La Procura di Roma: i comandanti delle sale operative della Squadra navale e della Guardia costiera hanno tardato i soccorsi. I pm Colaiocco e Lionetti ora indagano su nave Libra e sul “livello superiore”

La Procura di Roma ha chiesto il processo per due ufficiali superiori della Marina militare. È un ulteriore, importante passo verso l'accertamento della verità sul naufragio dell'11 ottobre 2013, quando l'evitabile ritardo nei soccorsi ha contribuito alla morte di 268 persone, tra le quali sessanta bambini.

Il provvedimento è anche il secondo risultato concreto ottenuto dal film-inchiesta “Un unico destino”, prodotto da Espresso e Repubblica, con 42° Parallelo e Sky. Nella loro opposizione alla precedente richiesta di archiviazione, gli avvocati Alessandra Ballerini ed Emiliano Benzi, che rappresentano alcune vittime del massacro di civili, avevano depositato anche il documentario, oltre a numerose prove: tutte già contenute nel fascicolo, non erano state considerate nei quattro anni di indagini.

LE NUOVE PROVE
Sulla base dei nuovi elementi raccontati nel film e non solo, un mese fa il giudice per le indagini preliminari Giovanni Giorgianni aveva ordinato alla Procura di formulare i capi di imputazione contro i due ufficiali e chiederne così il processo. Il giudice ha anche disposto un supplemento di inchiesta sulle eventuali responsabilità di altri militari non ancora identificati e sulla comandante di nave Libra, Catia Pellegrino, che dopo aver ricevuto l'ordine di andare a nascondersi dal Cincnav, il Comando in capo della squadra navale della Marina militare, non avrebbe risposto alle chiamate dirette di soccorso lanciate sul canale 16 delle emergenze dai piloti di un aereo ricognitore maltese. La Libra era da ore a poche miglia dalle famiglie siriane, in tutto 480 persone, a bordo del peschereccio che stava affondando. E il comandante dell'aereo, il maggiore George Abela, e il suo equipaggio dall'alto vedevano che il pattugliatore di Catia Pellegrino era vicinissimo al barcone, nel mare quasi calmo: in alcuni momenti si trovava ad appena 30 – 40 minuti di navigazione.

La richiesta di rinvio a giudizio da parte della Procura, perché si apra finalmente il processo, riguarda l'allora capo sezione attività correnti della sala operativa del Cincnav della Marina militare, il capitano di fregata Luca Licciardi, 47 anni, e l'allora responsabile della centrale operativa della Guardia costiera, il capitano di vascello Leopoldo Manna, 56 anni. Sono due ufficiali superiori che nei mesi di Mare nostrum, l'operazione di soccorso decisa dal governo italiano dopo il massacro dell'11 ottobre, si sono distinti nell'attività di coordinamento delle unità in mare. Ma quel pomeriggio, sette giorni prima dell'inizio di Mare nostrum, secondo l'accusa non hanno fatto ciò che dovevano e potevano fare: dovevano soccorrere le famiglie con i bambini, perché lo imponevano le norme, e potevano soccorrerle, perché c'erano sia il tempo sia le condizioni meteo favorevoli per farlo.

L'INCHIESTA NON SI FERMA
Licciardi è l'ufficiale che nel film si sente ordinare alla Libra di “togliersi dai coglioni”. E quando l'autorità maltese di coordinamento dei soccorsi scopre con il suo aereo ricognitore che la Libra è lì e non fa nulla, Licciardi risponde così alle insistenze formali di Malta: «Digli vabbè, 'sti cazzi, ti facciamo sapere, stand by, stand by», ritardando ancora una volta l'intervento. Fino al rovesciamento del peschereccio, alle 17.07, dopo cinque ore d'inutile attesa, quando a Catia Pellegrino viene finalmente dato l'ordine di dirigere sul punto a tutta velocità e di lanciare in volo l'elicottero. Il capitano di vascello Manna invece, essendo a capo della centrale operativa di soccorso italiana, secondo l'accusa avrebbe dovuto esercitare l'autorità che le norme gli affidavano, scavalcare la catena di comando della Marina e inviare senza ritardi la Libra. Avrebbe potuto dare lui l'ordine. Ma non l'ha fatto. Nel film lo si sente dire a Mohanad Jammo, il medico a bordo che chiamava con un telefono satellitare, che il loro barcone era più vicino a Malta. Non era vero: l'isola era a circa 118 miglia nautiche (quasi 220 chilometri), Lampedusa a 61 e il pattugliatore italiano tra le 15 e le 17 miglia, sicuramente meno di un'ora di navigazione e pochi minuti di volo in elicottero. Per questo i due militari sono accusati di omissione d'atti d'ufficio e omicidio colposo.
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Ora un altro giudice dovrà valutare la richiesta di rinvio a giudizio. Il fascicolo è stato assegnato a Bernadette Nicotra e l'udienza è fissata per il 16 febbraio. Prosegue intanto l'inchiesta su nave Libra. Il procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, ha deciso di potenziare le forze in campo affiancando al pubblico ministero Santina Lionetti il collega Sergio Colaiocco.

IL LIVELLO SUPERIORE
Resta da scoprire il livello superiore: chi ha suggerito agli ufficiali di non mandare nessuno a soccorrere immediatamente il peschereccio, affinché l'Italia non si facesse carico dei naufraghi? È proprio questo che la centrale operativa della Guardia costiera italiana comunica ai colleghi maltesi, di fronte alle suppliche al telefono del maggiore Ruth Ruggier che chiede l'invio immediato di nave Libra: «È la più vicina, capisci?», insiste la comandante del centro coordinamento soccorsi di Malta. Lo ha suggerito il contrammiraglio Francesco Sollitto, non indagato, il diretto superiore che Licciardi dice di avere informato? Oppure lo ha deciso un'autorità ancora più in alto nella catena che quel giorno, dai fax inviati dalla Guardia costiera, arrivava fino al ministero dell'Interno, allora affidato ad Angelino Alfano?

L'Espresso ha cominciato a indagare su questo naufragio alle 17.30 dell'11 ottobre 2013, ventitré minuti dopo il massacro. Di fronte alla morte evitabile di 268 persone, accertare la verità dei fatti è un dovere. Sappiamo che non è facile dormire sulle immagini dall'alto di quei bambini in mare e dei loro genitori, che uno dopo l'altro vanno sott'acqua come sassi. Non si dorme, se non si è fatto tutto ciò che era nelle nostre possibilità. Sia come militari, sia come giornalisti. È per questo che chi sa, chi c'era in sala operativa o sulla plancia di comando di nave Libra o negli uffici ministeriali, ora deve parlare. La Marina militare, allora guidata dal capo di Stato maggiore Giuseppe De Giorgi, sul naufragio aveva addirittura fornito notizie non vere al Parlamento. Oggi quell'epoca è finalmente superata. L'iniziativa della Procura di Roma apre un nuovo capitolo: non è un'indagine sulla Marina, ma su errori che vanno accertati, anche perché lo richiede la legge. E per quanti sanno, raccontare la verità di fronte a sessanta bambini annegati è sicuramente la miglior cura contro gli incubi.