Il Tribunale di Milano ha dichiarato che la spesa per rinnovare i documenti indispensabili per chi non ha la cittadinanza italiana è troppo alta. La cifra di duecento euro per il documento è "una discriminazione rispetto al costo che sostengono i cittadini italiani per ottenere documenti simili" e un ostacolo alla permanenza di lungo periodo. Risarciti sei immigrati
Il permesso di soggiorno made in Italy? Troppo caro rispetto al resto dell’Unione europea. Per chi deve periodicamente rinnovare i documenti di soggiorno rilasciati dalle questure della Penisola il costo è troppo alto e sproporzionato rispetto alle normative di riferimento europee, senza che le amministrazioni abbiano un valido motivo che giustifichi un costo così elevato, non paragonabile a quello chiesto nel resto del Continente.
Con questa motivazione il Tribunale di Milano ha riconosciuto un risarcimento danni a sei cittadini che ogni anno si cimentano con i bizantinismi delle legge Bossi-Fini e che avevano fatto causa alla presidenza del Consiglio dei ministri, al ministero dell’Interno e a quello dell’Economia contro l’alto costo del permesso.
La macchina giudiziaria gli ha dato ragione, dichiarando che si tratta di «una discriminazione rispetto al costo che sostengono i cittadini italiani per ottenere documenti simili», come ha sottolineato il giudice Martina Flamini, addebitando alle istituzioni coinvolte l’intero costo legale che hanno sostenuto i sei ricorrenti per affrontare questa causa, che è stata vinta, quindi, su tutti i fronti.
Più che una sentenza, si tratta di una vera sassata tirata nello stagno della farraginosa macchina dell’accoglienza italiana, in un periodo nel quale l’omicidio di
Emmanuel Chidi Namdi a Fermo ha riportato alla stretta attualità le tensioni mai sopite verso chi approda nella Penisola e viene trattato come un cittadino di serie B.
Per tutti i cittadini migranti che vivono nella legalità, ottenere un permesso di soggiorno dell’Unione europea costa 200 euro se a rilasciarlo è una questura. Il suo rinnovo costa da 80 euro per un periodo inferiore all’anno e fino a 200 euro per periodi superiori ai due anni.
Per una famiglia di 5 persone con 5 diversi permessi significa investire mille euro a scadenza regolare.
Un costo troppo alto, anche se una direttiva europea del 2003 ammette che ogni stato membro possa avere una discrezionalità nel fissare il contributo che gli stranieri devono versare per ottenere il permesso.
Ma, scrive nella sua sentenza il giudice milanese Flamini, “in osservanza del principio di proporzionalità,
il livello cui sono fissati detti contributi non deve avere né per scopo né per effetto di creare un ostacolo al conseguimento dello status di soggiornante di lungo periodo”.