Più di cento persone che hanno lavorato per la griffe nella sede americana chiedono una retribuzione adeguata. A guidarle una ragazza di 25 anni. Mentre l'azienda preferisce non commentare

Si chiama Stephanie Figuccio. E il suo nome, per il momento, dice poco o nulla. È una ragazza di 25 anni di Long Island, Stato di New York, che sogna di emulare Erin Brockovich, la celebre paladina dell’ambiente cui prestò il volto in un film di successo Julia Roberts. Se Erin trascinò in giudizio un colosso dell’energia, costringendolo a pagare il più grande risarcimento nella storia degli Stati Uniti (333 milioni dollari ai 600 residenti di Hinkley), Stephanie ha lanciato il suo guanto di sfida a un gigante della moda come Giorgio Armani.

È infatti la capofila di una class action promossa da più di cento persone che negli anni scorsi sarebbero stati erroneamente classificati come stagisti non pagati invece che come dipendenti della sede newyorkese di Armani. Secondo l’atto di citazione depositato presso la Corte suprema di Manhattan, avrebbero dovuto invece essere retribuiti almeno con un salario minimo.

La Figuccio - che nell’estate del 2009 lavorò per circa 20 ore settimanali, da giugno ad agosto, presso il quartier generale di Armani a New York - ha chiesto ai giudici, oltre ai salari non ricevuti, anche il risarcimento dei cosiddetti “danni punitivi” sia per sé che per gli altri.

Interpellata a riguardo da “L’Espresso”, l’azienda ha risposto con un asciutto «No comment».