E' la storia di Bruno Binasco, uscito da Tangentopoli con la fedina penale pulita grazie ad assoluzioni e prescrizioni ed oggi in mezzo al caso delle mazzette delle autostrade lombarde. Ma che ad Alessandria politici e imprenditori premiano con una nomina in una controllata
Corsi e ricorsi storici, in un paese che sembra incapace di smarcarsi dai suoi difetti. Perché è difficile non rimanere stupiti di fronte alla nomina di
Bruno Binasco al vertice di una fondazione pubblica piemontese.
Durante Mani Pulite Binasco ha fatto avanti e indietro da San Vittore. Era lui l'uomo che per conto del potente imprenditore delle autostrade
Marcellino Gavio gestiva i rapporti con la politica, quegli leciti e quelli meno: in un solo anno è stato arrestato sei volte. Tra l'altro, descrisse al pool la consegna di un miliardo di lire a Primo Greganti, il celebre Compagno G tornato sulla scena per le mazzette dell'
Expo. Ma Binasco da
Tangentopoli è uscito con la fedina penale immacolata: tra assoluzioni e prescrizioni, se l'è cavata con un'unica condanna definitiva. Per la quale è stato formalmente riabilitato, grazie alla procedura di legge.
Non è che le sue frequentazioni con i tribunali appartengano al passato. Ora è sotto processo per
corruzione a Monza, per quello scandalo di bustarelle, appalti ed autostrade che ha travolto il leader lombardo del Pd
Filippo Penati.
E nello stralcio torinese di quella vicenda, nell'ottobre 2013, è stato condannato in primo grado a otto mesi per appropriazione indebita: per i giudici avrebbe prelevato soldi da società dei Gavio per versare una liquidazione in nero a Giorgio Ardito, ex politico Pd ed ex dirigente della Sitaf, che gestisce l’autostrada Torino-Bardonecchia. «Abbiamo fatto appello e siamo in attesa del processo, abbiamo fiducia», afferma l’avvocato Umberto Giardini che lo difende insieme al collega Alessandro Mazza.
Vicende sulle quali in tanti ad Alessandria hanno preferito chiudere gli occhi. Perché i rappresentanti di enti locali, camere del commercio e della fondazione della Cassa di risparmio cittadina lo hanno scelto per il vertice della
Slala, organismo che si occupa della logistica e dei trasporti in quelle che sono le zone dei Gavio.
L’idea di nominare Binasco è emersa nel consiglio generale del 17 novembre scorso. L’ex presidente della Provincia di Genova e attuale vicepresidente della Carige
Alessandro Repetto stava lasciando la presidenza della Slala e Pier Angelo Taverna, presidente della Fondazione della Cassa di risparmio (“azionista” di peso), ha proposto l’affidamento del ruolo al manager, «figura professionale nota e di grande esperienza nel settore logistico e già in passato dirigente di importanti imprese del settore», si legge nel verbale. Nessuno dei consiglieri ha sollevato rilievi particolari. Tuttalpiù qualcuno ha chiesto la nomina di un presidente proveniente dagli enti locali, mentre Rocchino Muliere, sindaco Pd di Novi Ligure, ha evidenziato «che per cercare il dialogo con gli operatori privati la nomina di Bruno Binasco sarebbe certamente determinante». Non una parola sulle inchieste per corruzione del passato e sui processi in corso.
Lo ha fatto invece il consigliere comunale di Alessandria Domenico Di Filippo (
M5S) che ha chiesto al sindaco
Rita Rossa, presente a quella riunione della Slala, «quali siano stati i criteri che hanno determinato l'appoggio del Comune di Alessandria all’elezione del Presidente di Slala, nome significativo dell'imprenditoria, purtroppo anche delle cronache giudiziarie riguardanti i legami fra il mondo degli affari a quello della politica».
Rita Rossa è una veterana della politica piemontese, scena che cavalca sin dai primi anni Novanta grazie all’esperienza del padre Angelo, un esponente di punta del Psi e presidente del consiglio regionale. Lei è stata vicepresidente della provincia e infine è stata eletta sindaco con il sostegno di tutto il centrosinistra. Ma sul nome di Binasco è convinta di avere rispettato ogni norma.
«Innanzitutto è una carica non onerosa, non percepisce il gettone. È una forma di servizio al territorio - dichiara a “l’Espresso” - Poi la fondazione fa solo programmazione, non maneggia finanziamenti né media con la politica».
Rossa sostiene che siano stati rispettati requisiti «molto severi», basati su quelli delle governance bancarie, controllati dal prefetto: il presidente non deve trovarsi in situazione di decadenza e ineleggibilità, non deve essere sottoposto a misure di prevenzione o di sicurezza, e non deve avere condanne passate in giudicato o sentenze di applicazione della pena. «All’atto di presentazione ci è stato detto che questi criteri sono stati rispettati», conclude.