«Useremo l'ufficio identificazione attivo da anni. Ma l'Europa aiuta solo i profughi e vuole rimpatriare chi fugge dalla povertà, mentre per me vanno aiutati tutti»
«L’hotspot che vuole la Merkel? A Lampedusa c’ è sempre stato. I problemi veri sono altri». Giusi Nicolini, il combattivo sindaco dell'isola, non è preoccupata per le pressioni della cancelliera tedesca, che chiede «l'apertura urgente» dei nuovi centri di identificazione per migranti. «Si tratta soltanto di una parola nuova con cui adesso chiameremo un ufficio che qui esiste da sempre all'interno del centro d’accoglienza».
«L’unica differenza rispetto a prima, sarà che gli sbarcati dopo il 15 agosto 2015 possono accedere alle quote europee per la distribuzione nei vari stati. Ma perché quelli che già ci sono e che sono stati identificati prima di quella data, non posso candidarsi al ricollocamento?». L'Unione Europea infatti ha trovato un accordo per trasferire 40 mila dei profughi arrivati in Italia e Grecia: saranno gli unici che, in deroga ai patti di Dublino, potranno vivere legalmente in Germania, Francia e Spagna nonostante siano stati identificati nel nostro paese. Tutti gli altri sono obbligati a restare da noi fino al completamento della richiesta d'asilo: una procedura che richiede mai meno di sei mesi, con tempi che spesso vengono triplicati dalla nostra burocrazia.
Negli hotspot la polizia italiana insieme ai funzionari delle agenzie europee Frontex ed Eurojust provvedà all'identificazione delle persone e alla raccolta delle domande di protezione. Quelli che si opporranno, dovrebbero venire trasferiti nei centri di espulsione per valutarne il rimpatrio. E in Sicilia, terminale delle rotte dall'Africa, oltre a quello di Lampedusa stanno per essere istituiti “punti caldi” pure a Porto Empedocle, Pozzallo e Trapani. L'obiettivo principale di questa operazione è limitare la libertà di movimento di chi chiede asilo, obbligandolo a restare il più a lungo possibile in Italia. E selezionare rapidamente chi non ha diritto alla status di rifugiato in modo da avviare le espulsioni.
Un meccanismo che Giusi Nicolini ritiene ipocrita: «L’Europa appena ha capito che doveva necessariamente accogliere dei migranti, ha deciso di aiutare soltanto i rifugiati politici. Una fortuna per siriani ed eritrei, a differenza dei cosiddetti “migranti economici” ossia quelli che scappano dalla povertà. Ma per me non fa differenza se uno muore per la guerra o uno muore per la fame; per l’Europa sì».
«L’aiuto andrebbe dato a tutti», prosegue il primo cittadino di Lampedusa: «I richiedenti asilo sono coperti dal diritto internazionale sulla tutela dei diritti umani e invece i migranti economici devono sottostare alle nostri leggi. Come la Bossi-Fini che impone ai migranti un contratto di lavoro prima di entrare in Italia: una legge che favorisce la clandestinità, il sistema del caporalato e il lavoro in nero».
Il sindaco è preoccupata per la prospettiva dei rimpatri di massa: «La procedura sarà complessa e in molti casi non credo sia possibile riportare le persone nella loro patria: i rimpatri non possono essere fatti collettivamente e prevedono l’accordo con il paese d’origine. I numeri saranno consistenti e i tempi lunghi. Tutto questo andrà soltanto ad ingrassare in nostri Cie con la conseguente detenzione o la clandestinità per queste persone».
Infine la Nicolini manda un messaggio all’Europa: «Serve una linea chiara, perché ci sono troppi segnali contrastanti. Quando vediamo la foto del bambino morto sulla spiaggia ci commuoviamo o manifestiamo solidarietà perché non possiamo manifestare cinismo e strafottenza. Ma se poi non apriamo i canali umanitari che evitino ai profughi i rischi della traversata e i soprusi degli scafisti, se in Ungheria alzano muri e caricano con i manganelli pure i bambini, se si chiudono le frontiere interne abolendo Schengen e non si modifica il trattato di Dublino, allora diventa tutto inutile».