Nel question time alla Camera il ministro delle Infrastrutture nega di aver fatto errori e pure che il premier gli abbia chiesto di dimettersi. Proteste in Aula dei pentastellati. "Lasci prima della mozione di sfiducia", avverte la sinistra Pd

Maurizio Lupi resta là. Non ha intenzione di dimettersi. Nega anche che Renzi gli abbia chiesto di farlo e anzi, facendo leva sul silenzio tombale del premier, in Aula alla Camera assicura: “Sono tranquillo, il governo mi appoggia sicuramente”. In maniera esplicita, oggi, l’ha fatto il ministro dell’Interno e leader Ncd Angelino Alfano, completando con un “abbiamo fiducia in lui” la difesa a quadrato, del suo partito certamente, del governo non è chiaro.
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Comunque sia, il ministro delle Infrastrutture, coinvolto ma non indagato nell’inchiesta sulle Grandi Opere che ha mandato in carcere il superdirigente del suo dicastero Ercole Incalza,  ritiene “doveroso, indispensabile e urgente” – come ribadisce anche nel Question time a Montecitorio – fornire “chiarimenti puntuali e rigorosi” sulle proprie scelte come ministro, rispondendo “alle obiezioni che emergono”.

Ma solo e soltanto in Parlamento, senza trarne altre conseguenze. Insomma: poiché i magistrati non l’hanno chiamato in causa, Lupi ritiene che tutto ciò che c’è da spiegare sia sul piano politico. Parla e si comporta come un ministro pienamente in carica: “Confermo l'obiettivo del ministero di garantire una rapida ed efficiente realizzazione delle opere e garantire la massima trasparenza”, dice ad esempio durante il Question time, noncurante della protesta degli orologi agitata in Aula dai Cinque stelle.
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Nessun indizio di un prossimo abbandono traspare. Mentre Renzi continua da due giorni la consegna del silenzio, M5S e Sel presentano mozione di sfiducia e il Pd non renziano, da Fassina a Gotor, chiede che il ministro abbia la “sensibilità politica” di lasciare prima di un voto su di lui.

Mentre dalle carte dei pm emergono cene, richieste, biglietti d’aereo, Lupi resta saldo sulle sue posizioni.  Del resto nega pure di aver fatto errori. “Non ho fatto nessun gesto sbagliato o irresponsabile - sostiene a Milano, all'apertura di Made Expo - Se fosse dimostrato il contrario ne prenderò atto e chiederò scusa a tutti”. C’è nelle sue parole una linea argomentativa unica, curiosissima, quasi paradossale. Ribadisce per esempio il ministro che non ha “mai fatto pressioni per chiedere l’assunzione di mio figlio”, proprio quando lo smentiscono non solo i giornali, ma pure le parole dei magistrati.

Ma Lupi, a ben guardare, intende dire una cosa un tantino più precisa: “Non potrà mai esserci un’intercettazione in cui dico “per cortesia devi assumere mio figlio”. Cioè: lui una sistemazione non l’ha chiesta esplicitamente, e dunque non l’ha chiesta. Incalza non è più dirigente del ministero “dal 31 dicembre 2014”, dunque non è. Tutti i toni di grigio tra il sì e il no, sono espunti: non valgono. Anche per quel che riguarda Renzi, vale la stessa logica: “Renzi non mi ha chiesto nessun gesto spontaneo”, chiarisce il ministro quasi derubricando a una “non richiesta”  la moral suasion indubbiamente attuata dal premier a partire da ieri.
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Insomma il dio che guida e che talvolta acceca i politici, suggerisce a Lupi questa rotta di navigazione. Quella per cui, per esempio, spiegando il “non avrei mai accettato un orologio in regalo”, il ministro non nega né spiega come mai suo figlio invece l’abbia accettato e perché lui, da padre e da ministro, abbia fatto niente per evitarlo. La famosa questione dell’“opportunità politica”, quella agitata da Renzi contro la ministra Cancellieri e il ministro Alfano nel tempo ormai passato della rottamazione.

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