I record non sono una prerogativa di Roma. E non dipendono solo dal traino delle riforme. Lo dimostra la corsa sulle stesse ascisse e ordinate di ingressi e ricavi, sullo stesso piano di un generale rinnovato interesse per il turismo culturale in Italia della regione autonoma di Sicilia. Anche qui, in disparte rispetto ai programmi ministeriali, monumenti e musei hanno macinato nel 2016 aumenti su aumenti.
I visitatori sono cresciuti in un anno dell’11,7 per cento, gli incassi del 13,5, fino a 23 milioni di euro. Ragusa è la provincia più agguerrita, con dodicimila visitatori in più. La Sicilia resta isola però su un altro aspetto. Se le zone di Enna, Messina, Siracusa o Agrigento stanno infatti aumentando anche loro le quote di biglietti a pagamento - nella valle dei Templi, su 654mila presenti, 473mila hanno messo mano al portafogli per la visita - nel perimetro del capoluogo la bilancia si sposta completamente sulla gratuità. L’anno scorso hanno avuto accesso gratis a chiostri, castelli e pinacoteche di Palermo più persone di quante non abbiano pagato. È un unicum, nel Paese.
Se sia una disfunzione o un’idea di cultura, se sia un caso o un segnale del possibile successo di iniziative come le domeniche gratuite per una popolazione che ha voglia di arte, ma non sempre può permettersela, è certo che davanti all’Annunziata di Antonello da Messina, fra le sale progettate da Carlo Scarpa, a palazzo Abatellis, ad esempio, entrino normalmente gratis il doppio di visitatori rispetto a quanti paghino gli otto euro previsti dal ticket intero.
A Palermo c’è però anche un esempio al contrario: di successo economico per una gestione autonoma pre-riforma. Senza contributi regionali, scrive nel proprio bilancio, la Fondazione che gestisce la Cappella Palatina ha chiuso il 2016 in utile, con oltre due milioni di euro di ricavi (253 mila solo dal bookshop) e aperture garantite fino alle nove di sera.