Bruxelles, le conseguenze degli attentati: "Non bisogna chiudere i confini"

La sospensione di Schengen o l'eccessivo rafforzamento dei controlli alle frontiere dopo gli attacchi in Belgio, avrebbero risvolti e costi imprevedibili per l'Italia, l'Europa e il mercato comunitario. Il commento di Andrea Goldstein, a capo della società di studi economici Nomisma

La paura, con il dipartimento di Stato americano che dirama un avviso ai suoi cittadini “state attenti a viaggiare in Europa”; i partiti della destra, inglese e non solo, che corrono a chiedere la sospensione di Schengen; i clienti abituali che evitano i centri commerciali nelle città del Belgio.

Mentre Bruxelles e il mondo intero piangono le 32 vittime e gli oltre 270 feriti delle bombe di martedì e mentre continuano le indagini sul profilo degli attentatori, «si rinforza già, e aumenta, la pressione sulle autorità a cui è chiesto di agire per la sicurezza». Tuttavia, questa pressione non deve sbagliare bersaglio: «La conseguenza non dovrà essere la chiusura dei confini. Perché questa porterebbe pochi benefici e avrebbe invece conseguenze e costi pesanti».

Andrea Goldstein guida uno dei più autorevoli studi di ricerca economica del nostro paese, Nomisma. E parla ai politici che in queste ore fragili dovranno prendere scelte importanti per reagire all'avanzata del terrore del Daesh nel cuore dell'Europa. A loro chiede di non cedere ai muri, alle forze e ai partiti che vedono nell'esercito ai confini l'unica soluzione, come già sta succedendo nei paesi che alzano barriere contro la crisi umanitaria di milioni di profughi.

«La libertà di circolazione delle persone e delle merci è talmente importante per la società e l'economia europea che valutarne l'impatto sull'intera catena del valore è difficile» spiega, e aggiunge: «di certo, osservando come in una città che da quattro mesi viveva in stato d'assedio sia stato possibile seminare il terrore, il punto di partenza non dovrebbero essere forse le frontiere quanto – come dicono in molti – la cooperazione fra polizie e intelligence nazionali». Mentre già i partiti di destra, soprattuto inglesi, avanzano la bandiera del Brexit sotto il segno della sospensione di Schengen: una libertà che ora è spacciata come minaccia.

Secondo France Stratégie, però, un istituto di ricerca del governo francese, questa strada avrebbe costi a breve termine di 10 miliardi di euro per la Francia, di 110 miliardi per l'insieme dei paesi europei. Il 38 per cento di questi ricadrebbe sui 350mila europei che ogni giorno vanno a lavorare in Belgio, appunto, in Germania, in Lussemburgo, in Svizzera o in Spagna. Il 12 per cento sarebbe legato invece al costo dei trasporti e delle merci. Il resto al rallentamento delle esportazioni e delle importazioni. «Per la Francia, che è un'economia che conta soprattutto sulla domanda interna, è un'eventualità rischiosa, ma ne sarebbe meno colpita. Meno di paesi come l'Italia, la Germania o il Belgio che si fondano sull'apertura».

Le conseguenze finanziarie degli attentati di Bruxelles non sarebbero solo un'eventualità con lo stringersi delle barriere fisiche. Purtroppo, rischiano di diventare già realtà a breve termine per il turismo del paese. «Soprattutto per i viaggiatori dagli Stati Uniti e dai paesi asiatici, che sono più sensibili alla paura dell'imprevedibilità di un attentato e seguono con serietà le raccomandazioni delle autorità», spiega Goldstein: «E questo ricadrà anche sui settori vicini all'accoglienza dei turisti internazionali, come i ristoranti di lusso. È successo in modo evidente in Francia dopo gli attentati di novembre».

A otto giorni dalla strage del Bataclan, gli alberghi di Parigi registravano presenze dimezzate, le gallerie Lafayette lo stesso. Nel primo trimestre del 2016, secondo i dati pubblicati a gennaio dall'Osservatorio mondiale sul turismo, la flessione è stata del 17 per cento.

Ma "rialzeremo la testa", assicurano in Francia, «dove i consumi non sono calati, si sono soltanto sostituiti: soffrono i centri commerciali, vanno meglio le vendite online e i negozi sotto casa». Lontani dalla folla. Su cui insiste la minaccia della propaganda dell'Is. Mentre gli europei dell'Unione chiedono di non cedere ai muri. E alla paura.

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