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Attualità
novembre, 2016

Sole 24 Ore, sciabolate e colpi bassi nel parlamentino di Confindustria

Gli industriali si rinfacciano di tutto nel consiglio generale dedicato alle sorti del quotidiano. Dubbi persino sull'ammontare del patrimonio del gruppo editoriale. L’ammissione di un fallimento. Ecco il documento integrale

L’immagine che emerge dal documento che vi proponiamo in forma integrale - il verbale della riunione del consiglio generale di Confindustria del 12 ottobre 2016, dedicato alle vicende del "Sole 24 Ore" - è quella di un’associazione dilaniata dai conflitti interni che scopre solo oggi come d’incanto la situazione di grave crisi in cui versa la sua principale controllata, il Gruppo 24 Ore Spa, da oltre cinque anni. Il lettore potrà farsene un’idea precisa leggendo le dichiarazioni degli imprenditori, a cominciare dalle relazione introduttiva del presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, che elenca la successione dei fatti dal momento della sua designazione alla massima carica di viale dell’Astronomia fino al mese di settembre, quando l’amministratore delegato del "Sole 24 Ore" Gabriele Del Torchio fa emergere la realtà dei conti al 30 giugno con ricavi in calo, una perdita operativa lorda di 20 milioni, un risultato netto di gestione negativo di 50 milioni e 350 milioni di "cassa", cioè di disponibilità liquide, distrutti negli otto anni trascorsi dalla quotazione in Borsa.

PARTE 1: IL VERBALE DEL CONSIGLIO GENERALE

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Un quadro completamente diverso da quello positivo che era stato presentato al termine del 2015 da Benito Benedini, l’ex presidente imposto alla guida del gruppo dall’allora presidente di Confindustria Giorgio Squinzi (che, ancor prima di lasciare l’incarico, assunse la presidenza la presidenza del "Sole 24 Ore" fino alle clamorose dimissioni di qualche settimana fa).

Fanno sobbalzare alcune delle informazioni inedite che troverete nel documento. L’attuale presidente pro-tempore del "Sole 24 Ore", Carlo Robiglio, dice testualmente che la situazione interna del giornale è al di là di ogni immaginazione, con dirigenti di vertice pronti alle dimissioni, con problemi seri di raccolta pubblicitaria e con circa la metà dei 1.250 dipendenti che potrebbe essere espulsa per adeguare i costi ai ricavi. E di inaudita gravità sono le notizie riferite da Giorgio Squinzi, il quale ammette fra le altre cose che il già esiguo patrimonio netto di 28 milioni emerso dalla semestrale consolidata del Gruppo 24 Ore è "peraltro costituito pressoché interamente da ammortamenti anticipati sulla cui validità molto si può discutere".

PARTE 2: LA RELAZIONE DEL PRESIDENTE BOCCIA

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Se così fosse, i mezzi propri dovrebbero essere considerati pari a zero. Come mai "Il Sole 24 Ore" ha fatto ammortamenti superiori a quelli consentiti dalla legge fiscale? Forse per ridurre l’ammontare degli utili negli anni delle vacche grasse, quando il giornale era una macchina da soldi, e versare meno imposte allo Stato? Lo stesso Squinzi rivela che le informazioni sul "Sole 24 Ore" che gli arrivavano in Confindustria "si sono rivelate molto diverse dalla reale situazione che ci siamo trovati di fronte appena insediati come nuovo Cda".

Un’affermazione che farà alzare le antenne a magistrati e vigilanti: alla Procura di Milano ed anche alla Consob, che proprio ieri ha ricevuto un secondo esposto del giornalista Nicola Borzi, il quale, dopo avere puntato il dito sul ruolo di una oscura società-schermo londinese, D Source, che sarebbe stata creata per gonfiare gli abbonamenti del quotidiano, adesso lancia una nuova accusa: i fiduciari che hanno costituito D Source sono gli stessi che nel 2000 avevano costituito la Il Sole 24 Ore Uk Ltd, interamente posseduta e consolidata nel bilancio del gruppo confindustriale.

Affonda il coltello nella piaga l’ex presidente Antonio D’Amato, ricordando a Squinzi che il presidente di Confindustria pro-tempore è "proprietario del Gruppo Il Sole 24 Ore", cioè intestatario del pacco azionario, e pertanto ha "un dovere di vigilanza e di controllo ma anche la responsabilità di gestire in nome e per conto di tutto il sistema confindustriale questo nostro bene comune".

Un altro fendente arriva da Giuseppe Zigliotto, presidente di Confindustria Vicenza: "…è mancato il nostro ruolo come proprietà nel pretendere che il nostro gruppo elaborasse piani industriali di risanamento credibili e realizzabili". E aggiunge: "Purtroppo, gli spot del presidente Benedini e del direttore Napoletano (Roberto Napoletano, direttore del "Sole 24 Ore", di "Radio 24" e dell’agenzia di stampa "Radiocor", ormai sfiduciato dalla redazione del quotidiano, ndr) che venivano a raccontarci che andavamo bene e che non bruciavamo cassa li abbiamo ascoltati tutti ma poi abbiamo amaramente scoperto che buona parte delle risorse derivavano da vendite di asset come la società informatica e non da elementi positivi derivanti da una gestione efficace…Ritengo che il giorno in cui dovessimo perdere il Gruppo Sole 24 Ore la nostra credibilità finirebbe davvero ai minimi termini".

Sul ruolo di Napoletano nella sua doppia veste di direttore del "Sole 24 Ore" e di direttore editoriale del gruppo, ossia di manager, l’ex vicepresidente di Confindustria Aurelio Regina fa scrivere a verbale che "tutto quello che di peggio poteva accadere è successo, a cominciare dall’irritualità di avere sempre nei Cda il direttore della testata. Parlo di irritualità perché in questo consiglio ci sono anche editori e credo che a nessuno di loro venga in mente di far sedere in maniera permanente in Cda il direttore che, per il suo ruolo, è portatore di interessi diversi da chi deve amministrare".

Sono molti i motivi di contrasto tra i maggiorenti di Confindustria: dalla necessità di offrire a tutto il mondo esterno un segnale forte di discontinuità nella gestione, alla questione cruciale dell’aumento di capitale necessario a riportare in equilibrio la struttura patrimoniale del "Sole 24 Ore". Dice ancora Regina: "Un’altra emergenza che stiamo sperimentando oggi è la divisione tra di noi…questo sfilacciamento, oltre a indebolire di più il nostro gruppo, colpisce profondamente anche la legittimazione di Confindustria".

Boccia parla dell’aumento di capitale: sostiene di non conoscere con esattezza l’ammontare necessario ed aggiunge di "non potere escludere l’intervento di uno o più investitori minoritari esterni, anche istituzionali, che accettino di acquisire quote di minoranza, chiedendo anche una certa composizione del Cda". D’Amato lo ammonisce: "Non pensiamo di fare entrare banche sia perché la Bce non ce lo consentirebbe ma anche perché saremmo in assoluto conflitto e contrasto di interessi, perdendo tutta l’autorevolezza che è indispensabile al nostro giornale e a Confindustria". Un conflitto di interessi pernicioso anche per l’indipendenza della redazione, che a banche e banchieri dedica giornalmente la maggior parte della sezione "Finanza e mercati".

Per partecipare all’aumento di capitale, Confindustria potrebbe dar fondo alla propria riserva istituzionale, di poco inferiore a 60 milioni. Ma il presidente di Confindustria Liguria, Umberto Risso, avverte del pericolo che la base degli imprenditori respinga questa eventualità, temendo come contraccolpo un aumento dei contributi associativi.

Alcuni ricordano di essersi a suo tempo opposti all’ingresso in Borsa del "Sole 24 Ore" (tra questi l’ex presidente di Confindustria Giorgio Fossa, designato ora da Boccia come nuovo presidente del gruppo editoriale).

L’imprenditore marchigiano Gennaro Pieralisi, proboviro di Confindustria, svela a questo proposito un retroscena: "Circolarono alcune voci che tale passaggio era l’inizio di un percorso che avrebbe portato il gruppo fuori da Confindustria. Chiesi a molti come fosse possibile che il nostro sistema non trovasse 250 milioni di euro - e cioè 1.500 euro ad azienda associata - per rifinanziare il gruppo. Mi sembrava impossibile ma purtroppo siamo andati avanti. Adesso vedo concretamente il pericolo che quel piano di uscita vada in porto… Noi dobbiamo assolutamente riappropriarci interamente del nostro gruppo, pur sapendo che adesso è molto più difficile perché conosciamo tutti i numeri". Gli fa eco Alberto Figna, presidente dell’Unione Parmense degli industriali: "Confindustria è stata incapace di gestire Il Sole 24 Ore…Che cosa ci fa pensare di diventare capaci nel prossimo futuro? Voglio capire - visto che non siamo stati all’altezza negli ultimi dieci anni - quali sono stati i driver che ci possono portare ad invertire la rotta…con un settore che oggi è in una situazione estremamente più critica…Da quello che ho sentito e dai numeri che sono usciti - in particolare quelli sui dipendenti e con dubbi anche sulla loro qualità - ritengo che questa sia una situazione assolutamente irrisolvibile se non si mettono in campo strumenti totalmente non convenzionali di cui non ho sentito parlare oggi". E Antonio Gozzi presidente di Federacciai: "…bisogna avere una ragionevole probabilità o speranza che i soldi investiti non vengano disintegrati e, quindi, bisogna immaginare - più di un piano industriale - un vero nuovo modello di business…ci vuole sicuramente il controllo di Confindustria come azionista di maggioranza ma c’è bisogno anche di competenze di un soggetto industriale".

Poi Boccia cerca di compattare le fila, facendo appello a una sorta di centralismo democratico: "...la discontinuità si chiama Vincenzo Boccia", proclama, "ed è il presidente di Confindustria che si assume la responsabilità della lista per il nuovo Cda. La discontinuità sta nel fatto che ‘metteremo le mani’ nel Gruppo Sole 24 Ore, nel senso di risanarlo e ristrutturalo, ridando dignità all’industria italiana in un momento delicato…Non ce la farò? Allora sfiducia a me, ma non oggi alla lista dei nomi, addirittura con un voto nel segreto dell’urna" proposto da Antonio D’Amato in base all’articolo 9 del nuovo statuto confindustriale dove è previsto che ogni nomina di rappresentanti esterni sia soggetta a votazione del consiglio generale.

Boccia alla fine strappa un applauso per  il suo richiamo all’unità, ma per lui la strada è tutta in salita se è vero che nel frattempo le principali e più ricche associazioni di Confindustria gli hanno fatto capire che a queste condizioni non intendono partecipare all’aumento di capitale.

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