Cosa hanno in comune uno studentato, una superstrada e un centro sportivo di Reggio Calabria? Sono tutti costruiti su alvei dei torrenti. È scritto in una relazione di qualche anno fa. Era il 2009, giunta di centrodestra guidata da Giuseppe Scopelliti, e la commissione comunale d'inchiesta aveva lanciato l'allarme. Anzi, l'aveva scritto nero su bianco. Ma a distanza di 6 anni, infatti, quasi nulla è cambiato: il cemento ha continuato a proliferare un po' a caso. E se la pioggia che ha sommerso la Locride avesse sfiorato la città, il bilancio probabilmente sarebbe stato molto più pesante.
Reggio, secondo la commissione d'inchiesta, sarebbe stata edificata in maniera abusiva o, ancor peggio, legalizzando l’illegalità. Non “semplicemente” attraverso i condoni, il cui ricorso è comunque ampiamente documentato: strutture pubbliche e private sarebbero sorte con tutte le carte in regola, rilasciate dagli enti predisposti, in barba, però, a qualsiasi norma antisismica o a qualsiasi vincolo idrogeologico, paesaggistico, ferroviario, stradale e aeroportuale.
L'esempio più eclatante? La casa dello studente della Facoltà di architettura, realizzata, legalmente «nell'alveo della fiumara». Un particolare inquietante che, secondo i membri della commissione d'inchiesta presieduta da Nuccio Barillà (Legambiente), potrebbe essere spiegato attraverso le delucidazioni fornite dall'Ordine dei geologi: «soltanto i geologi iscritti all’Albo professionale hanno la competenza esclusiva ad eseguire, timbrare e firmare relazioni geologiche.
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Invece, nei fatti, avviene di tutto. Si va dall’utilizzo di perizie geologiche redatte in precedenza per altri siti, alla presentazione di vecchie relazioni riferite magari all’area limitrofa, con leggi differenti e con opere differenti, fino alla presentazione di perizie geologiche firmate da professionisti non aventi titolo o addirittura contraffatte». Parole che ben si sposano con quanto riscontrato dalla Commissione stessa: «Non solo viene denunciata l’esclusione sistematica dei geologi dagli avvisi pubblici per le opere relative al piano triennale ma, addirittura, ci sarebbe, da parte degli uffici tecnici comunali, il ricorso all’affidamento della prestazione geologica per mezzo di subappalto, per il tramite del cosiddetto progettista. Ciò è tassativamente vietato dalla legge».
E così, dai rilevamenti aerei, balza alla vista tutta la volumetria realizzata fuori dal piano regolatore. Viene fuori una città ufficialmente inesistente. Che però spesso chiede di essere messa in regola. Per demolire un edificio abusivo, infatti, «si va dai 4 ai 9, 12, 23, 25 mesi tra la richiesta di sopralluogo e il sequestro, o tra la richiesta di sopralluogo e le notizie di reato alla procura. Il tempo dilazionato, che intercorre tra la data del sopralluogo e quello dell’effettiva trasmissione, favorisce attività di sanatoria o richieste di varianti in corso d’opera».
Reggio, infatti, ha il record nazionale di ordinanze di demolizione non eseguite. Nel 2012, su 3mila abbattimenti disposti dall'autorità giudiziaria, neanche uno è stata portato a termine, secondo i dati del rapporto “Abbatti l'abuso” di Legambiente. Persino la struttura che ospita la Direzione investigativa antimafia, costruita a due passi dalla spiaggia, nasce come un abuso che il Comune avrebbe dovuto radere al suolo e che invece, per motivi di «prevalente interesse pubblico» è rimasto al suo posto. Del resto, secondo uno studio commissionato dalla Regione Calabria, lungo la costa è accertato un abuso ogni 100 metri, oltre 5mila in tutta la regione e più di 2mila nella sola provincia di Reggio.
E quando piove «si vede benissimo la mano dell’uomo», recita il rapporto Ecomafie di Legambiente. «Cosa c’è che non va? C’è stata un’urbanizzazione disordinata e abusiva, soprattutto negli anni Settanta e Ottanta. Sono stati costruiti edifici anche in aree esondabili». Anche una discarica e il futuro Palazzo di Giustizia sorgono a pochi passi dalle fiumare. «Alcuni corsi d’acqua e reti di drenaggio naturali sono stati occlusi e utilizzati come strade, con il risultato che quando piove l’acqua non trova più i suoi canali naturali ma scivola su cemento e asfalto, o addirittura sotto di essi, prendendo velocità.L’equilibrio idrogeologico del territorio è stato rotto, violentato».
E ciò che è accaduto in queste ore alla Statale 106, per Legambiente in futuro potrebbe succedere in alcuni tratti della Salerno-Reggio. «Solo per miracolo quando piove l’acqua non cade sull’autostrada Salerno-Reggio Calabria che scorre sotto la fiumara», denuncia ancora Legambiente. «Proprio così, l’autostrada A3, già famosa per i suoi interminabili cantieri, potrebbe essere invasa da acqua, fango e detriti. Ma non solo: anche lavatrici, lavandini, carcasse d’auto e tutto ciò che si trova nelle numerose discariche abusive della zona».
E anche praticare sport, a Reggio Calabria, potrebbe essere rischioso. Perché persino i campi di allenamento della Reggina Calcio (società che ha militano per nove anni in serie A) sorgono sull'alveo di un torrente e a pochi passi dalla pista dell'aeroporto. Anche in questo caso, un abuso condonato. A Reggio tutto è concesso.