Era il 1987, trent’anni fa, un’altra campagna elettorale e la Democrazia cristiana, per rifarsi l’immagine, si affidò a un importante studio pubblicitario. Mamme in attesa, sposi casti, papà, scolari, nonni, nipoti. La musica di Ennio Morricone, le scenografie dell’Oscar Gianni Quaranta. Trenta secondi, poi il ritornello: «Per un sorriso/ per la libertà/ per un grande sogno d’amore/ per l’avvenire/ per una vita di serenità/ per la tua casa e il lavoro/ e il futuro dei tuoi figli/ forza Italia, forza Italia, forza Italia».
Lo spot della Democrazia Cristiana del 1987
Il più grande caso di profezia che si auto-avvera della storia politica italiana. Sette anni dopo, infatti, Silvio Berlusconi riprese quel manifesto e quello spot, quei cieli azzurri tranquillizzanti, e lo trasformò nel nome del suo nuovo partito, senza neppure cambiare la grafica.
Lo abbiamo ripreso con ironia nel numero dell’Espresso in edicola da domenica 24 dicembre, al momento di scegliere le persone dell’anno 2017. Persone comuni, come lo erano quelle di una pubblicità elettorale di tre decenni fa. Il volto delle nuove famiglie che da tempo vivono nelle città, nei quartieri, nelle scuole. Italiani come tutti, com’è normale, se non fosse che la politica ha ritardato un’intera legislatura per riconoscere l’ovvio.
Ha trasformato lo Ius soli - in realtà lo Ius culturae - in una guerra di religione, uno scontro ideologico, l’occasione di una resa dei conti nella maggioranza. Invece Reda, Angelica, Mustafa, Mouad, Amjed, Fioralba, Anthony, Camilla, Emmanuel, Sandalima e gli ottocentomila ragazzi e ragazze coinvolti nella legge sono persone e italiani per cui battersi, la nostra campagna elettorale. In questo 2018 senza neppure la Nazionale azzurra ai mondiali di calcio, l’unica Forza Italia per cui vale la pena gridare.