La supremazia della potenza sciita cresce in Iraq. Ecco come
Il “corridoio sciita” dal 16 ottobre scorso, giorno della conquista manu militari di Kirkuk, la città contesa tra curdi iracheni e il governo centrale di Baghdad, da parte delle milizie sciite Hasdh al Shaabi controllate dai pasdaran iraniani, passa ormai anche dalla Regione Autonoma del Kurdistan, nel nord dell’Iraq, dove si trova per l’appunto la Gerusalemme curda.
Il resto dell’Iraq è una provincia di Teheran dal 2005, anno della prima elezione post invasione americana, quando divenne primo ministro lo sciita al Maliki. La frazione del popolo curdo che dal secolo scorso si è ritrovata a vivere dentro i confini dell’Iraq si è dovuta pertanto rendere conto che anche le montagne non sono più granitiche.
«Solo le montagne ci proteggono» è stato infatti il proverbio più citato dalla maggior parte dei quasi cinque milioni di curdi “iracheni”, come una sorta di formula consolatoria ed esorcismo in seguito ai tradimenti della storia, fino al 25 settembre scorso. Giorno in cui si è tenuto il referendum consultivo per l’indipendenza della Regione curda nata nel 1991 e diventata autonoma nel 2005 con la nuova Costituzione post intervento degli Stati Uniti e impiccagione del sunnita Saddam Hussein. Il macellaio che gli Stati Uniti nel lontano 1979 misero a presiedere l’Iraq proprio in funzione anti iraniana, in barba al credo sciita della maggior parte della popolazione irachena. Il risultato del referendum del 25 settembre non era vincolante. Perciò l’affluenza record e il risultato plebiscitario a favore del distacco da Baghdad non avrebbero dovuto scatenare l’ira funesta dei potenti vicini turchi e iraniani. Tantomeno degli Stati Uniti, da dodici anni alleati della famiglia Barzani, una delle due tribù curde - l’altra fa capo al clan Talabani- che governano da sempre questa vasta area nel nord dell’Iraq, la più ricca di petrolio, gas e acqua di tutto il paese. Ma così non è stato, anche a causa dell’estremo indebolimento e disorientamento degli Usa dovuto alla mancanza di credibilità e insipienza geopolitica del presidente Trump.
Le minacce si sono dunque presto trasformate in una proto guerra tra curdi e iracheni-iraniani dal giorno della presa di Kirkuk, che domenica scorsa è stata funestata da attacchi kamikaze e auto bomba, rivendicate dalla rediviva al Qaeda. «Al Qaeda in questo caso è un evidente paravento dietro a cui si nasconde la Cia per impedire all’Iran, alleato della Russia in ambito mediorientale, di mantenere la presa su Kirkuk», dice a L’Espresso una qualificata fonte iraniana che chiede l’anonimato per ragioni di sicurezza.
Secondo un’altra fonte, che opera anche nel business del commercio energetico, «l’ayatollah Khamenei non lascerà mai che il Kurdistan iracheno diventi la prima nazione curda, per il semplice fatto che l’unico a volerlo apertis verbis è Israele». Soprattutto l’attuale governo di estrema destra guidato dal discreditato Netanyahu, ma in realtà gestito dal partito dei coloni, sostiene oggi più che mai la causa dell’indipendenza curda in un Iraq ridotto a cantone iraniano non certo per solidarietà tra popoli che hanno dovuto lottare e stanno lottando per avere una patria. Israele piuttosto vuole che nasca uno stato amico in quella zona al confine con l’Iran, per avere una appendice a ridosso dello stato che più lo minaccia.
La situazione è favorevole anche per la Russia e per la super potenza cinese, le uniche in questo frangente storico che gioiscono dello smacco curdo e della supremazia di Teheran ormai in quasi tutto il Medio Oriente, Libano compreso. Essendo questa débâcle imputabile solo in superficie a Masoud Barzani, alleato degli Usa e di Israele, nonché neo dimissionario dalla presidenza della Regione Autonoma curda irachena avendo perso la contesa Kirkuk, anche a causa del tradimento del clan Talabani da sempre vicini a Teheran, è lecito concludere che in questa polveriera i giochi ormai non li decide più la Casa Bianca. A cui forse non rimane che riesumare lo spettro di Bin Laden per cercare di correre ai ripari in extremis come fecero in Afghanistan negli anni Ottanta dandogli armi e sostegno in funzione anti sovietica e anti sciita.