta la vita. Sono il sapere con cui diventano adulti». L'Invalsi può sbagliare. Ma questi sono gli standard che racconta del nostro nuovo Paese.