L'accoglienza che diventa business. Tra decreti d'urgenza e cooperative che s'ingrandiscono. Così sono finiti in parte in fumo i fondi per i migranti spesi durante il periodo del leghista al Viminale. Che ora reclama la linea dura

Oggi Roberto Maroni è il paladino della linea più dura contro i migranti. Ma è stato lui come ministro dell'Interno a creare quel sistema dell'emergenza che si è trasformato in un affare senza scrupoli. Con una spesa di quasi tre miliardi per progetti inutili o effimeri. Lo rivela un'inchiesta de “l'Espresso” in edicola venerdì 6 giugno e da oggi su Espresso+. L'eredità del ministro leghista in questo settore è fallimentare: si va dai Cie costati decine di milioni e abbandonati tra le proteste fino alla creazione del Cara di Mineo, al centro dell'inchiesta per Mafia Capitale.
Una protesta al Cara di Mineo durante l'apertura nel 2011

È il momento d'oro della Auxilium dei fratelli Chiorazzo, anche loro protagonisti dell'indagine romana, che arriva a 32 milioni di fatturato annuo, ottenendo la gestione delle strutture d'accoglienza. Ancora più rapida la crescita della trapanese Connecting People che quasi dal nulla arriva a 23 milioni di incassi, mentre il suo vicepresidente, Ettore Orazio Micalizzi, diventa consigliere nazionale di “Cgm” un consorzio di cooperative padane di area cattolica; molte delle quali oggi si offrono come modello proprio sul sito Web di Maroni.

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Domenica scorsa a Pontida il governatore lombardo ha gridato: «Vogliono dare ai Rom le case popolari? Dovranno passare sul mio corpo!». Ma sono stati proprio i 52 milioni da lui stanziati nel 2009 per “l'emergenza Rom”, poi dichiarata illegittima dal Consiglio di Stato, a finanziare alloggi a canone agevolato per alcune famiglie nomadi. Una parte di questi fondi è poi finita nelle tasche di Salvatore Buzzi e Massimo Carminati.

L'articolo integrale su l'Espresso in edicola da venerdì 26 giugno e online su Espresso+