«Noi non dimentichiamo» è lo slogan del «25 aprile nero». E' «l’altro 25 aprile», con le «comunità militanti identitarie e nazionaliste milanesi» che organizzano «il tradizionale omaggio alle vittime della violenza comunista», secondo gli organizzatori di Forza Nuova che richiamano tutte le sigle italiane e straniere per commemorare un «martire europeo».
Da sette anni la galassia nera si ritrova in piazzale Susa, vicino all’università Politecnico, per una parata in stile nazista cresciuta edizione dopo edizione. L’anno scorso, nonostante il divieto della Questura, hanno bloccato un intero quartiere sfilando con i tamburi, una fiaccolata tra braccia tese, croci celtiche e tricolori. Erano millecinquecento accorsi da tutto il Paese per «onorare» il loro martire. Una fede da esibire diventata una lugubre parata in stile Norimberga.
Il ricordo dei «martiri» di destra che diventano eroi sono tutti accomunati dalla stessa data, il 29 aprile: Carlo Borsani, gerarca della Rsi ucciso nel 1945, Sergio Ramelli (nel 1975) e Enrico Pedenovi (1976), consigliere provinciale del Movimento Sociale Italiano.
Quest’anno per i 40 anni della morte del giovane militante, niente corteo ma una serata «in cui si alterneranno musica, poesie, canti e parole, in un omaggio corale ai caduti per l’Onore d’Italia» secondo gli organizzatori. Fulcro delle celebrazioni la Chiesa dove si svolse il funerale (in viale Argonne) e il luogo dell’agguato. Per ovviare al divieto di sfilare, i camerati annunciano «una festa come mai si era vista a Milano».
LA CONTROMANIFESTAZIONE
Il timore sono gli scontri che si potrebbero accendere con il comitato “Milano 29 Aprile: nazisti no grazie!” che ha organizzato una contromanifestazione. Ecco la loro denuncia: «I gruppi dell’estrema destra radicale sono attivi nella propaganda contro gli immigrati e contro gli omosessuali, nella proposta di un clericalismo bigotto e reazionario, nella riproposizione dell’antisemitismo e dell’ideologia nazifascista. Sono sempre più frequenti i concerti di band che inneggiano ai gerarchi fascisti e nazisti, i convegni che tendono a rivalutare le tematiche sociali del Terzo Reich e della Repubblica di Salò, le presentazioni di libri negazionisti dell’Olocausto».
Per tutte le sigle antifasciste l’appuntamento è in piazza Tricolore, a meno di due chilometri dai nemici neri, e vicini alla lapide di Gaetano Amoroso, militante comunista assassinato in via Uberti da attivisti del Fronte della gioventù usciti nell’aprile del 1976 dalla sede del Msi poco lontana.
IL GIOVEDI' NERO E IL MARTIRE
Non sarebbe però un martire Sergio Ramelli, secondo l’osservatorio sulle nuove destre.
Nelle foto apparse il 18 aprile 1973 sul quotidiano «Lotta continua» (digitalizzato dalla Fondazione Erri De Luca) pubblicate pochi giorni dopo l’uccisione dell’agente di polizia Antonio Marino spunta il giovane. Il «giovedì nero di Milano» sfociò in una violenta dimostrazione con numerosi atti di violenza e di teppismo, con schermaglie tra forze dell'ordine e missini.
I neofascisti invasero la Casa dello Studente di Viale Romagna e danneggiarono l’istituto magistrale Virgilio di Piazza Ascoli, ritenuto un luogo legato alla sinistra milanese. E nei dintorni di Via Kramer, dalla folla partirono due bombe a mano contro i reparti della Celere.

Negli scontri c’è anche Sergio Ramelli, all’epoca quasi diciassettenne, immortalato a pochi secondi dal lancio della prima bomba, alle 18.20 in piazza Tricolore. Dietro di lui con il sacchetto bianco in mano che conteneva le bombe c’è Maurizio Murelli, arrestato a Firenze con lo stesso giaccone addosso. Nel primo lancio furono feriti un agente di pubblica sicurezza e un passante. Seguiranno altre due bombe, che colpirono al petto Antonio Marino mentre altri dodici agenti furono travolti dalle schegge.
Ramelli in quella giornata era in buona compagnia: Vittorio Loi e Maurizio Murelli, autori del lancio delle tre bombe, e si ritrovò insieme a terroristi neri del calibro di Marco Ballan di Avanguardia nazionale, Mario Di Giovanni di Ordine nero (condannato di lì a poco a Varese per detenzione di tre chilogrammi di materiale esplodente), Giancarlo Rognoni, Piero Battiston, Francesco De Min e Mauro Marzorati di Ordine nuovo (questi ultimi due condannati rispettivamente a 10 e 13 anni per la tentata strage sul treno Torino-Roma del 7 aprile 1973).
Le foto, come rivelato dallo stesso quotidiano, furono consegnate alla magistratura che stava anche indagando sulla tentata strage sul treno Torino-Roma, per la quale fu arrestato in flagrante Nico Azzi de La Fenice, la sezione milanese di Ordine nuovo. Per l’omicidio di Antonio Marino furono condannati a 19 anni Vittorio Loi e Maurizio Murelli e Nico Azzi per aver fornito le bombe ai due terroristi neri.
NEL TRIANGOLO DELL’EVERSIONE
Quarant’anni dopo quella tragica stagione, segnata da un numero sterminato di aggressioni, l’estrema destra non spara più ma continua a sedurre. Nel triangolo lombardo tra Milano, Varese e Brescia questo è un mese «caldo»: primo appuntamento a fine marzo in piazza Loggia, simbolo della città antifascista dilaniata dalla bomba del maggio 1974, il corteo per chiedere il rilascio dei permessi di soggiorno a migliaia di migranti rimasti senza lavoro viene attaccato da Forza Nuova.
Passano due settimane ed ecco che i nostalgici del Terzo Reich si ritrovano nel varesotto per festeggiare il compleanno di Hitler con un concerto nazirock dove si impastano parole e odio.
L’ultimo sfregio il 25 aprile. Nel settantesimo anniversario della resistenza in trecentocinquanta camerati (con anche i bambini) si ritrovano con il vessillo con l’aquila argentea della Repubblica sociale italiana al campo 10 del Cimitero Maggiore della metropoli, dove sono sepolti in mille tra caduti della Rsi e i volontari italiani delle Ss.
Un luogo simbolo per i neofascisti da onorare con bandiere, corone di fiori, saluto romano e commemorazioni che grondano di revisionismo.
A fare gli onori di casa i militanti di Casapound e Lealtà e Azione radunati nel «Campo dell’Onore», così ribattezzato in onore dei mille caduti della repubblica di Salò. Troppo per il presidente di Zona 8, Simone Zambelli, e la coordinatrice delle sezioni dell’Anpi locale, Antonella Barranca, che hanno presentato un esposto-denuncia alla Procura. «Le incursioni dei militanti di estrema destra ci sono state, in passato, mai però nel giorno della Liberazione. Ed è evidente che si tratta di una provocazione», spiega Zambelli.
A preoccupare è anche il fatto che le due organizzazioni che non nascondono la simpatia per il Duce e il Führer per la prima volta, «si sono presentate insieme al Campo 10», aggiunge Zambelli, tappezzandolo anche con volantini affissi agli alberi. «A nostro avviso si tratta di atti previsti e puniti dalla legge Mancino. Si è fatto uso di bandiere, loghi e simboli del ventennio fascista e di altri strumenti della propaganda nazifascista».