Giornata durissima per i titoli del settore. Che presentano cali molto forti e trainano le Borse al ribasso. Ecco i motivi dei timori degli investitori

Il voto pro Brexit dei cittadini britannici sta determinando una giornata nerissima sulle Borse di tutto il mondo. A Milano alle 15.52 l'indice Ftse Italia continua a viaggiare poco sopra i minimi segnati nel tonfo mattutino, perdendo il 9,96 per cento rispetto alla chiusura di ieri, quando le urne del regno Unito erano ancora aperte e i sondaggi facevano credere in una vittoria del "Remain". Perdonao anche le altre Borse europee, Londra (-3,80 per cento), Parigi (-7,59 per cento) e Francoforte (-6,33 per cento) e Wall Street (-2,93 per cento per l'indice Dow Jones), ma il listino di Piazza Affari fa peggio di tutti a causa del "peso" dei titoli bancari, schiacciati dai timori che la Brexit possa determinare un'ondata di tensioni politiche ed economiche nell'intera Unione europea. Unicredit perde il 19,5 per cento, Intesa Sanpaolo il 20,2 per cento, Monte Paschi il 13,8 per cento.

Le preoccupazioni degli investitori mirano tutte agli effetti di medio termine del voto pro Brexit. In uno studio diffuso ieri mattina, proprio nel giorno del referendum britannico, gli analisti del Credit Suisse notavano che, nonostante venissero da un periodo non certo brillante, i prezzi di Borsa dei titoli delle banche non avevano ancora scontato l'intera portata delle ripercussioni che si possono temere.
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In primo luogo c'è il timore di una frenata dell'economia: rispetto all'incremento dell'1,7 per cento registrato nel 2015 nell'area dell'euro, con la Brexit le previsioni sono ora di una crescita dell'1,5 per cento nel 2016 e dell'1 per cento nel 2017. Poi c'è quello di un contagio politico, che potrebbe spingere gli investitori a mettere in conto per il futuro ulteriori referendum “stay or leave” in altri Paesi. E infine c'è il timore che vadano sotto stress i Paesi con un debito più elevato, come Italia e Portogallo, con gli spread sui tassi di finanziamento del debito pubblico che potrebbero tornare a salire. Un problema per le banche italiane, che avendo i portafogli d'investimento imbottiti di Btp verrebbero percepite più a rischio.
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Di fronte a queste incertezze, gli analisti del Credit Suisse prevedono difficoltà su un altro fronte cruciale per le banche: il costo dei finanziamenti che servono loro per effettuare i prestiti all'economia, che potrebbe subire una pressione al rialzo. Va detto che la Banca centrale europea (Bce), dice il rapporto, conserva alcuni margini di manovra per contrastare questi effetti. La banca svizzera ne elenca tre: il taglio dei tassi sui depositi; l'espansione del programma di riacquisto di titoli che la Bce sta effettuando dallo scorso anno, portandolo sopra il livello di 80 miliardi al mese; l'allargamento – includendo anche i mutui ipotecari sulle case – della gamma di titoli che le banche possono concedere in garanzia per le operazioni chiamate Tltro II, ovvero i finanziamenti agevolati che la Bce concede alle banche a condizione che li mettano a disposizione delle imprese, che possono così permettersi d'investire a costi più bassi.
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Se anche i mutui fossero inserito fra i titoli “girabili” alla Bce come garanzia, stando ai calcoli del Credit Suisse, il valore complessivo dei titoli “eleggibili” per il Tltro II salirebbe nell'Eurozona da 1.500 a 2.100 miliardi,. Dando una bella boccata d'ossigeno alle banche, anche in un momento così difficile.

Dunque, anche se esistono degli strumenti per contrastare gli effetti della Brexit, lo scenario resta negativo. Anche perché le contro-misure della Bce potrebbero avere degli effetti per aumentare la liquidità del sistema bancario ma non sarebbero tutte a costo zero. Un'ulteriore riduzione sui tassi dei depositi, ad esempio, finirebbe per comprimere i margini di guadagno, in questa fase già sotto pressione.

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