La bioeticista Chiara Lalli affronta il tema dell'identità di genere e dei gruppi che sostengono la rigida distinzione fra i sessi. Lo fa con un libro con la post-fazione di Paul B. Preciado

Chi difende i diritti dei bambini? Chi pensa veramente a loro? Le sentinelle in piedi, i movimenti "per la famiglia", chi parla di una "mamma e un papà per tutti"? O chi propone invece di aprire un po' la testa sulle questioni di genere, di dare libertà all'anima, più che al corpo, di dare spazio ai sentimenti e al pensiero, più che alla norma sociale della coppia eterosessuale, dell'uomo "creato per fare certe cose" e la donna "altre"?

Chiara Lalli è una bioeticista che osserva le polemiche sulla presunta "ideologia del gender", portata come vessillo per attaccare sempre la scuola, le famiglie, le coppie omosex, le leggi o la scienza quando queste osano mettere in discussione il ruolo "naturale" che spetterebbe al sesso, ai geni e agli organi riproduttivi di stabilire chi siamo e saremo.

Ora, raccogliendo materiali e casi che partono dagli anni '90 all'aggressività dei giorni nostri, e che attraversano lo sport, l'educazione, la genetica, i media, Chiara Lalli ha pubblicato per "Fandango Ebook" un piccolo, prezioso, libricino-pamphlet: "New gen(d)eration, orgoglio e pregiudizio di genere".

copertina-1-jpg
Nell'ebook (1,99 euro) racconta limiti e scivoloni in cui inciampa, a guardarla bene, la struttura ideologica del "non si può mettere in discussione ciò che è maschile da ciò che è femminile". Racconta della difficoltà ad esempio a stabilire chi è donna sul campo sportivo: basta giudicare dai testosteroni? Da un ormone? Non è semplice, neanche per la scienza, delimitare in modo netto ciò che appartiene al "rosa" e ciò che è "azzurro".

Lo stesso granitico schema del X o Y nel Dna, potrebbe essere un po' più forzato di quanto non si creda. E così a cascata tutte le altre pretese "naturalità" che vengono portate sull'altare del diritto per impedire nelle classi la discussione sul "genere" come costruzione anche sociale, e non solo fisiologica, diversa dal sesso.

È un libro diretto, certamente "di parte" (si può non esserlo nel campo dell'etica?), certamente un buon vademecum per capire contorni e conseguenze della discussione in corso. «Il bambino-da-proteggere (delle sentinelle in piedi) è l’effetto di un temibile dispositivo pedagogico, il luogo di proiezione di tutti i fantasmi, l’alibi che consente all’adulto di naturalizzare la norma», scrive Paul B. Preciado nella post fazione: «La norma fa la ronda intorno a corpi teneri».

Scrive, Preciado, riportando la sua stessa esperienza. E risponde così alla domanda posta da lui, e da Chiara Lalli, nel libro: «Concedetemi il diritto di replica a nome della bambina governata che sono stata; consentitemi di difendere un’altra forma di governo dei bambini che non sono come gli altri [...]», scrive: «Io sono nato nella Spagna franchista e cresciuto in una famiglia eterosessuale cattolica di destra. [...] Ho avuto un padre e una madre. Hanno assolto scrupolosamente la funzione di garanti domestici dell’ordine eterosessuale […] Quel che proteggevano mio padre e mia madre non erano i miei diritti di bambino, ma le norme sessuali e di genere che erano state inculcate loro nel dolore da un sistema educativo e sociale che puniva ogni forma di dissidenza con la minaccia, l’intimidazione, il castigo e la morte. Avevo un padre e una madre, ma nessuno dei due riuscì a proteggere il mio diritto alla libera autodeterminazione di genere e sessualità. […] L’ideologia della differenza sessuale e dell’eterosessualità normativa me li ha confiscati». Fino alla legge Zapatero e al riconoscimento delle coppie omosessuali, sostenuto - alla fine di un lungo, difficile, percorso - anche dagli stessi, dicendole: «"anche noi abbiamo il diritto di essere i tuoi genitori"».

LEGGI ANCHE

L'E COMMUNITY

Entra nella nostra community Whatsapp

L'edicola

Siamo tutti complici - Cosa c'è nel nuovo numero dell'Espresso