Camera e Senato hanno aperto due indagini sulla gestione del centro di accoglienza, dopo il reportage de “l'Espresso” e l'appello su Repubblica del fondatore Eugenio Scalfari. Oggi convocati il procuratore, il prefetto e il questore

Due commissioni parlamentari d'inchiesta stanno indagando sulla gestione del Centro d'accoglienza per richiedenti asilo di Foggia. Il giornalista de “l'Espresso”, Fabrizio Gatti, che per una settimana ha vissuto nel Cara e ha firmato il reportage “Sette giorni all'inferno”, è stato sentito martedì 20 settembre per oltre tre ore in due diverse audizioni. Per oggi sono stati convocati il procuratore, il prefetto e il questore di Foggia. Ascoltato anche il direttore del Cara, Umberto Carofiglio, che ha parlato davanti alle telecamere alla fine dell'audizione. In merito alla presenza di cani aggressivi tra i profughi ha detto: «Per i cani randagi noi abbiamo segnalato più volte questa criticità. Se entra un ospite (nel Cara), perché non potrebbe entrare un cane randagio?».

A Palazzo San Macuto, Gatti ha raccontato la sua esperienza, davanti alla “Commissione parlamentare d'inchiesta della Camera sul sistema di accoglienza e sulle risorse pubbliche impegnate”, riunita in sessione plenaria. Il presidente Federico Gelli e i deputati hanno chiesto all'inviato de “l'Espresso” di riferire i dettagli del suo lavoro da infiltrato. Successivamente Gatti è stato sentito dalla “Commissione parlamentare d'inchiesta del Senato sulla sicurezza nei luoghi di lavoro”. La presidente Camilla Fabbri e i senatori in particolare hanno fatto domande sullo sfruttamento dei profughi ospitati nel Cara da parte di caporali italiani e africani per essere impiegati nelle campagne foggiane.

Davanti alle due commissioni il giornalista ha ribadito la presenza di donne nel Cara, smentendo le dichiarazioni rese alla Commissione della Camera dal direttore della struttura di Foggia, Umberto Carofiglio della cooperativa “Senis Hospes”, che ha invece sostenuto che non ci sono donne nel campo: «Il campo al cento per cento è di soli uomini».
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Gatti ha sottolineato anche come alcune ragazze fossero molto giovani, precisando che potrebbero essere richiedenti asilo regolarmente registrate o ospiti abusive. [[ge:rep-locali:espresso:285231601]] Carofiglio, sentito dalla commissione subito dopo il giornalista, ha anche dichiarato che gli ospiti che partecipano ai corsi di italiano sono una media di 250 stranieri: «Abbiamo quattro insegnanti». Poiché la presenza nel Cara è un numero variabile tra le 1.300 e le 1.400 persone (1.349 nel giorno delle audizioni, come a rivelato la senatrice Fabbri), è quindi vero che la grande maggioranza dei richiedenti asilo non partecipa a corsi di italiano, nonostante il costo delle lezioni sia pagato dallo Stato.

A Gatti i commissari hanno inoltre chiesto di descrivere le condizioni di degrado in cui sono ospitati i profughi al prezzo di 22 euro al giorno a persona, per un totale di 31 mila euro al giorno: circa undici milioni l'anno incassati dalla cooperativa cattolica “Senis Hospes” che si è aggiudicata l'appalto attraverso il consorzio di Lega Coop “Sisifo”.
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Gatti ha poi spiegato come, appena fuori la recinzione del Cara, ci siano cumuli di rifiuti . Ma anche come nella baraccopoli costruita alle spalle di quello che nell'inchiesta giornalistica è chiamato il “Ghetto di Stato”, vivano centinaia di braccianti africani, con documenti di soggiorno in regola, esposti alle angherie dei caporali e della criminalità: «Sono ancora lì perché i bassi compensi pagati dagli agricoltori foggiani e la scarsità di lavoro non permettono loro di affittare una casa».
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Oggi la Commissione parlamentare d'inchiesta sul sistema d'accoglienza sentirà il procuratore della Repubblica di Foggia, Leonardo Leone de Castris, il prefetto Maria Tirone e il questore Piernicola Antonio Silvis. La denuncia de “l'Espresso” e l'appello su Repubblica del fondatore Eugenio Scalfari la scorsa settimana hanno spinto il ministro dell'Interno, Angelino Alfano, ad avviare altre indagini sulla gestione del Cara. Il procuratore Leone de Castris e i sostituti Dominga Petrilli e Francesco Diliso hanno  confermato che alcune persone legate all'attività del Cara sono da tempo iscritte sul registro degli indagati per i reati di corruzione, truffa, falso e falso in bilancio.