B. si gioca tutto nell'appello sul caso di Karima El Mahroug, per cui è stato condannato in primo grado a sette anni di reclusione. Gli scenari che la decisione dei magistrati può aprire

Santo o peccatore? Oggi, per Silvio Berlusconi, è il giorno del giudizio nel processo d'appello sul caso Ruby. Un caso giudiziario che riapre, anche sul piano più strettamente personale, lo scontro sulla figura storica del leader di Forza Italia, che continua a dividere le folle di sostenitori e avversari anche dopo la condanna ormai definitiva per frode fiscale: Berlusconi è un grande delinquente rimasto impunito per troppi anni o uno straordinario imprenditore e statista perseguitato dai magistrati?

I tre giudici della corte d'appello, guidati dall'esperto presidente Enrico Tranfa, già dirigente del tribunale del riesame, sono entrati in camera di consiglio alle dieci del mattino, dopo aver preso atto che la pubblica accusa, rappresentata dal sostituto pg Pietro De Petris, ha ritenuto superfluo replicare alle arringhe della difesa, ora impersonata da due avvocati di altissimo livello come i professori di scuola romana Franco Coppi e Filippo Dinacci.
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L'imputato Berlusconi, rimasto assente come alle precedenti udienze, ha così rinunciato alla possibilità di rivolgere l'ultimo appello alla corte prima del verdetto. In caso di conferma della condanna a sette anni inflitta in primo grado, per il leader di Forza Italia si aprirebbe la stagione più drammatica della sua storia giudiziaria: gli resterebbe solo un estremo ricorso alla Cassazione, che dovrebbe emettere il verdetto finale nella tarda primavera del 2015, nel tentativo di scongiurare il rischio, che a quel punto diventerebbe molto concreto, di dover scontare fino a un massimo di dieci anni di carcere.

La corte d'appello è chiamata a decidere se merita di essere confermata, modificata o cancellata con un'assoluzione la sentenza del 24 giugno 2013, con cui il tribunale di Milano aveva condannato Berlusconi a sette anni di reclusione. I giudici di primo grado gli avevano inflitto sei anni, in particolare, per il reato più grave di “concussione per costrizione”, cioè per aver forzato due funzionari della polizia, abusando del proprio ruolo di presidente del consiglio, a rilasciare una minorenne straniera fermata per furto, l'ormai famosa Karima El Mahroug detta Ruby. Un reato commesso dall'allora capo del governo telefonando da Parigi al capo di gabinetto della questura di Milano, nella notte del 27 maggio 2010, per presentare falsamente quella giovanissima marocchina in fuga da casa come una nipote dell'allora presidente egiziano Mubarak. Con l'obiettivo, raggiunto, di farla affidare d'urgenza, nonostante le contrarie disposizioni del pm della procura dei minori, all'allora consigliere regionale Nicole Minetti, nel frattempo condannata a cinque anni come complice dei traffici di prostitute nelle residenze di Berlusconi.

Il tribunale aveva poi comminato solo dodici mesi di pena in più, portando così il totale a sette anni, per l'accusa più pubblicizzata, ma meno grave per il codice, di prostituzione minorile, cioè per aver partecipato personalmente con la stessa Ruby, ancora 17enne, a tre nottate di sesso a pagamento organizzate nel 2010, con almeno una quindicina di altre escort. nella villa di Arcore.

In attesa della sentenza d'appello, si possono ipotizzare tre scenari: condanna confermata, riduzione di pena, assoluzione.

CONDANNA-BIS - E' il verdetto che farebbe precipitare Berlusconi in un infernale girone carcerario. Gli effetti in realtà non sarebbero immediati né vicini: anche se la corte d'appello dovesse confermare totalmente la condanna a sette anni, il verdetto finale spetterà alla Cassazione, che dovrebbe decidere tra almeno nove mesi, visto che in questo processo non ci sono problemi di prescrizione. Ma dopo una sconfitta in appello Berlusconi si troverebbe ad attendere il futuro verdetto definitivo in una prospettiva molto preoccupante. La sua situazione giudiziaria, infatti, è complicata dalla precedente condanna definitiva a quattro anni di reclusione per frode fiscale, che la Cassazione ha reso definitiva il primo agosto 2013. I primi tre anni di quella pena detentiva sono rimasti finora sospesi solo per effetto dell'indulto approvato nel 2006, per cui ora Berlusconi sta scontando ai servizi sociali solo i restanti dodici mesi, destinati a scendere a dieci e mezzo grazie all'ulteriore beneficio della liberazione anticipata. Ma se e quando dovesse diventare definitiva anche la nuova condanna per il caso Ruby, il pregiudicato Berlusconi perderebbe il diritto all'indulto e dovrebbe quindi scontare anche i precedenti tre anni. In totale, quindi, rischierebbe fino a dieci anni complessivi di carcere, anche se il calcolo finale è destinato ad essere alleggerito grazie al meccanismo del cosiddetto «cumulo» tra condanne diverse, che potrebbe ridurre la pena effettivamente da scontare a sette anni e qualche mese.

Di recente, inoltre, è stata modificata la norma del 2006 (la cosiddetta salva-Previti) che in passato favoriva la detenzione domiciliare per gli ultrasettantenni, tranne che per reati gravissimi come omicidi, mafia o terrorismo. Secondo gli esperti, dunque, in caso di nuova condanna definitiva per il caso Ruby, questa volta Berlusconi potrebbe evitare il carcere solo per gravi e documentati problemi di salute
 
ASSOLUZIONE – Dopo la condanna in primo grado, per fatti di prostituzione confermati anche dal diverso collegio del tribunale che ha condannato Lele Mora, Emilio Fede e Nicole Minetti, l'assoluzione di Berlusconi in appello sarebbe un  vero trionfo. Che scatenerebbe una bufera politica e mediatica contro  i magistrati di Milano che anno osato indagarlo e condannarlo in primo grado. A battersi per l'assoluzione il leader di Forza Italia ha chiamato i nuovi difensori Coppi e Dinacci, ufficialmente come sostituti degli avvocati-parlamentari Pietro Longo e Nicolò Ghedini, indagati per ordine di due tribunali per le 32 testimonianze a favore di Berlusconi giudicate false o comprate con lauti versamenti dell'imputato.

In aula i due professori, senza mai attaccare i magistrati e mantenendosi sempre sul piano tecnico, hanno cercato di smontare la condanna pezzo per pezzo. Il reato di prostituzione minorile non sussiste, secondo la difesa, perché non è provato che Berlusconi abbia fatto sesso con Ruby o quantomeno perché non sapeva che lei fosse minorenne. Gli oltre 57 mila euro che l'imprenditore ultra 70enne ha innegabilmente versato a quella ragazzina, inoltre, non sarebbero il prezzo della prostituzione o del suo silenzio, ma un innocente aiuto a una giovane bisognosa, come in tanti altri casi di generosità dell'ex premier.

Coppi e Dinacci, appellandosi a una recente sentenza della Corte di giustizia europea, hanno anche chiesto ai giudici d'appello di considerare inutilizzabili i tabulati telefonici che provano le chiamate notturne di Berlusconi alla questura: una questione procedurale che farebbe scomparire la prova della concussione. Reato comunque da escludere, sempre secondo la difesa, perché la richiesta di Berlusconi di rilasciare quella minorenne non avrebbe raggiunto gli estremi della «costrizione», ovvero dell'abuso di potere tanto forte da sembrare quasi «un ordine»: i poliziotti della questura avrebbe fatto quello che chiedeva l'allora premier quasi spontaneamente, magari per «timore reverenziale» oppure per «compiacerlo», ma senza mai trovarsi in uno stato di «vera soggezione psicologica» nei confronti di un capo del governo che era in grado di condizionare la carriera dei funzionari della questura. Inoltre, come sostenne per primo in parlamento l'avvocato-parlamentare Maurizio Paniz, l'allora premier Berlusconi quella notte credeva veramente che Ruby fosse la nipote di Mubarak, per cui si sarebbe preoccupato, da vero statista, solo di evitare incidenti diplomatici. Con questa ricostruzione innocentista, Berlusconi verrebbe assolto con la formula che «il fatto (c'è ma) non costituisce reato».

SCONTO DI PENA  - La corte d'appello potrebbe anche scegliere una terza via intermedia: condanna confermata, ma con una riduzione di pena. In appello, in Italia, è quasi una prassi concedere qualche sconto ai colpevoli. Nel caso di Berlusconi questa possibilità è favorita anche dallo sdoppiamento del reato di concussione in due accuse diverse, previste dalla nuova legge Severino. La corte d'appello quindi potrebbe decidere che le pressioni di Berlusconi sulla questura non arrivarono alla «costrizione», ma si fermarono a una più lieve «induzione indebita» a far rilasciare Ruby. La differenza, nella seconda ricostruzione, è che i due funzionari di turno in questura nella notte di Ruby, pur consapevoli che Berlusconi stava raccontando una fandonia egiziana per interesse personale, sarebbero stati al gioco del potente, adattandosi alla sua volontà senza esservi costretti.

Se la pena finale, con la tesi dell'induzione o per altri motivi, dovesse scendere sotto i quattro anni, Berlusconi potrebbe chiedere per la seconda volta di evitare il carcere e gli arresti domiciliari attraverso la misura alternativa dell'affidamento ai servizi sociali. Ma anche in questo caso, il vero problema sarebbe la perdita dell'indulto, che farebbe rivivere gli altri tre anni di carcere inflitti con sentenza definitiva per le frodi fiscali organizzate come proprietario di Mediaset.

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