Emanuele Notarbartolo, ucciso il primo giorno di febbraio del 1893. Domenico Martimucci, morto il primo giorno di agosto del 2015. Il primo, politico e banchiere, e l'ultimo, calciatore, fanno parte del lunghissimo elenco delle vittime delle mafie. Sono esattamente il primo e l'ultimo.
In mezzo, tra Notarbartolo e Martimucci, altri 898 nomi. In tutto 900 storie di persone: semplici cittadini, giornalisti, poliziotti, carabinieri, magistrati, sindaci, assessori, politici, commercianti, imprenditori, braccianti, sindacalisti, bancari, calciatori. Uomini, donne e persino bambini. Non c'è categoria che gli assassini dei clan non abbiano preso di mira. Le mafie uccidono. In fondo, non hanno mai smesso. Hanno portato avanti una guerra. Una strage le cui vittime sono 900 ma potrebbero essere molte di più: per questo l'elenco che ogni 21 marzo viene letto dal palco della manifestazione organizzata da Libera si conclude con «vogliamo ricordarli tutti. Le vittime innocenti delle mafie e delle stragi, quelli di cui conosciamo le storie, quelli di cui sappiamo solo il nome ma anche i tanti dei quali non abbiamo ancora conoscenza».
Di questa guerra oggi piangiamo i morti. Morti innocenti. La giornata della memoria di questo 2016 a differenza degli altri anni è stata diffusa in tutto il Paese. La piazza principale dalla quale ha parlato don Luigi Ciotti è stata a Messina. Ma a Roma, Reggio Emilia, Milano, Torino, Genova, nei paesi e nelle cittadine, quest'anno sono state organizzate diverse iniziative. Tutte diverse fra loro, ma tutte con un unico scopo: ricordare chi è morto per aver ostacolato il potere criminale e mafioso. Da tutti questi palchi sono stati letti i 900 nomi. Lettura che è avvenuta in contemporanea nelle centinaia di piazze italiane. Don Luigi Ciotti ha gridato la sua indignazione per la mancanza di verità in questo Paese.
«Quante famiglie ancora attendono di conoscere la verità, quanta poca verità c'è in questo Paese»ha detto Ciotti. Che non ha risparmiato critiche alla politica dei muri e del filo spinato, quella che distingue tra migranti economici e rifugiati, «come se le guerre non fossero combattute con armi economiche» ha urlato forte, definendo l'accordo tra Unione Europea e Turchia per i rimpatri «vergognoso». Garantire i diritti è la prima forma di lotta alla mafia. L'ha ripetuto più volte Ciotti dal palco. Se il favore prevale sul diritto allora è la cultura dell'illegalità a vincere. La cultura della scorciatotia. È il trionfo dei furbi. Che trovano nei mafiosi degli alleati grandiosi.
Proseguono per tutta la giornata gli eventi del 21 marzo. Ci saranno seminari, incontri, dibattiti. E spettacoli teatrali, come quello al teatro Argentina a Roma. Il titolo è dice tutto: “Dieci storie proprio così”. Storie di vittime per troppo tempo dimenticate. Lasciate andare colpevolmente negli scantinati della memoria.
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Intanto il Senato nei giorni scorsi ha approvato l'istituzione del 21 marzo quale giornata del ricordo nazionale delle vittime delle organizzazioni mafiose. Era da tempo che veniva chiesto. E forse ora, dopo tanti, anni ci siamo.