Il bomber della nazionale campione del mondo nel 2006 è tra le 140 persone che dovranno affrontare il dibattimento. Insieme a lui, boss, gregari, politici e imprenditori. Il 23 marzo la prima udienza pubblica a Reggio Emilia

Ore 12.40. Nell'aula bunker, allestita alla fiera di Bologna per il processo alla 'ndrangheta emiliana, cala il silenzio. I giudici rientrano dopo alcune ore di camera di consiglio. Passa qualche minuto e leggono il dispositivo: rinviati a giudizio i 140 imputati.

Si è conclusa con questa sentenza la lunghissima fase preliminare del processo Aemilia contro la cosca al cui vertice c'è il boss Nicolino Grande Aracri. Il dibattimento inizierà il 23 marzo prossimo al tribunale di Reggio Emilia, la provincia dove la cosca ha messo radici. Ai 140 che dovranno difendersi davanti ai giudici, si devono aggiungere gli 80 che hanno scelto il rito abbreviato, che prevede uno sconto di un terzo delle pena, e che inizierà a Bologna l'11 gennaio. In tutto, quindi, oltre 200 imputati per quello che sarà il maxi processo più importante, per numero di persone coinvolte, mai celebrato fuori dalla Calabria.

Alla sbarra dunque ci saranno fianco a fianco, padrini, gregari, colletti bianchi, imprenditori, politici ,professionisti e un giornalista. Una trasversalità emersa nel corso delle indagini e che è il pilastro dell'ipotesi accusatoria della procura antimafia di Bologna che si è avvalsa dei nuclei investigativi dei carabinieri di Modena, Reggio Emilia, Fiorenzuola D'Arda e Parma.

Anche l'ex calciatore della Nazionale campione del mondo nel 2006, Vincenzo Iaquinta, è tra i rinviati a giudizio. L'ex attaccante della Juventus risponde della violazione di reati di armi, con l'aggravante di aver agito al fine di agevolare l'associazione di tipo mafioso. Al padre Giuseppe, imprenditore, è contestata la partecipazione nell'associazione.

Nel frattempo è stata risolta la questione della sede dove si terrà il dibattimento. Inizialmente era stato deciso di spostare a Firenze il processo per motivi di spazio: le aule di Reggio Emilia non sarebbero state adatte a ospitare tutti gli imputati. Secondo il ministero non c'erano le condizioni per garantire la sicurezza. Il dibattito ha tenuto banco per diverse settimane. La società civile e il presidente del tribunale di Reggio hanno chiesto al governo e agli organi competenti che il processo si svolgesse in città. Questione risolta dunque. Ma che ha messo comunque in evidenza quanto il territorio e le strutture siano spesso inadeguate per affrontare l'impero di uomini e patrimonio della 'ndrangheta che parla emiliano.

A questo si deve aggiungere il poco interesse nazionale per questo evento: il Viminale avrebbe comunicato al prefetto che non vi sarà una dotazione ad hoc di uomini e mezzi durante l'effettuazione del maxiprocesso.

Strano Paese il nostro, dove l'imponente spiegamento di forze per arginare gli ultras violenti non provoca nessuna preoccupazione, mentre per processare in piena sicurezza la mafia più potente dei giorni nostri tutto diventa più complicato.

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