Fa caldo, caldissimo fuori dalla scuola italiana. Nelle piazze reali come quella del Plebiscito, a Napoli, dove si protesta per l’algoritmo del Miur che spedisce i docenti con il punteggio più alto più lontano da casa, e online, sui social network, per i risultati del concorsone per le nuove selezioni della scuola renziana.
Una temperatura destinata a salire la prossima settimana, quando tocca ai docenti delle superiori scoprire l’indirizzo della nuova cattedra. A Napoli si sono trovati in trecento in piazza Plebiscito. La manifestazione è iniziata alle 9: i docenti si definiscono "deportati" perché, nonostante il punteggio molto alto in graduatoria, sono stati trasferiti al Nord. Un classico della scuola statale con trasferimenti dalla Sicilia, dalla Calabria, dalla Campania al Friuli Venezia Giulia, all’Emilia Romagna, alla Lombardia, al Veneto, al Piemonte. Un pesante sacrificio in cambio dell’immissione in ruolo a tempo indeterminato. Donna, over 35 anni, sposata e con figli è il profilo-tipo.
Così i docenti-manifestanti coinvolti negli spostamenti sono scesi in piazza perché, spiegano, «i nostri colleghi con servizi e titoli inferiori avrebbero ottenuto degli ambiti territoriali più vicini alla città di residenza».
Una beffa che ha scaldato gli animi con blocco del traffico e faccia a faccia con la Polizia in assetto anti-sommossa. Eppure, nel contratto sulla mobilità dell’anno scolastico 2016/2017, sottoscritto lo scorso aprile scorso da quasi tutti i sindacati, c’è scritto chiaramente che la mobilità doveva svolgersi secondo un criterio di merito: chi ha più punti ha la precedenza nella scelta della destinazione definitiva della mobilità.
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Qualcosa però non ha funzionato e quando sono arrivati i nominati dei 25.752 docenti della primaria abbinati a una sede grazie all’algoritmo del Miur la situazione è degenerata.
«Ci sono troppe anomalie nelle operazioni di mobilità nazionale della scuola primaria» sottolinea Marcello Pacifico del sindacato Anief. «Risulta, in molti casi, che un docente con pochi punti è stato destinato ad un ambito della propria provincia. Chi lo precedeva in graduatoria, con un punteggio maggiore, invece, è stato destinato in ambiti territoriali di altre province, distanti anche centinaia di chilometri. Il tutto è accaduto a insegnanti appartenenti alla stessa fase della mobilità, un assurdità».
Ancora più duro Mimmo Pantaleo del settore scuola della Cgil: «La procedura adottata dal Ministero per l'elaborazione dei dati della mobilità non solo è differente da quanto previsto dal contratto, ma ha anche generato una miriade di errori che finiranno con il ripercuotersi a catena sulla situazione di molti candidati. C’è un’unica soluzione: rifare le operazioni».
Il sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone ha cercato di stemperare gli animi: «Se analizziamo i casi di alcune regioni del Sud dove i cosiddetti “immobilizzati” (docenti che insegnavano da anni lontano da casa e chissà quando sarebbero potuti tornare nella loro regione) ora rientrano ne abbiamo oltre mille in Sicilia, circa 600 in Puglia, oltre 1.800 in Campania, quasi 540 in Calabria. A fronte di circa 800 docenti in Sicilia, circa 550 in Puglia, circa 1.500 in Campania e 400 in Calabria, che invece dovranno trasferirsi. Senza considerare che molti insegnanti oggi fuori dalla propria regione, non dovranno proprio spostarsi perché, grazie alle assegnazioni provvisorie, andremo incontro alle loro esigenze. Sappiamo perfettamente che gli spostamenti possono turbare equilibri e creare forti disagi. Ma non si può non riconoscere al governo l’impegno e la volontà di dare stabilità al nostro sistema d’istruzione».
Insomma per il Governo la situazione è ben diversa rispetto al passato, quando i docenti, condannati a un precariato senza termine, erano costretti a muoversi da precari. Chi si sposta oggi lo fa invece con un contratto a tempo indeterminato in tasca, e la possibilità prima o poi di tornare a casa.
Uno sforzo di normalizzare la scuola che ha visto Stefania Giannini mettere la faccia per lanciare il concorsone che assegna 63.712 posti disponibili a 165.578 aspiranti prof.
«Credo che sia una grande prova di civiltà che un Paese restituisca ai sensi della Costituzione la possibilità di fare un mestiere delicato, importante e straordinario attraverso una selezione pubblica che deve verificare quanto si è adatti a farlo» ha spiegato il ministro alla vigilia delle prime prove. Tre mesi dopo con la prima prova scritta è arrivata una raffica di bocciature, con metà dei candidati già fuori.
Ecco alcuni esiti degli scritti che raccontano la situazione: Filosofia e Scienze umane in Calabria si è chiusa con nessun promosso su 23. Sempre in Calabria, numeri bassissimi nelle discipline letterarie: 95 su 320. Solo il 23 per cento è passato sui posti messi a bando per il sostegno. In Sicilia, il 70 per cento dei bocciati: le due domande in lingua straniera hanno falcidiato i candidati, come ha rivelato l’Ufficio scolastico.
Quasi ogni giorno vengono presentate interrogazioni parlamentari per sbagli e comportamenti illegittimi. Si prevedono tantissimi ricorsi che andranno ad ingolfare gli uffici scolastici regionali. Non sono arrivati neppure agli orali i docenti precari che in passato hanno dimostrato di possedere competenze e qualità per fare l’insegnante. Perché al concorso a cattedre il Miur ha voluto portare solo docenti già abilitati e molti di loro erano già risultati idonei a seguito del concorso del 2012. Poi le maglie si sono allargate innescando una lotta all’ultimo posto tra chi insegna da anni e ha l’abilitazione e chi invece aveva superato quella selezione ma nella vita aveva deciso di fare altro. Ora aleggia un’altra domanda senza risposta: terminate le prove orali riusciranno i fortunati vincitori del concorso ad entrare in aula per l’autunno?