Inchiesta sui contratti petroliferi in Africa: la Corte inglese ha confermato il sequestro di 84 milioni di dollari chiesto dalla Procura di Milano che, nel 2014, ha iscritto nel registro degli indagati anche l'attuale numero uno Claudio Descalzi. Ma l'Ente respinge le accuse

Il pm Fabio De Pasquale accusa il colosso petrolifero di Stato di aver versato tangenti per centinaia di milioni per ottenere una gigantesca concessione petrolifera, chiamata Opl 245 nei fondali marini al largo della Nigeria.
L'inchiesta, in corso da mesi, aveva portato al sequestro di circa 200 milioni di dollari, come presunto profitto della corruzione, che erano ancora depositati in Svizzera e in Inghilterra. Le autorità svizzere avevano già respinto la richiesta di dissequestrare le somme bloccate dai magistrati italiani. Ora anche la Corte di Londra ha bocciato la richiesta di annullare il sequestro degli 84 milioni di dollari custoditi in banche inglesi.

Per il giacimento Opl245 l'Eni ha versato oltre un miliardo di dollari al governo nigeriano in carica fino all'anno scorso. L'intera somma è stata subito girata in gran parte su una serie di conti off shore che secondo l'accusa sono in gran parte riconducibili all'ex presidente nigeriano Goodluck Jonathan

I giudici inglesi, nella breve motivazione dell'attesissimo verdetto pronunciato oggi, chiariscono di non essere competenti a valutare il reato di corruzione, giudizio che spetterà alle autorità italiane, ma riconoscono che la Procura di Milano ha fornito molti gravi indizi sulla effettiva sussistenza di una "enorme corruzione che coinvolge il governo nigeriano in carica dal 2011 fino al 2015".

Il verdetto cita espressamente le intercettazioni in cui il faccendiere italiano Luigi Bisignani e l'ex presidente dell'Eni Paolo Scaroni parlavano di un personaggio politico identificato con il soprannome di "Fortunato": secondo i giudici inglesi si tratta di un "riferimento nemmeno troppo sottile" all'ex presidente nigeriano Goodluck Jonathan. Per la presunta corruzione in Nigeria nel 2014 i magistrati milanesi hanno iscritto nel registro degli indagati anche l'attuale numero uno dell'Eni Claudio Descalzi.

L'inchiesta sulla corruzione per il petrolio in Nigeria è stata al centro in questi giorni di un acceso botta e risposta online tra la redazione di Report e i vertici dell'Eni. Grande soddisfazione per la decisione di Londra è stata espressa dalle Ong Re:Common e Global Witness, le due associazioni internazionali anticorruzione che avevano denunciato lo scandalo.

Interpellata dall'Espresso Eni ha dichiarato di non essere parte nel procedimento inglese in questione: "Difficile pertanto che possa essere una decisione “'contro Eni' come qualcuno vorrebbe far pensare".

In merito alla sentenza della Southwark Crown Court di Londra, "ricordiamo per l’ennesima volta che Eni e Shell nel 2011 hanno sottoscritto accordi unicamente con il Governo Federale Nigeriano ed hanno versato il corrispettivo per una nuova licenza per il blocco OPL 245, libera da qualsiasi onere e disputa, su un conto intestato al Governo Federale Nigeriano. Eni e Shell sono totalmente estranee ai flussi finanziari successivi alla corresponsione del pagamento fatto al Governo nigeriano in cambio del rilascio della licenza OPL245".

Il colosso petrolifero ha quindi precisato che "per poter rilasciare tale nuova licenza a Eni e Shell e permettere finalmente lo sviluppo del blocco fermo da oltre un decennio, il Governo nigeriano ha definito i contenziosi internazionali con Shell e Malabu ed ha cancellato la precedente licenza per il blocco OPL 245 rilasciata alla Malabu. A fronte della cancellazione della vecchia licenza e la definizione dei contenziosi relativi il governo nigeriano ha versato fondi alla Malabu".

In merito al procedimento inglese di cui alla sentenza di oggi, Eni precisa di non voler "entrare nel merito di un procedimento di cui non è stata parte". Eni ricorda invece "che in precedenza un giudizio civile davanti alle Corti Inglesi tra soggetti terzi in relazione alla transazione OPL 245, aveva riconosciuto che Energy Venture Partner era il consulente rappresentante di Malabu per l’operazione di vendita, ed aveva escluso che vi possa essere stato un comportamento di tipo fraudolento da parte di managers Eni definendo le asserzioni al riguardo come implausibili e artificiosi".

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