Dopo ore in cui il ‘fascista e contento’ ha raccontato la sua storia, tra l’auto-adulazione di uomo senza paura e la sottovalutazione del suo ruolo in ogni condotta criminale contestata, quando arrivano le contestazioni 'il cecato' dice di non sapere o non ricordare. Per mostrarsi mera comparsa della compagnia criminale romana

Il processo di Massimo Carminati impone le sue regole dettate in aula, ma tra arrabbiature, non ricordo e chiacchiere da bar eccolo che si riscopre a intascare soldi senza far nulla. Dopo oltre 10 ore in cui il ‘fascista e contento’ ha raccontato la sua storia, tra l’auto-adulazione di uomo senza paura e la sottovalutazione del suo ruolo in ogni condotta criminale contestata, arriva il momento dell’accusa. Il momento di sapere qualcosa. Ora la partita si fa vera. Senza la possibilità di far calare il sipario a coprire argomenti sui quali è meglio non approfondire.

Il processo
Mafia Capitale, il teatrino di Massimo Carminati
29/3/2017
Alle 15 il sostituto procuratore Luca Tescaroli, quello definito dal ‘pirata’ «l’unico più cattivo di me», inizia a parlare. Riprende la vicenda di Seccaroni, l’imprenditore che Carminati dice di non aver mai minacciato. L’intervento è preciso e puntuale, ma Carminati con tutte le carte e le trascrizioni dispiegate davanti a sé, consultate in questi due giorni con la velocità di un centometrista, ora non ricorda e non trova l’intercettazione. Forse il teatrino è finito. Ora deve rispondere a domande che si fanno serie, che non ammettono risposte incerte.

Il pm rilegge: “io ti piscio addosso, non me frega niente. Pezzo di merda, chi se lo incula, celebroleso”. Sono queste le sue parole in una conversazione con il suo braccio destro Riccardo Brugia. Parla proprio di Seccaroni. Carminati inizia ad agitarsi, urla e ferma Tescaroli: “Io non l’ho minacciato”. Lui che per due giorni ha parlato in tutta libertà, senza interruzioni. Ma ora è diverso. Deve intervenire la presidente Ianniello: «le sta chiedendo se ha parlato con Brugia, non se l’ha incontrato». Carminati appare smarrito. Deve decidere in fretta e allora ribalta il sistema: «la tattica della Procura è fare arrabbiare Carminati, a me me viene da ridere. Io non ho incontrato Seccaroni» ed ancora “ammetto di aver insultato Seccaroni con Brugia, ma io non l’ho incontrato e minacciato personalmente come dite voi”.

A questo punto Tescaroli chiosa con un «bene passiamo ad un altro argomento», ma al Cecato non va bene.

Forse anche qui pensa, come ha detto ieri, «o si fa come dico io o niente». Riprende la parola e sentenzia «ah tutto qui l’argomento Seccaroni. Non l’ho minacciato come dite voi. Questo è un grave infortunio».

La tattica contestata alla Procura, quella di farlo arrabbiare, sembra invece quella che lui adotta: rilanciare, “sbroccare” o meglio, come direbbe lui con i suoi vecchi amici al bar “buttarla in caciara”. E così il boss Michele Senese è solo uno con cui s’è incontrato «perché felicissimo di vederlo uscito dalla galera», come Ernesto Diotallevi con cui «s’è preso un caffè e ha parlato del più e del meno» perché «quando due ex galeotti si incontrano si salutano». Chiacchiere insomma, anche se è tempo di ricordare a tutti un principio fondamentale: «delle persone che non sono in questo processo io non parlo».

Mafia Capitale
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Le regole della vecchia guardia, forse uno di quei tre comandamenti che ieri ha sbandierato come intrasgredibili dai frequentatori del mondo di sotto. Le domande continuano: «lei ha mai avuto disponibilità di armi?». E lui ricorda i tempi che furono: «Beh negli anni Settanta facevo il rapinatore di banche e quindi può essere. In epoca più recente no». Poi certo c’è quella conversazione con Brugia del 2013 quando parlano di acquistare e nascondere armi. Ma è ovvio c’è una spiegazione: «a me piacciono le armi. Credo si riferissimo a un film che avevamo visto». Quale film non è dato sapere, anche se è certo di una cosa: «non ci servivano armi a noi». Tra un caffè e un film da scordare, il pm menziona le minacce a Riccardo Manattini “entro 48 ore sei morto, ti ammazzo”. Il Cecato ribatte: “questa storia è ridicola”.

La storia per l’accusa è che Manattini bisognoso di soldi finisce vittima di usura della banda del Cecato. A ogni ritardo seguono minacce e così si rivolge a un altro pregiudicato per farsi proteggere, quello però gli spiega subito che non ci si mette contro Carminati.

Si arriva a parlare di affari e il pm Paolo Ielo gli chiede dell’amico di sempre, Buzzi. “Era in associazione in partecipazione con Buzzi. Sì o no?”. “Avevo il 50 per cento di utile”, racconta Carminati. Il magistrato non molla: “che attività svolgeva per avere il 50 per cento utile?”.

Il pirata si rifugia in un sempre pronto “nulla, non facevo nulla”. Un nulla che pesa. Poi ammette: “stavo nei conti della cooperativa con la mia provvista ottenuta con il lavoro per l’ente Eur”. Quel lavoro avuto grazie all’amico fraterno Riccardo Mancini ma che non riesce a spiegare in cosa consista. Lapidaria e essenziale la sintesi del procuratore aggiunto: “quindi lei per non fare niente all’Eur prendeva soldi che poi utilizzava per finanziare l’attività con Buzzi”.

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E infine appare il caveau. L’attesa è stata lunga, ma dopo ore siamo arrivati là dove tutto è nato e dove tutto sembra sempre giungere, il furto che Carminati nelle dichiarazioni spontanee aveva ammesso di aver compiuto. Ma lui: “si tratta di ironia, visto che si parlava di documenti fantomatici mai trovati”. Il pm lo incalza e alla fine spiega: “ammesso e non concesso abbia fatto colpo al caveau avrò preso qualche soldo”. “Quanti soldi me lo vuol dire?”, ribatte il procuratore.“Non rispondo a queste domande, io rispondo se me va di rispondere”. Carminati fa ciò che vuole, anche dettare le regole in Aula, neanche il baccano e le discussioni tra accusa e difesa lo fanno desistere. A un certo punto il pm Ielo gli chiede: “Carminati l’ottavo comandamento, la falsa testimonianza, lo rispetta?”. Nulla, il ‘pirata’ rimarca solo di sentirsi “la parte fragile del processo”, una vittima di cui tutti si approfittano. Ma quando l’accusa dice di aver finito, lui sbotta: “ah tutto qua pensavo mi massacraste”. Si alza, si toglie la giacca nera e si risiede. Ormai il dibattimento si avvia spedito verso la conclusione.

La requisitoria inizierà prima di Pasqua e le memorie della difesa saranno depositate a fine aprile. Quella di Carminati è stata un’occasione mancata, non ha raccontato nulla di nuovo, ne è uscito solo un po’ malconcio tra un’esibizione muscolare e un’auto-riduzione a semplice comparsa della ‘compagnia’ di mafia Capitale.