L'Opa lanciata dal gruppo Mediaset su Rai Way darebbe alla televisione pubblica una quota di minoranza nella nuova società delle torri di trasmissione. Ma se proprio un matrimonio serve, perché non farlo alla pari?

Il diavolo, come spesso accade, sta nei dettagli. Mediaset e la sua controllata EI Towers si sforzano di dare una visione strategica dell'Opa appena lanciata su Rai Way, la società che trasmette il segnale della televisione pubblica, che del gruppo di Silvio Berlusconi è uno dei maggiori concorrenti.

L'operazione viene presentata come una mossa che serve a entrambe le aziende, poiché «consentirà di porre rimedio all'attuale situazione di inefficiente moltiplicazione infrastrutturale dovuta alla presenza di due grandi operatori sul territorio nazionale, ponendo così l'Italia a livello dei principali Paesi europei industrializzati», sostiene il comunicato con cui l'Opa viene annunciata. L'intenzione evidente è quella di anticipare la più ovvia delle obiezioni, cioè il fatto che Mediaset si ritroverebbe a controllare un'infrastruttura necessaria per la sopravvivenza della Rai: per questo EI Towers assicura che «continuerà a garantire l'accesso alle infrastrutture a tutti gli operatori radiotelevisivi, in modo indipendente, secondo termini trasparenti e non discriminatori».

Ammesso che i contratti stipulati fra le due parti possano davvero garantire la par condicio di trattamento, è però possibile fare un'osservazione che smonta queste motivazioni. Se l'obiettivo di Mediaset e di EI Towers fosse davvero quello di mettere insieme le strutture, rendendole più avanzate e disponibili per tutti, ci sarebbe un modo molto più semplice di procedere all'integrazione fra le due aziende: un matrimonio davvero alla pari, in cui le azioni di Rai Way vengono scambiate con nuove azioni di EI Towers. Facendo dei calcoli un po' a spanne, basati semplicemente sui valori segnati dai rispettivi titoli in Borsa pre Opa, il risultato sarebbe questo: nella nuova società la holding Rai sarebbe la prima azionista, e Mediaset la seconda.
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In quote percentuali: Rai avrebbe della nuova EI Towers-Rai Way il 28 per cento circa, Mediaset soltanto il 22 per cento circa. Questo perché, anche se Rai Way era in termini di capitalizzazione di Borsa un po' più piccola di EI Towers (1.006 milioni contro 1.292), la Rai possiede della sua controllata una fetta molto più grande di quella detenuta invece da Mediaset in EI Towers (il 65 per cento contro il 40 per cento). Un matrimonio davvero alla pari, peraltro, sarebbe politicamente forse più digeribile di quello che si prefigura con l'Opa appena annunciata, che prevede l'acquisto delle azioni Rai Way in gran parte in contanti e solo in misura inferiore in nuove azioni EI Towers. E che, se andasse in porto, assegnerebbe a Mediaset il ruolo di azionista principale, mentre alla Rai resterebbe soltanto una quota di minoranza (il 15 per cento).

Il senso di tutto questo è uno solo: Mediaset e Berlusconi vogliono comandare, e tenersi ben stretto il controllo della nuova creatura. Ma c'è un altro fattore. Proprio in vista della quotazione in Borsa di Rai Way, avvenuta lo scorso novembre, la capogruppo Rai aveva sensibilmente migliorato il contratto di servizio che la lega alla controllata che gestisce le torri di trasmissione. A partire dal primo gennaio 2015 la capogruppo paga una base di 175 milioni di euro l'anno, cifra che dal 2016 verrà aggiornata in base a parametri Istat. Si tratta di una cifra che raddoppia quella precedente (82 milioni) e che farà lievitare sensibilmente i ricavi di Rai Way. L'impatto complessivo sul bilancio della società è molto forte: stando ai dati pro-forma calcolati per il prospetto del recente collocamento in Borsa, con il nuovo contratto nel 2013 Rai Way avrebbe raggiunto un giro d'affari di 208 milioni di euro, invece dei 118 milioni che ha effettivamente conseguito. Un balzo che, peraltro, riduce in misura sostanziale la differenza fra Rai Way e EI Towers in termini di dimensioni, che nel 2013 ha registrato ricavi per 213 milioni di euro.
Tv
Silvio Berlusconi lancia un'Opa su Rai Way
25/2/2015

Sostiene il deputato del Pd e segretario della Commissione di Vigilanza della Rai, Michele Anzaldi, che l'offerta di Mediaset è «poco comprensibile», visto che la quotazione in Borsa di Rai Way era vincolata al fatto che la holding Rai mantenesse una quota nella società pari ad almeno il 51 per cento. «Così come la vicenda si sta raffigurando in queste ore, si rischia solo di creare confusione o, peggio, di incorrere nel rischio di qualche illecito», osserva Anzaldi. Che cosa dirà il governo di Matteo Renzi, si vedrà. Ma bastano i ragionamenti fatti per ritenere che il cda della Rai avrebbe delle valide ragioni per dire no all'offerta di Berlusconi. O al limite di rilanciare, proponendo un vero matrimonio alla pari.