Brexit, effetti collaterali sui low cost: meno voli e tariffe più care
Tra le tante conseguenze dell'uscita del Regno Unito dall'Ue, una potrebbe pesare (da subito) sulle tasche dei turisti. Un report ipotizza "meno voli e tariffe maggiorate". E non sarebbe l'unica conseguenza per i viaggiatori
Le conseguenze della Brexit non passeranno oltre le nostre teste ma si sentiranno nelle nostre tasche. Il referendum con il quale i cittadini britannici decideranno se uscire dall'Unione europea avrà (possibili) conseguenza ancora da definire. E, in mezzo a scambi commerciali e sedi finanziarie, spunta il costo dei biglietti aerei.
Secondo un report dell'Associazione britannica degli agenti di viaggio (Abta), la Brexit potrebbe far aumentare i prezzi e diminuire i voli delle compagnie low cost da e per il Regno Unito.
Il movimento da e per la Gran Bretagna è imponente. Nel 2014, i viaggi verso l'Ue sono stati 29,3 milioni (per vacanze) e 4,6 milioni (per affari). La direzione contraria è stata percorsa 8,8 milioni di volte per svago e 6 per business. Sono stati 855 mila i viaggi dall'Italia e 2,1 milioni quelli per il nostro Paese. Traducendo in euro, sono più di 12 miliardi quelli spesi per viaggiare per il Regno Unito e oltre 25 quelli sborsati per spostarsi dalla Gran Bretagna agli altri Paesi dell'Ue.
Una parte di questa cifra arriva dal trasporto aereo e dalle compagnie low cost. “Hanno contribuito a creare cambiamenti sociali significativi”, dice Andrew Swaffield, ceo di Monarch Group. Certo, è una voce di parte perché parla il capo di un vettore. Ma il vantaggio offerto dai voli a basso costo è innegabile. “L'emergere dei lavori a basso costo – si legge nel report – ha incrementato la competizione e aiutato a tagliare i prezzi”. E a costi minori sono corrisposti “viaggi più frequenti”.
Se il Regno Unito uscisse dall'Unione europea, Swaffield prevede un impatto “molto negativo”. Colpa dell'incertezza regolatoria che ne seguirebbe. Le compagnie che viaggiano per e dalla Gran Bretagna dovranno muoversi in un nuovo quadro normativo. Che però ha bisogno di tempo. Nella peggiore delle ipotesi, ipotizza l'Abta, è un processo che potrebbe durare “diversi anni”.
Il risultato sarebbe un limbo “dannoso per il settore”. E l'uscita dall'Ue “molto probabilmente porterebbe a un aumento delle tariffe e a un calo dei voli” tra paesi dell'Unione e Uk”.
Se le parole di Swaffield non fossero abbastanza chiare, il report sintetizza: “La Brexit potrebbe mettere a repentaglio” la libera circolazione dei viaggiatori e “colpire il flusso” economico generato dal turismo turismo.
L'impatto potrebbe avere anche altre conseguenze, seppur meno immediate. La prima è legata al roaming. L'Unione europea, negli ultimi tempi, ha armonizzato le spese. Fino al 2017, quando saranno azzerate. Vale però per per i paesi Ue. E non per la Gran Bretagna dopo la Brexit.
Non si tratta di una condanna. Ma, fuori da una accordo raggiunto dopo anni, Londra si troverà a confrontarsi (con meno potere) con gli operatori telefonici. Ed Vaizey, ministro britannico della Cultura, ha rassicurato: “Avremmo tempo a sufficienza” per regolare il possibile aumento. Ma tant'è.
Una cattiva notizia per i britannici e una buona per tutti gli altri: la sterlina potrebbe indebolirsi. Guardando solo al turismo, significa che fare una vacanza con euro o dollari in tasca costerà meno (fatta eccezione per il biglietto aereo). Da questo punto di vista, si tratta di un vantaggio anche per l'economia britannica, che incentiva la spesa dall'estero. Valutazione e svalutazione però sono come uno specchio. E così i viaggiatori britannici, che già dovrebbero pagare salato il volo, spenderanno di più per viaggiare all'estero.
In attesa di un quadro più chiaro, il dopo-Brexit potrebbe essere un periodo di sospensione degli investimenti, sopratutto nel breve e medio termine. Un'eventualità che toccherebbe tutta l'economia britannica, turismo incluso.
Nel 2014, il settore ha creato 1,89 milioni di posti di lavoro, che diventano 4,23 milioni se ci si allarga all'indotto. E all'interno di questo mondo, una buona parte degli occupati arriva da oltre confine (nel caso di Londra la quota arriva al 70%). In caso di Brexit, prevede l'Abta, “il settore potrebbe affrontare maggiore costi per attirare e trattenere il personale di altri Paesi Ue”. E se il lavoro dovesse essere più casalingo, potrebbero diventarlo anche gli investimenti.
“Nessuno sa con certezza che cosa succederà” dopo il referendum. Ma, continua l'associazione degli agenti di viaggio, “è già possibile affermare che le relazioni esistenti tra Gran Bretagna ed Europa impatterà sui viaggiatori e sul turismo britannico”.