Dopo le violenze in Catalogna, in Italia è scontro sul referendum in Lombardia e Veneto

I politici italiani condannano gli scontri (con l'unica eccezione di Giovanardi secondo cui «Rajoy ha protetto la democrazia»). Ma scoppia la polemica sul voto per l'autonomia delle regioni del Nord. E sinistra e destra si mescolano

Non si placano le polemiche sul referendum per l’indipendenza della Catalogna. Non tanto per il risultato uscito dalle urne (un’affluenza maggiore del previsto, 2,3 milioni di votanti sui 5,3 di aventi diritti, il 90 per cento di sì). Ma per la prova di forza del governo di Madrid, che ha risposto con cariche, manganellate, proiettili di gomma alle persone che erano fuori e dentro i seggi. Il giorno dopo il primo ottobre, il risultato del voto è passato in secondo piano.

Il referendum per l'indipendenza della Catalugna è diventato subito un pretesto per parlare del referendum per l'autonomia di Lombardia e Veneto del prossimo 22 ottobre. Un referendum che divide. Proposto dai governatori della Lega Nord Maroni e Zaia, è appoggiato dal Movimento 5 Stelle e Forza Italia. Una posizione polemica è stata assunta da Fratelli d'Italia, che vedono in pericolo l'unità nazionale, e le sinistre. Ambiguo l'atteggiamento del Pd: i politici locali, in primis i sindaci, voteranno per il "Sì", i vertici nazionali lo considerano «strumentale». Ma se le valutazioni politiche dividono, la condanna dell'atteggiamento del governo Rajoy è (quasi) unanime.

«Ho visto delle scene che neanche nell’Unione Sovietica o nella peggior Turchia: non si è mai visto nel 2017 un governo che manda a manganellare cittadini inermi che vogliono votare. A Madrid qualcuno la deve pagare». Commenta così il segretario della Lega Nord Matteo Salvini, che condanna le violenze di ieri. Fa poi un parallelo con il voto per l’autonomia di Lombardia e Veneto: «Non è equiparabile alla richiesta di secessione della Catalogna. Il 22 ottobre si terrà un referendum legittimo, per l’autonomia, riconosciuto anche dallo Stato. La Lega ha scelto una via pacifica, nel rispetto delle regole».

Gli fa eco Roberto Calderoli, che condanna duramente l’operato della polizia spagnola: «Scene da regime. Sono stati presi a manganellate non dei terroristi, ma degli anziani e delle donne che volevano solo votare. Ora l’Italia interrompa ogni tipo di rapporto diplomatico con la Spagna».
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È duro anche il governatore del Veneto, Luca Zaia «la Spagna è ricaduta a piè pari nel franchismo». Per il presidente leghista «il governo di Madrid, in crisi di legittimità, ha dato ragioni alle tesi catalane con il suo atteggiamento antidemocratico. Da ieri la Spagna ha perso la Catalogna e una grande occasione per esercitare la democrazia rappresentata dalla consultazione popolare». E ricorda che «con il referendum sull’autonomia non vogliamo staccarci dall’Italia. Chiediamo solo più autonomia, nel rispetto della Costituzione».

«Siamo vicino al popolo catalano e spero che si trovi una soluzione per rafforzare il ruolo delle Regioni. Ne trarrebbe beneficio anche la Lombardia». Il commento del governatore lombardo Roberto Maroni, che critica l’Unione Europea per non essere intervenuta in alcun modo: «fa come Ponzio Pilato e commette un errore tragico. Quello che succede a Barcellona riguarda tutta l’Europa. Non è bastata la Brexit, a Bruxelles dormono».


Anche Forza Italia condanna le violenze. I forzisti però preferiscono sottolineare che «il referendum sull’autonomia di Lombardia e Veneto del 22 ottobre è consultivo, si inserisce perfettamente in un legittimo percorso costituzionale». Così dichiara Alessandro Cattaneo, responsabile dei comitati di Forza Italia per l’autonomia lombarda.

In controtendenza Carlo Giovanardi. «Rajoy tutela la democrazia e la Costituzione spagnola» sostiene il senatore di Idea-Popolo delle Libertà «gran parte dell’informazione italiana fa passare per legittimo un referendum bocciato dalla Corte costituzionale spagnola. E per franchista chi difende i principi di legalità infranti dai secessionisti catalani».

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C'è anche Giorgia Meloni a non sostenere «le spinte indipendentiste e autonomiste che vorrebbero dividere e indebolire gli Stati nazionali in Europa». Per la presidente di Fratelli d’Italia i fatti spagnoli ricordano molto il «Divide et impera degli antichi romani. La patria è l’ultimo luogo sicuro nel quale la sovranità appartiene al popolo e non a opache strutture sovranazionali». La Meloni non è d'accordo neanche con la decisione del referendum sull'autonomia del 22 ottobre, in polemica con Salvini: «Non mi appassionano, sono un pericolo per l'unità nazionale» ha dichiarato più volte negli ultimi giorni.



Dal Movimento 5 stelle arriva una dura condanna. «Poliziotti con il passamontagna, come se stessero andando ad arrestare un mafioso, che in realtà vanno a sequestrare le urne. La corruzione si può anche accettare» scrive su Facebook Alessandro Di Battista «ma un popolo che decide come, quando e perché votare, no. E le chiamano democrazie!».



Anche il Pd si schiera contro le violenze. «Si interrompa subito la spirale degli atti di forza e di decisioni unilaterali e si apra un dialogo tra Madrid e Barcellona» dichiara Piero Fassino, responsabili esteri dei Dem. Alessandro Maran, della Commissione per le politiche Ue della Camera, ricorda l’«illegalità» del referendum catalano «bloccato dalla Corte costituzionale spagnola». Poi si interroga: «Bisognerebbe chiedersi se proprio la Corte non abbia responsabilità per tutto quello che sta succedendo. Fu lei a mandare le forze dell’ordine per tentare di bloccare il voto». Maran conclude facendo un velato riferimento al referendum per l’autonomia del 22 ottobre: «Spesso sono molte le Corti che prendono decisioni discutibili...».
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Più critico Pierluigi Bersani di Mdp. «Si sono sommati errori e ora c'è solo da sperare che prevalga la razionalità». Poi, paragonando il voto catalano con quello del lombardo-veneto, afferma: «Non bisogna confondere le tragedie con le farse. Veneto e Lombardia pongono un quesito che è come dire “W la mamma, sei d'accordo?”. Chi ha da fare non andrà a votare, le cose proclamate lì si possono ottenere in un quadro regolamentare normale. Si spende qualche milione di euro per fare cinema». Per Enrico Rossi, governatore della Toscana dei democratici e progressisti, «Rajoy è uno stolto, cocciuto e inflessibile, alla pari della legenda nera dei suoi padri. In Italia la questione porti a riflettere sulle avventure strumentali di Lombardia e Veneto».



Il leader di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni, ha chiesto subito «al presidente del Consiglio Gentloni di intervenire ufficialmente sul premier Rajoy» per mettere fine alle violenze. Poi critica fortemente come il referendum catalano è stato seguito dall’informazione pubblica: «Se il Tg1 nell'edizione delle ore 20 lancia un servizio sulle reazioni politiche italiane sul referendum catalano, e poi fa parlare solo Lega, presentata erroneamente come l'unica forza critica con Madrid, Forza Italia e Pd, non si fa certo informazione corretta».

Ma se la presidenza del Consiglio ancora non commenta, lo fa il Colle. «In questi giorni, ieri particolarmente, in tutta l'Europa abbiamo ancora una volta verificato che quando prevalgono scontro ed esasperazioni di posizioni, si allontano le soluzioni positive» prova a gettare acqua sul fuoco Sergio Mattarella. «Solo la cultura può fornire supporto per il dialogo e il confronto che consenta di addivenire a soluzioni condivise».

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