È lì perché il suo modo di insegnare equazioni, teoremi e integrali è innovativo, di un’innovazione «che non significa tecnologia a tutti costi, anzi: ho spesso rifiutato applicazioni che bloccavano l’immaginazione, riducendo la geometria a disegnini su tablet. Quando invece è una scienza che insegna proprio ad allenare il pensiero astratto». La sua innovazione è nel metodo. Lei parla di «insegnare a pensare matematicamente» piuttosto che ad applicare regole.

I test sono uno dei motivi di questa intervista. Per la prima volta dopo anni l’Italia ha interrotto la sua lenta crescita nei risultati internazionali di matematica. È analfabeta nei calcoli, da adulto, un cittadino su due. La differenza di genere, in quarta elementare, è di 20 punti: il vantaggio in assoluto più elevato fra tutti gli Stati della rilevazione. «La matematica è una competenza di cittadinanza. Non possiamo dire: che importa se vanno male in algebra, il voto che conta è in italiano», insiste Carimali. Lei stessa ha partecipato a una commissione Invalsi. «Andammo in una scuola del Librino, nella periferia Catania. Il prof diceva: “sì andiamo male, ma voi non sapete che situazione c’è qui”. Il fatto è che se abbassi il livello della valutazione, hai già perso. I ragazzi hanno già perso».
Altro aspetto del suo metodo sta nel voto: per i più bravi insiste anche su quanto partecipino in classe. Se uno studente scarso aumenta di un punto le proprie capacità grazie all’aiuto di un compagno, anche la media dell’altro si alza: «Così imparano a collaborare. Per i più forti è un modo di premiare l’eccellenza. Condividendo le loro capacità». Per diventare prof Carimali ha rifiutato contratti ad aziende. Vive in una piccola casa. Di fianco alla porta un disimpegno ricoperto da volumi scolastici. E qui è il secondo motivo dell’incontro: con il concorso entreranno in ruolo 5.541 docenti di materie scientifiche per medie e superiori. Ma queste discipline sono sempre più richieste e trovano sempre meno laureati disposti alla cattedra. «Bisognerebbe incentivare
il merito, rendere attraente la carriera scolastica. Ma non con gli assegni. Piuttosto con un maggior dialogo con l’università».