La procura di Brindisi ha aperto un fascicolo contro ignoti. Per gli investigatori il magistrato, che si occupò del caso Unipol, sarebbe vittima di persone che vorrebbero costringerla a vendere la casa in Puglia


C'è una masseria a Francavilla Fontana, in provincia di Brindisi, che fa gola a molti. Ma la proprietaria non ha intenzione di indietreggiare, perché quel fondo agricolo ha un valore affettivo che nessuna offerta economica, per quanto vantaggiosa, è in grado di superare.

La proprietaria ha un nome noto. Si chiama Clementina Forleo. Già, il giudice che ha diviso l'opinione pubblica italiana in pro e contro. Il magistrato che ha avuto tra le mani uno dei fascicoli più caldi degli ultimi dieci anni, quello sulla scalata Unipol e sui presunti complici politici della “Opa” di sinistra. Fu lei a chiedere al Parlamento di poter utilizzare le telefonate tra alcuni indagati e gli esponenti di primo piano dei Ds, tra i quali Massimo D'Alema e Nicola La Torre. Un'inchiesta che procurò a Forleo non pochi guai professionali: contro di lei il Csm aprì un procedimento disciplinare e dispose il trasferimento a Cremona.

Qualche anno dopo però il Tar e poi il Consiglio di Stato le diedero ragione e i coleghi di palazzo dei Marescialli dovettero reintegrarla nell'ufficio gip di Milano. Ora ricopre lo stesso incarico al tribunale di Roma. In quegli anni però Forleo stava combattendo una battaglia silenziosa contro un nemico a lei noto, ma che invece è sconosciuto agli investigatori che hanno ricevuto le sue denunce. In questo caso il suo lavoro non c'entra. I fatti risalgono al 2011.

La sua masseria in Puglia viene incendiata. Non è la prima volta. Già sei anni prima un incendio doloso aveva distrutto la struttura che in quel periodo era abitata dai genitori del giudice. Gli autori dell'incendio della tenuta Viscigli a Francavilla Fontana, nel Brindisino, sono rimasti però ignoti. La denuncia infatti non portò a nulla.

Nel frattempo, tra i due roghi, succedono molte cose nella vita del magistrato. Scoppia la bufera mediatica che la travolge e i genitori perdono la vita in un incidente stradale. Una scomparsa improvvisa che la porta a cedere in affitto la masseria. Stipula un contratto con un imprenditore già titolare di un'azienda agricola bene avviata.

A questo punto però ricominciano i guai per la conquista del podere. Che si trova in un'area dove domina indisturbata la Sacra corona unita, l'organizzazione mafiosa che si muove tra il Salento, Brindisi e Taranto. Trascorso qualche mese lo stesso imprenditore ha confidato a Forleo alcune perplessità: sosteneva che c'erano persone interessate alla proprietà Viscigli e che queste insistevano perché se ne andasse. Il giudice ha tentato di capire chi fossero questi personaggi senza grandi risultati.

«I primi di gennaio 2011 lo vidi molto spaventato e mi rappresentò la volontà di voler risolvere il rapporto», ha raccontato il magistrato agli investigatori durante uno degli interrogatori. Non solo, secondo Forleo l'imprenditore avrebbe anche detto che non voleva fare i nomi perché aveva i figli da proteggere.

A tre giorni di distanza da quelle confidenze, nella notte fra 5 e il 6 gennaio 2011, venne appiccato un grosso incendio prima presso l'azienda dell'imprenditore e poi in quella del giudice che in quel periodo viveva sotto scorta. Un rogo appiccato nonostante il luogo fosse considerato sensibile proprio perché il giudice era persona esposta a rischio e per questo vigilato. Così il giudice decide di denunciare nuovamente. Viene aperto un fascicolo a carico di ignoti dalla procura di Brindisi. Non solo, a questo punto vengono fuori i primi nomi dei possibili autori.

A farli è l'imprenditore che gestiva la masseria dei Forleo. Nei verbali indica nome e cognome di un altro imprenditore agricolo proveniente dal vicino paese di Manduria, provincia di Taranto, con precedenti penali. Quei sospetti che non voleva riferire al giudice li mette nero su bianco davanti ai Carabinieri di Francavilla. Scattano così le intercettazioni che però non porteranno a niente. Anche se nel decreto di archiviazione dell'indagine c'è una nota dei militari dell'Arma in cui segnalano alla procura l'esistenza di altri telefoni in uso al sospettato. Numeri però che non verranno mai messi sotto controllo.

Capita l'antifona l'imprenditore in affitto lascia la masserie e rescinde il contratto. Al suo posto subentra una coppia. Marito e moglie che prendono in gestione la fattoria.

Caso chiuso? Per niente. Arriva il 2014. Clementina Forleo cambia strategia di fronte alle nuove pressioni da lei denunciate. E incarica un nuovo legale: Fabio Anselmo, noto penalista che ha seguito i casi del giovane Federico Aldrovandi e di Stefano Cucchi.

Nel 2014 il giudice annota diversi episodi strani. Le nuove pressioni subite, Forleo le racconta ai carabinieri. Telefonate, richieste di appuntamenti, persone che tramite conoscenti volevano incontrarla. Il motivo era sempre lo stesso: la masseria. Lei declina ogni invito. Poi il 22 aprile scorso ha ricevuto una telefonata da un tale che si chiama Pasquale Pesare. La cercava per parlare della masseria «in quanto l'affittuario se ne doveva andare» si legge nel verbale in mano alla procura.

Pesare è lo stesso, stando alle dichiarazioni del giudice fatte agli investigatori, che poco tempo prima si era presentato presso la sua abitazione a Francavilla per proporle l'affare: l'amico che avrebbe dovuto gestire l'azienda era un certo «Pedone» di Manduria, titolare di altra azienda agricola destinata all'allevamento del bestiame. E quest'ultimo cognome fa rivivere a Forleo un flashback.

Quel cognome infatti è lo stesso che tre anni prima il vecchio gestore della masseria ha indicato come possibile autore o mandante del doppio incendio. È lo stesso personaggio che la procura metterà sotto intercettazione. È la stessa persona la cui posizione verrà archiviata perché gli inquirenti non avevano trovato riscontri di un suo possibile coinvolgimento. È lui quello con «gravi precedenti» indicato nel verbale di sommarie informazioni inserito nel fascicolo.

Nell'informativa finale dei Carabinieri i militari però ammettono l'esistenza di più schede utilizzate da Pedone:«C'è da dire, comunque, che Pietro Pasquale Pedone possedeva più utenze telefoniche e ciò emergeva palesemente nel corso della attività tecnica effettuata a suo carico». Ma le indagini non furono estese anche a tutte le altre utenze.

Per questa «lacuna investigativa» segnalata nella memoria presentata dal legale precedente di Forleo e per le ripetute richieste di incontro fatte da Pesare per conto di Pedone negli ultimi mesi, il giudice ha chiesto la riapertura dell'inchiesta sugli incendi alla masseria.

Attualmente quindi c'è un fascicolo contro ignoti aperto dalla procura di Brindisi. La battaglia di Clementina Forleo è ricominciata. E questa volta è ancora più determinata. Tanto che il nuovo avvocato Anselmo, che ha già avuto un incontro con il procuratore aggiunto della procura brindisina, è pronto con una memoria e sta valutando se presentare una richiesta di avocazione, nel caso intuisse che la strada intrapresa dai pm è ancora una volta quella dell'archiviazione senza aver fatto ulteriori accertamenti come richiesto dal legale del giudice Forleo.

Insomma, il giallo nella terra della Sacra Corona continua. E la trama si infittisce.