Ieri pomeriggio Sky Sport ha trasmesso in diretta dallo stadio Olimpico la cronaca dell'addio al calcio giocato di Francesco Totti, meglio noto al mondo come il Capitano dell'a. s. Roma.
È stata una cerimonia importante e paradossale assieme, perché ha illuminato un tema in bilico tra sport e comunicazione.
Ha cioè ricordato a tutti come il comparto pedatorio sia da troppo tempo privo di epica e di cantori in grado di trasformare il gesto tecnico-atletico in sogno.
È vero infatti che in questi decenni il rettangolo verde e coloro che ci lavorano dentro sono stati oggetto di grandi attenzioni (espresse non soltanto sotto forma di trasmissioni radio-televisive o articolesse dense di opinioni e dettagli, ma anche di proiezioni oniriche dettate da esigenze commerciali e pubblicitarie), ma al tempo stesso è mancato un ingrediente essenziale:
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c'è stata carenza di protagonisti che esprimessero assieme al talento implicito nei campionissimi l'amore eterno per la propria bandiera, il senso di sacrificio umano e professionale in nome della squadra a cui si è scelto di immolare un'intera carriera (al punto da sacrificare la bacheca dei potenziali successi) e la coerenza di non fuggire nei momenti bui da quella scelta onesta.
Caratteristiche che nelle mani di buoni scriventi o parolieri da video avrebbero consentito di interpretare il calcio con altro cuore e spirito, e che invece ieri hanno costretto il pubblico, dopo un Roma-Genoa affollato di gol, a prendere atto che l'unico simbolo in grado di sintetizzare tali qualità e emozioni era in fase di pensionamento.
Che tristezza.
E che assurdità, pure.
Perché i valori che Totti ha interpretato da giocatore (partendo dal senso di appartenenza incorruttibile a un gruppo fino alla sottomissione del denaro a qualcosa di più nobile) sono gli stessi che gli anni in corso cercano di estinguere.
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Da cui le lacrime, il senso di sconforto e il dolore sincero provati allo stadio e di fronte alla diretta Sky.
Si celebrava non soltanto l'uscita di scena di un numero dieci sublime, ma anche il funerale delle nostre miserie e l'addio alla loro proiezione ludica.