Sequestrati 25 milioni di euro a un clan misto camorra-mala romana. Facevano affari con le macchinette mangiasoldi. Il business delle mafie. Tra i boss coinvolti il cugino del super boss pentito Antonio Iovine

Camorra e mala romana. Unite nel gioco d'azzardo. Unite dalla passione per le videoslot, le macchinette mangiasoldi, sempre più cosa loro. Dopo gli arresti di due anni fa, ecco i sequestri patrimoniali. Colpiti al cuore boss dell'imprenditoria mafiosa campana. E personaggi del crimine della Capitale. La Guardia di Finanza ha sequestrato beni per un valore complessivo di circa 25 milioni di euro. Soggetti ritenuti affiliati al clan dei Casalesi, al gruppo Iovine e all'autonomo gruppo Guarnera di Acilia, quartiere alla periferia a sud di Roma.

Il provvedimento è stato emesso dal Tribunale di Roma su richiesta della procura antimafia capitolina. Le indagini condotte dal Gico della finanza, guidato dal colonnello Gerardo Mastrodomenico, hanno preso spunto da inchieste recenti, che hanno portato in carcere sia esponenti del gruppo Iovine trasferiti nella capitale sia del clan Guarnera. Il decreto di sequestro riguarda Mario e Salvatore Iovine, Sergio e Sandro Guarnera, Arben Zogu, Orial Kolaj, Petrit Bardhi, Franco Crispoldi e Fabrizio Diotallevi.

I beni sono principalmente società che gestivano la concessione delle slot machine e imprese edili. Nel malloppo pure alcune ville di lusso a Roma e provincia, in Sardegna e in Abruzzo La mente dell'organizzazione mista, però, era una. Mario Iovine, detto “Rififi”, che nel 2013 si era trasferito nella borgata romana. Ad Acilia comandava il clan Guarnera che, nell'ottobre dello stesso hanno aveva subito un duro colpo con l'operazione «Criminal Games»: quindici persone arrestate per per plurimi reati, tra cui associazione mafiosa, trasferimento fraudolento di beni, usura, estorsione, rapina, illecita concorrenza con minaccia e violenza e detenzione illegale di armi. Già in quel contesto, era emersa «una vera e propria 'joint-venture' tra esponenti di vertice della criminalità organizzata campana e noti appartenenti alla criminalità organizzata romana, a loro volta in contatto con soggetti della banda della Magliana».

Obiettivo comune era la spartizione del remunerativo settore delle slot machine, «macchinette mangiasoldi» la cui installazione veniva «imposta», sul territorio di Acilia, agli esercizi commerciali abilitati ed autorizzati. Rififì Iovine è un esperto del settore. E inoltre è cugino del super boss pentito Antonio Iovine, uno dei tre capi storici di Gomorra. Rififì è ritenuto il braccio operativo dei Casalesi nel campo dell'azzardo. I pentiti parlano di lui e della bravura nella gestione del gioco fin dagli anni '90. Secondo alcuni collaboratori, infatti, Mario Iovine era riuscito a monopolizzare il mercato dei videopoker. Macchinette poi messe fuori legge e sostitutite dalle slot machine elettroniche. Non solo in Campania, Rififì, era forte.

Gli affari venivano gestiti per conto suo anche in Emilia, dove i referenti locali del clan si preoccupavano di convincere i commercianti a prendere le macchinette mangiasoldi. Vecchi inchieste spiegano il metodo di imposizione. Nel Casertano come nel Modenese il clan si sarebbe servito dei “Ragionieri”.

Giovani soldati che si recavano nei locali per verificare quante giocate erano state fatte e per ritirare i soldi. L'imposizione avviene proponendo al gestore del locale di installare le macchinette. «Voi che tenete il bar senza videopoker, vengono i giovani del clan e dicono: ti devi prendere i videopoker da Tizio e Sempronio; voi magari dite che avete i vostri videopoker, e quello vi dice “favorite solo i nostri”, da oggi in poi quello che si guadagna, il 40% va a te e il 60% a noi, se questo scassa e cose varie, riforniamo tutto noi, io e Grasso». È l'esempio con cui il collaboratore Domenico Bidognetti spiegava al magistrato la dinamica dell'imposizione delle macchinette.

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