Buio a Mezzogiorno

L'impietoso confronto tra Polonia e Calabria

di Federica Bianchi   7 settembre 2015

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Rzeszów e Crotone: due città con aeroporti finanziati dalla Ue. Il primo ha fatto decollare un’intera area. L’altro è andato in fallimento

Cosa hanno in comune Crotone, la piccola città di Pitagora affacciata sullo Ionio, e Rzeszów (pronuncia: Gesciof), il capoluogo della più meridionale delle regioni polacche, l’una incastonata tra i boschi selvaggi della Sila e un mare antico, l’altra annegata tra alberi di mele e capanni di paglia?

Innanzitutto condividono un passato di profonda miseria che le ha spopolate, rendendole aeree di emigrazione verso il più ricco nord, gli Usa e l’Inghilterra (dove, tra gli immigrati europei, polacchi e italiani sono i più numerosi). Le regioni in cui si trovano, Subcarpazia e Calabria, sono abitate da due milioni di anime e caratterizzate da arretratezza diffusa. Poi, tutte e due le cittadine hanno avuto un breve e intenso passato industriale, l’una con gli stabilimenti chimici di Pertusola Sud e Montedison nell’epoca d’oro degli anni Settanta, l’altra con le fabbriche di aerei che per decenni hanno servito gli interessi militari dell’Unione sovietica. Oggi entrambe offrono grandi potenzialità turistiche, l’una con il lago più grande della Polonia e una foresta di sapore medioevale, l’altra con una costa che per bellezza rivaleggia con quelle della Sardegna. Infine, si trovano a un’ora e mezza di auto da un grande aeroporto nazionale (rispettivamente Cracovia e Lamezia Terme) ma hanno ipotecato le proprie speranze di riscatto economico e sociale al locale aeroporto. Con la benedizione (e i fondi strutturali) della Ue e gli aerei di Ryan Air.

CHI SPENDE BENE, CHI INVECE SPRECA
Purtroppo le similitudini si fermano qui. Dopo anni di grigio declino, negli ultimi quindici Rzeszów e il suo aeroporto hanno attuato un programma di rinascita fenomenale, sfruttando ogni centesimo messo a disposizione dall’Unione europea (la Polonia è entrata nella Ue nel 2004: nel settennio 2007-2013 ha ricevuto e investito 67,3 miliardi di euro, diventando il maggiore fruitore di fondi dell’Unione). Crotone, invece, priva di idee e di coraggio, ha sprecato gli ultimi 20 anni - una generazione - a inseguire alternativamente il sogno industriale perduto e un mosaico di interessi locali che hanno beneficiato la posizione politica e il portafoglio di pochi a discapito di una collettività sempre più povera e apatica, in una regione, la Calabria, che a fine dicembre dovrà restituire oltre 600 milioni di euro comunitari che non è riuscita a spendere nei tempi dovuti.

MENO TASSE, PIÙ SALUTE PUBBLICA
Ma andiamo per gradi e incontriamo Tadeusz Ferenc, il primo cittadino di Rzeszów al secondo mandato, eletto con il 77 per cento dei consensi in una città passata in pochi anni da 140 a 180 mila abitanti. Ci riceve nel municipio sull’antica piazza centrale, completamente ristrutturata, attorniato dal vicesindaco, dall’assessore all’educazione, dalla dirigente responsabile dei fondi europei (il comune ha 30 persone formate dal governo centrale che si dedicano solo a seguire le pratiche di Bruxelles) e dal responsabile marketing che per l’occasione fa anche da traduttore. «Grazie all’Europa il numero dei nostri investimenti è salito del 60 per cento dal 2004 al 2015», racconta sorridendo: «La maggior parte sono stati in infrastrutture, ma non solo. Anche salute pubblica, cultura e turismo, al punto che in questi anni abbiamo attratto 35mila cittadini in più e siamo stati votati la terza città più vivibile della Polonia».

Nel giro di un decennio, grazie ai fondi europei e alla volontà indomita di un sindaco 75enne, ex dirigente comunista, il budget cittadino è passato da 85 a 318 milioni di euro, di poco inferiore a quello di tutta la regione della Subcarpazia. Il tasso di disoccupazione è sceso al 6,5 per cento e il numero degli studenti per abitante è il più alto dell’intera Unione europea, avendo superato persino quello della vicina e ben più celebre Cracovia. Il segreto del successo? Ferenc guarda dritto negli occhi: «Quando nel 2003 la tedesca MTU decise di produrre motori per aerei nel nostro territorio ci imponemmo di non lasciarla più andare via. Così aprimmo una “zona economica speciale”, a tassazione ridotta, e decidemmo di investire in tutto ciò che avrebbe reso più confortevole la vita dei nuovi arrivati: migliorammo le scuole, potenziammo il turismo, inaugurammo stadi e luoghi di ricreazione. Quando arrivò l’americana Heli-one per aprire una fabbrica le chiedemmo di che tipo di personale aveva bisogno: poi potenziammo la nostra Università di ingegneria aeronautica».

Oggi questa cittadina nel mezzo di quella che storicamente è definita dagli stessi polacchi “la Polonia di classe B” sta recuperando la sua vecchia fama di centro industriale aeronautico europeo, con aziende del calibro della canadese Pratt&Witney, della francese Safran ma anche delle italiane Avio e AgustaWestland. «Eravamo partiti con 15 aziende e ora siamo oltre le 150», commenta Andrei Ripka, portavoce dell’Aviation Valley: «Ma senza la determinazione del sindaco, lo sviluppo dell’aeroporto e l’Università tecnologica di Rzeszów non avremmo mai avuto lo stesso successo».

QUI INVECE SI DEVE GIOCARE LA SCHEDINA
L’appuntamento era alle 9:30 del mattino. Alle 10 il sindaco Peppino Vallone ancora non si è affacciato in municipio. Forse è il caso di una telefonata. È passato in ospedale per accertamenti. Ci sentiamo più tardi. Alle 12:15 torniamo in municipio. «Lo vede come abbiamo riqualificato il centro storico?» Mah: dei 24 milioni ottenuti dalla regione Calabria (cofinanziata dalla Ue) il Comune è riuscito a spenderne 17 in lavori pubblici pur avendo ottenuto una proroga di due anni che scade a fine anno.

«E noi siamo la città calabra che li ha usati di più», sottolinea. Invece dei 23 milioni destinati alla riqualificazione urbana solo 11 sono stati utilizzati per il centro storico. Il problema? La regione Calabria. «Se la convenzione con la regione che ci garantisce i fondi e senza cui non possiamo fare bandi di lavoro è stata firmata nel 2010, la prima erogazione avvenuta nel 2011 e i lavori iniziati nel 2012, come facciamo a finire per il 2013?» Di anticipare i soldi non se ne parla: «Quando i sindaci diventeranno bravi a giocare alle schedine allora avremo i soldi del co-finanziamento», ribatte il sindaco di quello che con un budget di circa 50 milioni di euro, 11 milioni in stipendi, è il capoluogo della provincia più povera d’Italia.

Ma il ritardo della regione nell’erogazione dei fondi per motivi spesso più politici che burocratici non è l’unico fattore che ne blocca l’utilizzo. Non aiutano nemmeno le sentenze dei tribunali amministrativi regionali. «L’assegnazione di un progetto superiore a un milione di euro è sempre seguita da un ricorso che spesso interrompe i lavori», spiega Elisabetta Dominijanni dell’ufficio di urbanistica, «e capita che il Consiglio di Stato, a dispetto delle sentenze favorevoli di primo grado, pur non dandoci torto per la scelta della ditta, consenta comunque all’esclusa dall’appalto di subentrare nell’ultima fase dei lavori. Risultato: il lavoro non lo finirà nessuno e noi dovremo restituire i soldi». Ma a non dare la giusta importanza a fondi in altri luoghi considerati vitali è soprattutto l’assenza di una volontà reale di sviluppo dell’area crotonese, al di là di piani strategici dai contorni vaghissimi pubblicizzati sotto elezioni e poi chiusi per sempre nei cassetti comunali.

CRAC IN AEROPORTO
Tra le buone intenzioni c’è il piano per l’aeroporto Sant’Anna di Crotone, il terzo scalo di una regione con solo 2 milioni di persone, dopo Lamezia Terme e Reggio. Dal 15 aprile scorso l’aerostazione è ufficialmente fallita ma il tribunale ne ha prorogato la gestione per altri sei mesi nel tentativo di trovare un socio privato che possa subentrare agli azionisti pubblici (Camera di Commercio, Provincia, Regione, comune di Crotone) che ne hanno causato di fatto il fallimento. Dopo il crac del 2009, il capitale sociale dell’aeroporto di 120 mila euro avrebbe dovuto essere portato a un milione di euro, superiore all’allora posizione debitoria, come premessa dell’attuazione di un piano di rilancio che prevedeva 31 milioni di euro in lavori finanziati dall’Unione europea. Di questi milioni tra il 2000 e il 2013 solo 4,7 sono stati spesi per l’ammodernamento dell’aerostazione: la Regione non ha mai approvato la convenzione che avrebbe permesso di allungare la pista di decollo e provvedere ad opere esterne essenziali come una pensilina per la pioggia.

Al contrario, la Camera di commercio decise di uscire dalla compagine sociale (il suo presidente, anche presidente del Cda dell’aeroporto, fu denunciato per appropriazione indebita di 200mila euro) e di vendere una parte della sue azioni a un gruppo di imprenditori locali determinati a mettere le mani sulla struttura con un versamento di soli 290 mila euro, subordinato alla ricapitalizzazione complessiva. Ma anche Regione e Provincia si tirarono indietro: come se quell’aeroporto non lo volesse davvero nessuno, non gli imprenditori locali, non la politica regionale. Così fu costretto a chiudere. E in quei sette mesi di inattività Lamezia Terme guadagna passeggeri, prende quota l’idea di un quarto aeroporto a Sibari e riacquistano passeggeri i bus della Romano, la società di pullman che, grazie alle sovvenzioni regionali, gestisce il trasporto del crotonese verso Roma e Milano. Inevitabile che la commissione della Corte europea dei revisori, che ha esaminato l’efficacia dei soldi spesi, scriva in una mail a “l’Espresso”: «Nel caso di Crotone non abbiamo visto nessun piano a lungo termine, nessuna analisi del bacino di utenza o previsioni sostenibili; nessuna evidenza di un impatto positivo sull’economia regionale ma solo un aeroporto incapace di sostenersi da solo e bisognoso di interventi continui».

SE L’ORGOGLIO PREVALE SUL TIFO DI PARTITO
Intanto a Rzeszów accade esattamente il contrario. In circa 10 anni l’aeroporto investe 18,6 milioni di fondi Ue e cambia volto. La vecchia torre di controllo, ancora in piedi, pare la torretta del perimetro di una vecchia prigione accanto alla struttura moderna. Le due piste si preparano ad ospitare un volo intercontinentale. Lufthansa vi atterra tre volte al giorno da Francoforte con carichi di parenti e amici in visita e manager di ritorno da un viaggio di affari. Era un aeroporto di paese.

Oggi è a quota 600 mila passeggeri e se arriverà nel giro di 5 anni a 800mila potrà addirittura vantare un bilancio in pareggio al netto degli ammortamenti per circa 30 milioni di euro di investimenti. Anche Rzeszów ha due azionisti pubblici, la regione e la società di gestione dell’aeroporto di Varsavia. Ma è gestito secondo logiche commerciali, non politiche.

Ad affiancare il Cda è un consiglio di 4 membri tecnici che decidono sugli investimenti poi affidati al direttore generale. E sebbene anche qui la politica regionale intervenga - il governatore di destra non vuole nel “suo” Cda un comunista come il sindaco di Rzeszów - nessuno si sogna di bloccare lo sviluppo dell’aeroporto, che poi è un tutt’uno con quello della regione. Troppo forte l’orgoglio di avere finalmente preso un aereo che sta allontanando un’intera regione dall’assistenzialismo comunista e dalla disperata povertà di soli vent’anni fa.