Una legge regionale per prevenire l’escalation di violenza e attentati dopo la mattanza di Parigi. Dietro il bisogno di sicurezza la semplice e sbagliata equazione “moschea uguale terrorismo”. Nonostante la bocciatura del Governo, il presidente lombardo Roberto Maroni rilancia: «Ho scritto una lettera al presidente del Consiglio per chiedergli alla luce dei tragici fatti di Parigi e della decisione annunciata dal primo ministro francese di chiudere le moschee ritenute a rischio di infiltrazioni terroristiche, di bloccare la decisione assunta dal governo italiano di impugnare davanti alla Corte Costituzionale la legge regionale lombarda».
Dal globale al locale. Il colonnello leghista chiede a Roma di intervenire per ritirare la richiesta di incostituzionalità avanzata contro la norma voluta fortemente dai leghisti lombardi che con una leggina varata lo scorso gennaio impone rigide regole, precisi vincoli e attente norme di controllo per poter ottenere i permessi di edificare nuovi luoghi di culto. Dietro si nasconde dell’altro: negare la libertà di culto ai musulmani italiani per garantire più sicurezza. Perché tra le righe si impedisce del tutto la possibilità di edificare moschee, visto che si impone come prerequisito per i rappresentanti religiosi un accordo sottoscritto con lo Stato, e le comunità musulmane non lo hanno mai fatto.
La legge impone di realizzare più parcheggi o di presentare la valutazione ambientale strategica e quindi non ha niente a che fare con la lotta al terrorismo che si fa con l’intelligence e non con i tecnici dell’urbanistica.
Ideata dal centrodestra ben prima degli attentati alla redazione parigina di Charlie Hebdo, con lo scopo di contrastare le politiche del Comune di Milano (saldamente in mano al centrosinitra) che un anno fa ha pubblicato un bando per assegnare tre aree da destinare a luoghi di culto, moschee comprese. A gennaio con il partodella legge si scopre che le moschee sono escluse a priori e i paletti di carattere urbanistico infilati nella norma finiscono per colpire i fedeli di altri credo, come protestanti, buddisti, ebrei.
I loro nuovi edifici di culto, tra le altre cose, dovranno essere dotati di telecamere collegate con le forze dell’ordine, dovranno essere congrui architettonicamente “con le caratteristiche generali e peculiari del paesaggio lombardo”, dovranno avere accanto parcheggi che abbiano una superficie almeno doppia di quella del luogo di culto stesso, mentre i comuni avranno l’obbligo di procedere a una valutazione ambientale strategica del progetto.
Maroni ci aveva provato anche la scorsa estate dopo gli attacchi alla spiaggia tunisina di Sousse rilanciando il giro di vite: «Chiudere le moschee. Lo ha fatto la Tunisia, paese che non può essere certo accusato di essere contro l'Islam, ed è una strada che dobbiamo considerare e anche seguire». Oggi ignorando la realtà si chiede di farle diventare la legge diventare un modello nazionale ed estenderla ad altre regioni.
Troppo per la minoranza al parlamentino lombardo. «La legge di Maroni non fa nulla contro i fondamentalisti. Imporre di realizzare più parcheggi o di presentare la valutazione ambientale strategica può fermare le persone perbene, non certo gli invasati disposti a tutto, e confondere i primi con i secondi è un errore dalle conseguenze terribili. Maroni cerca apposta lo scontro con il Governo in un momento in cui dovremmo essere tutti uniti contro l’orrore. È un comportamento che si qualifica da sé», spiega il capogruppo democratico Enrico Brambilla.
Ancora più tranchant Lucia Castellano di Patto Civico: «Approfittare della tragedia di Parigi per soffiare sul fuoco dell’odio generalizzato anti immigrati è davvero inqualificabile. Si ignora una verità semplice: luoghi di culto informali, improvvisati in garage e cantine sono più opachi di una moschea riconosciuta. Certo il caos è funzionale alla propaganda leghista. In Lombardia vivono 450 mila musulmani che hanno diritto a spazi dignitosi dove esercitare la propria fede. Altro che stop all’impugnativa: la legge anti-moschee viola principi fondamentali di libertà sanciti dalla Costituzione e va cancellata».