'Ndrangheta in Senato, chiesto l'arresto per Antonio Caridi
L'operazione dei Ros nel capoluogo calabrese ha svelato l'esistenza di cupola dell'associazione composta da "insospettabili". Per il politico sarà Palazzo Madama a dover dare l'autorizzazione all'arresto
di Giovanni Tizian
15 luglio 2016
C'è il senatore Antonio Caridi tra gli indagati nell'indagine “Mammasantissima” della procura antimafia di Reggio Calabria. Il suo nome è tra quelli per i quali i magistrati reggini hanno chiesto l'arresto. In tutto sono cinque gli arresti che il Ros dei carabinieri hanno eseguito in queste ore. Gli indagati, invece, sono molti di più.
L'accusa è di associazione mafiosa. Per Caridi, ex Ncd poi transitato nel gruppo Gal (vicino alle posizioni di Denis Verdini) sarà comunque il Senato a dover dare l'autorizzazione all'arresto. Mentre per gli altri sono già scattate le manette.
Arrestato anche l'ex sottosegretario regionale Alberto Sarra, storico braccio destro dell’ex governatore calabrese Giuseppe Scopelliti e l’imprenditore Francesco Chirico. A capo di questa componente “riservata” (così l'hanno definita numerosi pentiti) ci sono volti e nomi che hanno segnato la storia criminale cittadina: due avvocati, Paolo Romeo e Giorgio De Stefano, entrambi già condannati in via definitiva per concorso esterno alla fine degli anni Novanta e di recente riarrestati in recenti operazioni.
Giorgio De Stefano è considerato la mente del potente casato che porta il suo cognome. A don Giorgi si deve, per esempio, l'avvicinamento tra il clan e le logge del Paese.
Paolo Romeo è invece un ex parlamentare del Psdi. Ma viene ricordato soprattutto per il suo passato di ordinovista con Stefano Delle Chiaie. Dopo la condanna per concorso esterno, era scomparso dai radar. Ma in silenzio ha continuato a governare la politica e l'imprenditoria reggina. Le indagini della procura guidata da Federico Cafiero De Raho lo indicano come il capo di una loggia massonica segreta, parallela alla 'ndrangheta e in grado di condizionare appalti milionari, alcuni membri del Parlamento, e la vita cittadina.
Anche in quest'ultima inchiesta l'ipotesi è l'esistenza di una struttura segreta di vertice della 'ndrangheta. Un “club” di personaggi rispettabilissimi, esponenti della borghesia locale, e per questo veri e propri insospettabili. Capaci però di «dettare le linee strategiche dell'intera organizzazione». E in grado, inoltre, di interagire con ambienti politici, istituzionali e, ovviamente, imprenditoriali. I grandi tre pilastri, insomma, che reggono le mafie.
Per i pm però non si tratta solo di interazione e di dialogo, il fine di questo “direttorio” dell'élite criminale aveva l'obiettivo di infiltrare questi ambienti e asservirli ai propri interessi. Gli investigatori del Ros hanno documentato, per esempio, il ruolo del gruppo in occasione di alcune tornate elettorali. Dalle comunali alle nazionali. Nulla sfuggiva al cerchio magico del clan.