“Dieci anni fa non esisteva nemmeno la parola ‘omogenitorialità’. Ora sì. Se ne parla tanto e i diritti non solo delle coppie omosessuali, ma anche delle famiglie nate da due uomini o da due donne, sono al centro del dibattito e la nostra esistenza non è più un tabù. Almeno dal punto di vista sociale e culturale. Certo, si tratta solo di una piccola vittoria, lungi dal bastare e che fa a pugni con un quadro legislativo che ancora non ci dà nessun diritto. Nessuno. Ci ignora, come se non esistessimo. Ed è inaccettabile”.
A parlare così è Giuseppina La Delfa, leader storica, presidente uscente e fondatrice, con altri, dell'associazione Famiglie Arcobaleno, che raccoglie circa 500 famiglie nate da coppie omosessuali. Famiglie vere, con legami veri e problemi quotidiani veri, che però come tali non sono né viste né riconosciute. Per la prima volta, a ottobre, Giuseppina non rinnoverà il suo mandato di presidente, passando, esausta dopo dieci anni, il testimone.
La Delfa, a che punto siamo nella partita diritti?
“Abbastanza indietro. Il fatto che molto sia stato fatto e molto sia cambiato dal 2005, anno in cui è nata Famiglie Arcobaleno, a oggi, non significa che la questione sia finita. Anzi. Il DDL Cirinnà, a cui non ci opponiamo, risolve solo in parte la questione. E anche se è meglio dello zero totale di oggi, certo non basta”.
Cosa vi piace e cosa no del Cirinnà?
Nella colonna ‘pro’ del Cirinnà metto senza dubbio il fatto che è il testo che più andato avanti nell’iter per l’approvazione arrivando a essere calendarizzato. Nessuno era mai andato tanto avanti. Ne siamo contenti. Poi c’è il fatto che per quello che riguarda le unioni civili, il modello che propone è molto vicino al matrimonio, almeno per obblighi, doveri e responsabilità: non è, finalmente, un accordo che si può stracciare in quatto e quattro otto, ma un’unione vera che si scioglie con un iter complesso, simile al divorzio. Va bene, ci riconosce come coppie, anche se non si chiama ancora matrimonio. Quello che non funziona è invece tutta la parte che riguarda la stepchild adoption e che tra l’altro è lo snodo più delicato.
Spieghi meglio: cosa non va?
I problemi in merito sono due: il primo, riguarda gli adulti, il secondo, invece riguarda i bambini.
Quello che riguarda i grandi è che è che si vincola l’adozione del figlio, nato dal proprio compagno ma che si considera a tutti gli effetti proprio, all’unione formale dei due adulti. In pratica ci dicono: sposatevi civilmente e poi, dopo, riconoscete. Ma questo vale solo per gli omosessuali, per gli etero no. Un terzo dei bambini italiani, lo dicono i numeri, nascono da coppie non sposate, eppure se un uomo vuole riconoscere un bambino nato da una donna nessuno gli chiede né di esserne il marito, anzi neppure di esserne il compagno, a ben guardare. Tantomeno gli si chiede di dimostrare di essere il padre biologico del bambino. Perché lo stesso principio non vale anche per noi? Perché noi dobbiamo essere sposati e non solo conviventi o, addirittura, ex? Il Cirinnà, tra le altre cose, non considera che ormai i nostri figli iniziano a essere grandi ( il più ‘anziano’ del gruppo ha sedici anni) e che nel frattempo la coppia che lo ha concepito, desiderato e cresciuto si può anche essere separata.
E in questo caso come si fa?
Presumo si ovvi con dei matrimoni finti tra ex che, pur non stando insieme da anni, magari si sposano per poter riconoscere i figli…
Ah sì, si può fare. Ma si chiama ‘escamotage’, non ‘diritto’.
E invece la parte del DDL che non vi convince e che riguarda i bambini, qual è?
La stepchild adoption riguarda solo adottato e adottante. Il che significa che, per la legge italiana, se io adotto il figlio della mia compagna, questi non diventerà mai nipote di mia madre, e nemmeno fratello di mia figlia. E ancora una volta in questo modo ci discrimina, perché gli stessi limiti non valgono per le adozioni all’interno di coppie eterosessuali.
Però, nonostante tutto, famiglie arcobaleno è a favore del Cirinnà.
Siamo costretti ad appoggiare questo testo perché è meglio di niente. Ma siamo al limite. E speriamo che in sede di discussione non arrivino colpi di mano dalla parte più conservatrice del parlamento e del PD. Certo la nostra lotta non finisce con il Cirinnà. Per quello che ci riguarda ci fermeremo solo quando saremo del tutto uguali di fronte alla legge. Il che è ancora un traguardo distante.