Succede a Camerino, in provincia di Macerata. «L'edificio è stato completato nel '96 ma non è a norma» spiega un sindacalista. Mentre altri pompieri lamentano: «Non c'è nessuna organizzazione, siamo senza riferimenti»

«La stragrande maggioranza delle sedi dei Vigili del Fuoco non rispettano la norma antisismica». È questa la denuncia di Costantino Saporito, vigile e rappresentante nazionale del sindacato Usb. Pochi secondi dopo la scossa delle 7.41 a dover fuggire per primi dai loro alloggi sono stati proprio i Vigili del Fuoco, costretti ad allontanarsi dalla caserma di Camerino fortemente lesionata.

Una struttura che dovrebbe essere il punto nevralgico da cui gestire la macchina del primo intervento e che invece rischia di trasformare i soccorritori in soccorsi. «L'edificio è stato finito nel '96, dovrebbe essere antisismico», racconta uno dei pompieri che era li, «Nessuno ora vuol entrare dentro la Caserma che è chiaramente a rischio crollo e tamponature e tramezzi è facile trovarseli in testa».

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Così alle 22 del 30 ottobre, dopo una giornata di lavoro, i vigili che si turnavano non sapevano dove dormire, finché a mezzanotte circa è stata allestita una tenda (non termoriscaldata) all'aperto. Alcuni dormiranno lì, ma gli altri? «Gli altri restano in caserma, sono una trentina». Versione confermata anche da Costantino Saporito: «Il distaccamento è inagibile anche se nessuno si è preso la responsabilità di dichiarare tale quella sede».

La gestione dell'emergenza
Il corpo nazionale dei vigili ha dei protocolli nelle situazioni di emergenza che prevedono come prima necessità l'avere un campo base per le sezioni operative e un comando operativo avanzato. «Ecco, tutto ciò non esiste, il personale è logisticamente abbandonato e senza riferimenti per l’organizzazione dell’emergenza» spiega un vigile del fuoco operativo sulla zona del terremoto che preferisce restare anonimo.

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«I vigili sul posto sono 680 circa», fa un quadro della situazione Costantino Saporito, «ma dovrebbero essere 2.700 secondo la circolare sulle colonne mobili d'emergenza». Il sistema di soccorso attuale è basato sul decreto Monti. Non vengono più chiamate le colonne mobili regionali, che formano la colonna mobile nazionale, ma semplicemente le sezioni operative: piccole squadre che servono al bisogno, con una coperture delle sedi di provenienza del 70 per cento. Funziona cosi: se si spostano da Trieste 10 unità poi si devono coprire chiamando altre 7 persone in straordinario. «Si guadagna, per dirla tutta, più stando a casa che sul terremoto, non considerando la grande mole di lavoro» conclude il sindacalista.

«Mi sento come un oggetto da usare e gettare quando consumato, un fazzolettino di carta per pulire le colpe di molti" racconta il vigile del fuoco che preferisce restare anonimo. La gestione dell'emergenza è quantomeno discutibile, anche nella routine quotidiana. "Nessuno di norma si preoccupa di cosa mangiano i vigili - spiega ancora Costantino Saporito - dovrebbero scattare le ditte private che già di norma confezionano i pasti per i comandi (come da contratto) ma non è così». Un altro vigile del fuoco, anche lui vuole restare anonimo, racconta che "a Norcia per ora si mangia solo grazie al volontariato del soccorso alpino, perché la mensa del distaccamento è in disuso".

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Dopo un terremoto ci sono poi altre accortezze che andrebbero prese. Saporito fa un esempio concreto: «Si lavora a contatto con l'amianto senza alcuna precauzione, una mascherina di carta se tutto va bene. La procedura impone la presenza dell'Asl e dell'Arpa con un sistema di aree di lavoro e una zona di decontaminazione dell'operatore. Attualmente dal 26 agosto non è mai stato applicato questo protocollo».