Le regole per la conversione delle nuove banconote, decisa un anno fa, ha provocato in tutto il Paese un caos immane. E a farne le spese sono sempre state le fasce più povere della popolazione
L ’8 novembre 2016, alle otto di sera circa, il premier
Narendra Modi compariva a sorpresa sugli schermi tv di tutta l’India annunciando che, a partire dalla mezzanotte, le banconote da cinquecento e mille rupie con impresso il volto occhialuto del Mahatma Gandhi sarebbero andate fuoricorso per essere sostituite da nuova carta moneta da cinquecento e duemila rupie.
Le regole per la conversione si rivelavano particolarmente bizantine e molto restrittive anche perché la nuova moneta andava in stampa soltanto a partire dal giorno dopo: di conseguenza i bancomat sarebbero stati inutilizzabili per almeno due giorni. Le scene deliranti che seguivano all’annuncio hanno tenuto banco per qualche mese sulle prime pagine di tutti ?i giornali e hanno avuto impatti devastanti sulla vita quotidiana ?di tutti.
Code chilometriche agli sportelli delle banche, assalto ai bancomat, altrimenti perennemente vuoti, non appena venivano riforniti e endemica mancanza di contante per le piccole spese quotidiane sono stati la norma fino a febbraio. In teoria, la mossa a sorpresa era stata studiata dal governo con il lodevole intento di far emergere la mole spaventosa di denaro nero che circolava in India in generale e tra Delhi e Bombay in particolare, dove lo spettacolo di signore della buona società che tirano fuori dalla borsetta quantità incredibili di denaro contante per pagare un paio di scarpe di Jimmy Choo non è affatto insolito.
Come non è insolito, anche per chi non beneficia di mazzette pagate a scopo corruzione o concussione, tenere in casa quantità anche rilevanti di denaro contante. Perché se è vero che ?la corruzione dilagante si alimenta col denaro nero, è vero anche che l’economia indiana, quella della gente comune, si basa quasi esclusivamente sulla circolazione ?di contante. La maggioranza silenziosa, quella che non legge l’inglese e non figura nei notiziari, non possiede una carta d’identità figuriamoci un conto corrente bancario.
Cosa indegna di un paese moderno, secondo il governo, ?che mirava anche a incrementare l’uso delle carte di credito e dei pagamenti digitali. Dopo qualche mese passato a pagare il fruttivendolo con una apposita app e a farsi prestare contanti dal droghiere, si è tornati alla normalità del buon vecchio contante. Perché tutta l’operazione, a quasi un anno di distanza, è stata un gigantesco ?e totale fallimento. Sono rientrate nel circuito bancario, secondo dati della State Bank of India, più ? del novantanove per cento delle banconote in circolazione: chi possedeva rilevanti quantità di carta moneta, e per rilevanti si intendono anche milioni di rupie, ?ha trovato il modo di rimetterle in circolo e riaverle indietro, sempre ?in contanti, sbiancate e ripulite. Sui modi per farlo si potrebbe scrivere un romanzo, tanto sono stati fantasiosi e creativi.
Le carte di credito sono tornate al loro uso normale e puramente decorativo: si accettano dappertutto in teoria, ma quasi sempre “il pos non funziona”. A fare le spese di tutta l’operazione sono stati soltanto i disgraziati, quelli che non hanno un conto ?in banca né un bancomat e che tenevano sotto chiave dentro casa ?i loro sudati risparmi, in banconote da cinquecento o mille, possibilmente, perché occupavano meno spazio. Ma nonostante, conti alla mano, questo scherzetto abbia rallentato la crescita economica ?del paese dal 7,5 al 6,1 per cento e fatto crollare il mercato immobiliare e la Borsa per diversi mesi, la popolarità di Modi ne è uscita incredibilmente rafforzata.
Per l’uomo della strada difatti, ?le analisi socioeconomiche e la bilancia commerciale sono concetti e teorie del tutto astratti. Quello che conta, è che il premier abbia cercato, come promesso in campagna elettorale, di sconfiggere la corruzione e minare i privilegi dei ricchi a favore delle classi meno abbienti.