Il gruppo Toyota valunta un incremento del battage pubblicitario a favore delle proprie vetture ibride. Per convincere chi è rimasto scottato dalla truffa del software. Una preda che fa gola anche a chi propone altri diesel, vetture a Gpl e metano ed elettriche

Nella scorsa primavera, uno spot radiofonico smaccatamente anti-diesel della Toyota aveva fatto scalpore e arrabbiare i costruttori che di auto a gasolio ne vendevano a vagonate. Quattro mesi dopo, quella che pareva un inelegante sparata potrebbe tornare in scena, e pure amplificata.

Il gruppo giapponese è il candidato numero uno, quando si va alla ricerca del giocatore in grado di sfruttare le difficoltà del gigante Volkswagen, travolto dallo scandalo del software che beffava i test sulle emissioni di ossido di azoto.

E pare che, senza strombazzarlo troppo in giro, Toyota stia scaldando nuovamente scaldando i motori sul fronte pubblicitario, e non per una punturina di spillo come quella affidata alla radio nel maggio scorso, ma per qualcosa di più massiccio.

Dal mondo dell’advertising tricolore, infatti, arrivano notizie sull'intenzione di aumentare gli investimenti promozionali nell'ultimo trimestre dell'anno.

Rivedere il budget a fine settembre è una cosa che si prende in considerazione solo in casi eccezionali. Questo, oggettivamente, è un caso eccezionale. 

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È impossibile tuttavia sapere oggi, in pieno scandalo dieselgate e con l'annuncio della prima azione legale ai danni dell'ex ceo Winterkorn, come reagiranno i consumatori. È certo che saranno inevitabili le defaillance nelle vendite delle marche principali del gruppo tedesco (Audi, Seat, Skoda e Volkswagen), e soprattutto delle vetture dotate di un propulsore diesel.

Volkswagen Italia ha chiesto ai priopri concessionari non solo di non raccogliere nuovi ordini sulle macchina a gasolio Euro 5, ma anche di sospendere le immatricolazioni di quelle già vendute.

Dal punto di vista mediatico, le auto ibride che la Toyota ha elevato ad ariete anti-gasolio, sembrano interpretare perfettamente il ruolo di alternativa. Tuttavia anche ipotizzando un temporaneo azzoppamento dei brand Volkswagen sul mercato, è irragionevole pensare che il buco possa essere riempito interamente dalle auto con la doppia alimentazione termica/elettrica.

Qualche numero può aiutare a capire meglio.

Nei primi otto mesi del 2015, in Italia sono state immatricolate 592.738 auto diesel e 329.230 a benzina; oltre 130 mila i modelli almentati anche a gas (Gpl o metano). Le ibride, pur in netta crescita, si sono fermate a 16.058 unità e le elettriche pure, nonostante un'impennata del 30 per cento abbondante, non sono arrivate a 1.100.

Il gruppo Toyota domina tra le ibride e sicuramente nelle prossime settimane le vendite di Yaris (la più venduta della categoria, con 7.887 pezzi) di Auris (5.107) e delle varie Lexus, la marca più lussuosa del gruppo, cresceranno. Perché è probabile che il gigante giapponese, in Italia come ovunque, schiaccerà il pedale dell'acceleratore, e le caratteristiche “verdi” delle auto ibride saranno sagacemente enfatizzate.

Pure la micronicchia delle auto totalmente elettriche potrà godere dello smarrimento del diesel. Ma senza incentivi all'acquisto e una forte accelerata nella installazione di colonnine per la ricarica, è arduo ritenere che la Nissan Leaf (290 immatricolazioni tra gennaio e agosto), la Renault Zoe (233) o la Citroen C-Zero (135) possano fare sfracelli.

Ibride ed elettriche sono in pole-position per spartirsi una fetta dell'ipotetico bottino lasciato sul tavolo dai mancati acquisti di diesel Volkswagen, ma quantitativi decisamente più rilevanti dovrebbero accalappiarseli le vetture a gasolio di marche concorrenti (a meno che non emergano comportamenti scorretti anche da parte di altri brand) oppure quelle a Gpl e metano.

A proposito: nei primi otto mesi del 2015, la Golf a metano è stata la seconda più venduta (6.887 unità), alle spalle della leader Fiat Panda (13.052).

Sarà istruttivo osservare i suoi risultati commerciali nelle prossime settimane: continuerà ad essere comprata a buon ritmo o “pagherà” pure lei lo smacco reputazionale che sta subendo in questi giorni la Volkswagen?

Intanto, l'ondata del scandalo del diesel potrebbe avere presto ripercussioni anche in casa Unrae, l'associazione degli importatori di auto estere.

Eletto presidente per il secondo mandato biennale nell'aprile scorso, l'amministratore delegato di Volkswagen Italia, Massimo Nordio, potrebbe dimettersi prima della scadenza. Nei prossimi mesi avrà molto da fare per gestire la situazione di crisi della sua azienda e alcuni soci dell'Unrae temono che, con il capo della Volkswagen alla guida, l'organizzazione venga vista come quella “che difende il diesel birbante”.

E siccome all'Unrae c'è la consuetudine di alternare al comando il rappresentante di un grande gruppo con quello di uno piccolo, il candidato logico alla successione è Maurizio Melzi,  brand manager della minuscola coreana Ssangyong e responsabile marketing delle due marche importate in Italia dal gruppo Koelliker, la stessa Ssangyong e la Mitsubishi.

Melzi ha il pallino della modalità verde: segue da vicino le evoluzioni delle normative "green" sia a livello lombardo che nazionale.

La Mitsubishi, d'altronde, è stata pioniera introducendo quattro anni fa in Italia una “vera” elettrica – la citycar MiEv – ed entro il 2020 tutti i modelli della sua gamma saranno anche ibridi.

Una delle best-seller ibride a livello europeo è la Mitsubishi Outlander Phev, l'ibrida plug-in (si può caricare anche attaccandola alla presa della corrente) che viaggia oltre le 60 mila unità annue -quasi tutte nel Nord Europa- e in Italia è la prima ibrida giapponese non-Toyota, anche se nei primi due terzi del 2015 ha venduto solo 108 vetture.