Porta a Porta, Riina jr e quella trattativa sull'intervista

Il rampollo dei Corleonesi ha firmato la dichiarazione di assenso solo dopo aver rivisto il programma. Un'anomalia, denunciata anche dal presidente del Senato Piero Grasso, da Rosy Bindi e da Claudio Fava

Il figlio dei capi dei capi ha rivisto l'intervista e solo dopo ha firmato la liberatoria. D'accordo, quindi, sul contenuto e sulle modalità ha concesso il permesso per andare in onda. Un aspetto confermato nella puntata di ieri della Zanzara dall'editore del discusso libro, Mario Tricarico. «Vespa non ha mandato preventivamente le domande, ma alla fine dell'intervista lui (Riina) ha preteso e ottenuto di guardarla e ascoltarla. Quando ha visto che andava tutto bene ha firmato il consenso. Senza liberatoria non va in onda niente». Queste le parole dell'editore, che delineano una sorta di trattativa con il figlio del boss. Un aspetto decisivo, passato sottotraccia nel dibattito tra favorevoli e contrari.

La puntata di Porta a Porta con Riina junior intervistato da Bruno Vespa continua a suscitare forti polemiche. E ieri in commissione antimafia i vertici, Monica Maggioni e Antonio Campo Dall'Orto, hanno difeso la scelta, precisando però che "l'ospite" ha parlato da «mafioso». Lasciando pure intendere che, forse, si può discutere sulla modalità con cui è stata condotta l'intervista.

Nell'aula di palazzo San Macuto sono stati sollevati diversi interrogativi. La presidente della Commissione Rosy Bindi e il vicepresidente Claudio Fava hanno chiesto spiegazioni precise sulla firma della liberatoria. «Chi ha stabilito il perimetro dell'intervista?» ha chiesto Fava, manifestando anche perplessità sulla conduzione. Sollevando il sospetto che le domande fossero pre confenzionate. La Bindi ha invece insistito sulla firma della autorizzazione: come mai è stata firmata solo dopo l'intervista.

La risposta l'ha data l'editore di Riina. Il rampollo dei Corleonesi ha voluto visionarla prima di dare il via libera. Un particolare destinato ad alimentare ulteriori scontri. Tra chi difende il lavoro dell'anchorman di punta della rete ammiraglia e chi, invece, lo critica, auspicando provvediemti disciplinari.

Il presidente del Senato Piero Grasso ha usato parole molte dure: «Quando io sono andato alla Rai la liberatoria mi è sempre stata fatta firmare prima, anche quando si trattava di una registrazione, perché stavolta no?». A Salvo Riina, la tv di Stato ha mostrato «grande rispetto. Aveva forse paura che gli fosse sfuggito qualcosa di compromettente e doveva rivederlo con cura?».

«La prima domanda da fare a Riina doveva affrontate la nota intercettazione in cui offende la memoria di Falcone e Borsellino, parlando con un suo compare mentre passano davanti alla stele in ricordo della strage di Capaci», osserva Fava. La registrazione a cui si riferisce il vicepresidente dell'antimafia era di questo tenore: «Se mio padre non fosse stato arrestato avrebbe vinto». L'audio proseguiva con il giovane rampollo che inveiva contro i due magistrati uccisi dal padrino Totò Riina, suo padre.
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Vespa affronta l'argomento giudici ammazzati da Cosa nostra. Gli chiede di Falcone e Borsellino. Ma questa volta Riina junior non è in presenza dei suoi compari e preferisce glissare: «Di loro non parlo: rispetto i morti ma le mie parole potrebbero essere strumentalizzate». Diplomatico, rispetto al dialogo intercettato alcuni anni fa, di cui Vespa non gli chiede conto.

«Non può interessare il privato di una famiglia del genere, da un tizio di questo spessore ci saremmo aspettati un racconto con dettagli importanti sul potere criminale, sugli affari, sui soldi, sulle relazioni con la politica del papà mafioso», spiega Fava, che conclude: «Per affrontare un'intervista del genere ci vogliono le competenze giuste, purtroppo ai deliri di Riina nessuna reazione serie dell'intervistatore, nessun contraddittorio».

Il corleonese sa cosa deve dire e cosa non può dire. I pentiti?: «Succede solo in Italia che non si fanno nemmeno un giorno di carcere, Poi accusano le persone, le mandano in carcere poi tornano a fare quello che facevano prima». Il padre?: «Amo mio padre e la mia famiglia, al di fuori di ciò che gli viene contestato, giudico ciò che mi hanno trasmesso: il bene e il rispetto, se oggi sono quello che sono lo devo ai miei genitori. Perché devo dire che mio padre ha sbagliato? Per questo c’è lo Stato, non tocca a me». La mafia?«Non me lo sono mai chiesto, non so cosa sia. Oggi la mafia può essere tutto e nulla. Omicidi e traffico di droga non sono soltanto della mafia».

In queste risposte c'è tutta la forza di Cosa nostra: la negazione, l'omertà, l'onore della famiglia. Messaggi che hanno sfondato lo schermo per raggiungere i salotti degli italiani. Con il placet del giovane Totò Riina, che convinto della prestazione ha deciso di firmare lil via libera a mandare in onda le sue parole.

C'è chi, poi, esulta per tutto questo clamore: il direttore della casa editrice. Che ha definito ipocrita la Feltrinelli di Padova. Perché si è rifiuta di ospitare la presentazione, ma continuerà comunque a venderlo. «È già tutto esaurito, stiamo ristampando» ha dichiarato Tricarico entusiasta.

Intanto però da Catania è partita la rivolta: la libreria Vicolo stretto ha scelto di non vendere il testo. Dopo di loro hanno aderito altre piccole librerie. Una rivolta, partita dalla Sicilia. Terra di Riina, ma soprattutto dei primi movimenti antimafia.

Chissà come ragirà l'isola se il progetto dell'editore di portare Riina junior per presentare il libro dovesse andare in porto. Tutto dipenderà dalla magistraturà che dovrà concedere il permesso al figlio di Totò "u Curtu" per allontanarsi da Padova, dove è sorvegliato speciale. Di certo sarà una visita che non passerà inosservata.

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